Disorientata

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Con molta calma, Bradley si allontanò dalle strade più trafficate.
Non parlò e io neppure.
L'aria all'interno dell'abitacolo si era fatta finalmente calma e la musica jazz creava un po' di atmosfera.
Non sapevo cosa dirgli se non: - Grazie e mi dispiace. -
Un sussurro che venne fuori senza troppi preamboli.
Scivolai sul sedile di pelle per rendermi meno visibile all'esterno. L'ultima cosa che non volevo era creare uno scandalo dal titolo: Aza piglia tutto.
- Non preoccuparti, i vetri delle portiere sono oscurati. Non corri pericolo. -
Bradley sollevò un angolo della bocca e mi lanciò uno sguardo veloce.
- Sai che un giorno, se mai decidessi di cimentarmi dietro la macchina da presa, questa fuga rappresenterebbe la parte migliore del film? - domandò, forse aspettandosi da me una risposta che invece non arrivò.
Presi fiato e restai in silenzio.
- Immagino debba accompagnarti da qualche parte... -
Soltanto allora mi voltai verso di lui. Avevo ritrovato il fiato, la compostezza, peccato che a essere rimasto sconvolto era il cuore.
- Nel film però mettici che scappo da una scena del crimine. - Non lo so perché lo dissi, doveva essere stato il momento. La rabbia. La delusione.
- Possiamo tornare indietro e vedere cosa succede - mormorò in risposta, staccando gli occhi dalla strada e incollandoli su di me.
Mi mancò il fiato. Nonostante gli occhiali da sole, vidi brillare quei luminosi occhi color acquamarina e non potei fare a meno di rispondere: - Sono pronta. -
- Allora, dove la porto, signorina... -  E nel chiederlo, non riuscì a nascondere la totale mancanza di informazioni.
- Aza - rimediai io, tendendo addirittura la mano. - Volkov. -
-Brad... - cominciò a dire lui, dopo aver scrutato la mano offerta e aver allungato la sua.
- Bradley Richardson - dicemmo poi insieme. Ma la mia voce venne fuori più sottile e meno percettibile del solito. Colpa della stretta di mano troppo... stretta. E di quel tocco che mi aveva scaldato, strappandomi dalla mia condizione di freddo perenne. Persino quando quel legame si era sciolto, e le nostre mani erano tornate al loro posto, avvertivo la sua presa che ancora mi pizzicava la pelle. Era come se piccoli aghi mi stessero pungendo il palmo, qualcosa che era fastidioso e piacevole allo stesso tempo.
Insolito, insomma.
Suggestione, pensai. Tanto per riscuotermi e farmi tornare alla realtà.
- Credo di dover tornare a casa -  lo informati. - Ti sono davvero piombata in macchina come una fuggiasca. - Mi sentii decisamente meglio.
Dopo la stretta di mano e la certezza di aver fatto perdere le mie tracce a Cristiano, riuscii a rilassarmi e perdermi un attimo alla vista degli edifici che ci scorrevano attorno. Tanto che presi l'iniziativa di inserire il mio indirizzo sul navigatore dell'auto e d'istinto controllai il cellulare che tenevo sempre senza suoneria.
Scoprì che mi aveva cercata Russ con decine di telefonate. Poi c'erano contatti per sponsorizzazioni e un'infinità di altre notifiche. Tutti parevano avermi cercato, tranne l'unica persona che avrebbe dovuto farlo davvero.
- Tutto bene? Se non vuoi tornare, posso deviare il percorso. -
- No - sussurrai scuotendo il capo. Fanculo, Cristiano. - Direi che ho già abusato troppo del tuo tempo. Non vorrei che qualche lettura di copione salti per colpa mia... -
- In realtà sono appena stato contattato per un film che ho rifiutato. Credo che certi ruoli siano più adatti a un tipo come Nicolas Caige - disse, arricciando un po' il naso, forse annoiato dalle tante offerte poco valide.
- Dura la vita della star... - lo canzoni. E in effetti era dura anche per chi lo era in proporzioni minori.
- La vita della modella non è altrettanto tosta? - replicò Bradley, rallentando l'auto e guardandosi bene intorno. - Io direi di sì. -
L'uomo indicò qualcosa. Quel qualcosa che mi fece battere fortissimo il cuore alla vista di decine di fotografi assiepati all'esterno di casa mia.
- Merda! - mi sfuggì. Coprii le labbra e provai a tenere a bada le lacrime che mi stavano offuscando la vista.
- Si può sapere cosa hai fatto? - domandò Bradley.
Accostò l'auto e, con il motore ancora acceso, restammo a guardare i fotografi pronti a scattare raffiche di foto, ignari del fatto che fossimo noi a spiarli.
- Me la sono cercata. - Non mi voltai a guardare Bradley, presa come ero dal turbine della situazione, dimenticai ogni cosa. Non pensai neppure che fosse sbagliato. Insomma, avevo voluto sbandierare la mia storia?! Bene, adesso raccoglievo i frutti.
Aprii la portiera, stavo per abbandonare l'auto quando la mano di Bradley mi afferrò per un polso.
- Dove vai? - domandò sbalordito. - Non fare la temeraria. -
Non sono temeraria, pensai. Sono solo impaurita.
- Cristo Santo, novellina. Non sai in che guaio ti stai cacciando! -
Finalmente ritornai a guardarlo e, nel tono della sua voce, persino nella forza che stava usando per bloccarmi, vi trovai preoccupazione. Fu quello a riportarmi coi piedi per terra, a farmi pensare che forse dovevo aspettare un attimo e non buttarmi nella fossa dei leoni. Come se una doccia fredda mi avesse riportato indietro di giorni, quando ero certa di non volere tutto questo.
Era stato come se mi fossi persa e, a un tratto, ritornavo in me.
- Io qui non ci posso stare - sentenziai.
-No, infatti. Tu qui non ci puoi stare - ripeté lui e soltanto in quel momento mi liberò dalla sua stretta, facendomi capire che qualcosa mi era mancata per davvero.
Mi sentivo sola.
Sola come non lo ero mai stata.
Sulle prime mi parve addirittura strano che lui mi avesse fermata. Essere "paparazzata" non fa forse parte del gioco? Non è qualcosa a cui bisogna sottostare?
In un battito di ciglia mi ero resa conto che tutto quello che Cristiano mi aveva inculcato erano fandonie. Pure e semplici stronzate. Perché se davvero avesse avuto ragione, Bradley avrebbe dovuto lasciarmi andare via. Dire: - Vai, e racconta ancora un po' della tua vita. -
Invece non lo aveva fatto, mi aveva fermata in tempo e mi aveva ricordata che non ero obbligata a raccontare tutto.
Sospirai rumorosamente. - Forse è il caso che mi accompagni da Russ - dissi. - Il mio agente - ci tenni a precisare, quando nel suo sguardo scorsi la domanda.
- Okay - rispose soltanto, indicando il navigatore con il mento.
- Ascolta, chiamo un taxi. - Presi a rovistare nuovamente nella borsa alla ricerca del cellullare.
- Mi serve altro materiale per il film, me lo devi. E poi non mi hai ancora detto perché... ma forse non hai nessuna intenzione - tirò da solo le somme non appena vide la mia resistenza colorarmi il viso di un rosso fiammante.
Morsi l'interno della guancia, indecisa. Potevo ignorarlo, certo,  chiamare davvero un taxi e salutarlo. Ma potevo restare ancora un altro po' con lui e ricaricarmi di tutto ciò che Cristiano mi aveva portato via.
Scelsi e impostai l'itinerario di un viaggio che durò pochissimo, giusto il tempo di qualche chiacchiera inutile, di quelle senza pretese. Che liberano la mente.
Riuscii persino a sorridere, poi, quella leggerezza scomparve.
All'esterno dell'ufficio di Russ vidi la berlina nera e il mio umore si colorò della stessa tonalità cupa.
- Devo scendere - avvertii, prima che il navigatore ci informasse del nostro arrivo alla destinazione indicata.
Bradley non capì. Sorrideva ancora, con quell'espressione maliziosa che sapeva bucare lo schermo e incuriosire ogni donna.
Non dissi nulla e lui non mi fermò. In fondo non sapeva cosa era accaduto.
- Non farla ingenua come me... - lo informai.
- Cosa?! - replicò incuriosito, aggrottando le sopracciglia.
- La tua protagonista. Non farla tanto stupida da farsi convincere dal fidanzato famoso... Non farle raccontare tutto della loro storia... - dissi apertamente, con un piede già fuori dall'auto. Stavo guardando dritto davanti a me, la sagoma scura che scorgevo nella berlina. - Ah, e non dimenticare il delitto. -
Solo dopo aver parlato, lo guardai.
- Ti devo un favore - conclusi.
Un'occhiata fugace su un viso tremendamente sensuale e, per stemperare l'atmosfera che io stessa avevo creato, gli rivolse un occhiolino e poi uscii di scena.
- Aza. -
Non mi voltai. Dovevo raggiungere Cristiano.

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