Capitolo 47

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I loro sguardi puntati su di me mi misero soggezione a tal punto da sentire la necessità di voltarmi verso lo specchio alle mie spalle.
Mi toccai, mi guardai, cercai di sistemarmi per poi girarmi nuovamente verso di loro notando solo ora della scollatura notevole sulla schiena.
"Ehm..." deglutii:"Mi sta male?" la domanda sorse spontanea considerato il silenzio fra il commesso e Russel.
Entrambi fecero uno scatto per avvicinarsi, ma quando il commesso era già vicino di fronte a me, vidi Russel osservarlo con aria seriosa.
"Le sta d'incanto, complimenti", sorrise il commesso.
Arrossii, intimorita di ciò che avrei potuto dire di fronte a Russel:"Grazie".
"Il suo fidanzato la pensa come me, immagino", si voltò verso di lui lasciandomi completamente in imbarazzo per la frase.
"Noi non stiamo insieme".
Furono queste le parole che uscirono dalla sua bocca, parole che mi spiazzarono, spezzarono, anche se non avrebbero dovuto.
Lo sapevo benissimo che non stavamo insieme, non c'era bisogno di dirlo così aspramente.
"Oh bene, perché se mi capitasse in giro una ragazza così non mi tirerei indietro dal farle la corte", il commesso mi guardò facendomi arrossire ancora.
"Immagino", Russel si alzò avvicinandosi a me:"Il vestito le sta ma non come vorrei stesse alla persona interessata".
"Ecco di nuovo la sua arroganza e prepotenza. E' così fastidioso", ringhiai dentro me.
Non sapevo più nemmeno io quanta voglia avessi di urlargli contro che lo odiavo terribilmente, ma tacqui come al solito impotente dinanzi a lui.
"Beh Signore, dovrebbe sapere che i vestiti stanno bene o male a seconda di chi li indossa. Ogni corpo è diverso dall'altro, è soggettivo".
"In ogni caso, vorrei che provasse altro". Esordì Russel in conclusione, senza nemmeno fare uno sforzo nell'apprezzare ciò che avevo ancora addosso.
Sospirai:"Vado a cambiarmi".
Mi voltai per andare verso il camerino quando venni fermata da una mano poggiata sulla spalla.
"Mi posso permettere di scegliere un vestito per lei?"
Era il commesso, che sembrava davvero interessato alla ricerca dell'abito perfetto.
"Può ma non è per me", lo guardai:"Io faccio solo da manichino", confidai con tristezza.
"Comprendo ma, avere più opzioni rende facile la scelta".
Il commesso si allontanò senza nemmeno guardare Russel, come se un suo parere non gli importasse più nulla.
Nel tempo che il ragazzo si allontanò, il mio sguardo incrociò quello di Russel per un paio di volte.
Aveva un espressione indecifrabile, non traspariva alcuna emozione a parte quella precedente dopo essere uscita dal camerino con addosso questo abito.
"Ecco a lei", il commesso tornò sorridente porgendomi un vestito lungo color nocciola con qualche venatura brillante.
Russel lo afferrò prima che lo facessi io; lo esaminò sia davanti che di dietro poi lo consegnò di nuovo al ragazzo.
"Questo non fa per lei".
"Lasci che lo indossi e poi giudichi", ma il tono spazientito del commesso mi sorprese.
Mi porse il vestito che afferrai portandolo in camerino, guardai ancora una volta quello addosso sentendomi stranamente bella ed elegante.
[Se mi capitasse in giro una ragazza così, non mi tirerei indietro nel provarci con lei]
Ripensai a queste parole sorridendo mentre mi spogliavo, una frase simile non me l'aveva mai detta nessuno e sentirla dire da un ragazzo così carino mi rese ancor più contenta.
Indossato l'abito da lui scelto, mi guardai meglio prima di uscire.
"E' davvero bello, ottima scelta".
Lo apprezzai a mente sapendo già che una volta uscita da qui, Russel avrebbe avuto da criticare una seconda volta.
E al sol pensiero mi venne voglia di rimanere dentro e non dovermi sorbire il suo sguardo o le sue parole poco gentili.
Ma mi feci forza ed uscii molto lentamente,; questa volta però guardai solo ed esclusivamente il commesso che appena gli fui vicina mi guardò dal basso verso l'alto.
"Perfetto", approvò:"Si giri su se stessa", obbedii:"Mi piace", guardò Russel, io evita di farlo:"Cosa ne pensa?"
Attesi la sua risposta con ansia:"Preferisco quello che ho scelto io, il nero".
"Cosa? Prima dice che quello nero non è come vorrebbe e ora gli piace?"
Avevo bisogno di guardarlo, la sua espressione mi pareva infastidita, forse lo era per icommenti del ragazzo.
"Non mi dire che il Signor McRoverguy è geloso". Feci un ghigno dentro me.
"Che sciocchezze vado pensando? Russel non può essere geloso di me".
"Metti le tue cose, prendo quello nero", Russel si avvicinò a me quasi sfiorandomi il mio braccio.
I miei occhi si posarono in un lampo verso il commesso che aveva un espressione tranquilla e comprensiva. Certo, una persona particolare come Russel andava solo accontentata per ogni suo capriccio di onnipotenza, altrimenti venirne fuori era difficile.
Andai in camerino rimettendo i miei vestiti, appesi i due abiti alle proprie grucce ed uscii consegnando il vestito chiaro al ragazzo.
"Grazie", sussurrai sorridendolo.
"Arrivederci", esclamò.
"Arrivederci", risposi.
Non mi sembrava di aver sentito Russel ricambiare i suoi saluti.
Raggiungemmo la cassa per pagare l'abito, poi uscimmo immediatamente dal negozio ed entrammo in auto. Allacciammo la cintura all'unisono fino a sfiorarci i dorsi, e quando fummo così vicini da poterci riflettere l'uno negli occhi dell'altro, Russel sospirò e mise in moto la macchina.
Non dissi una parola, mi spaventava farlo anche perché non sapevo proprio cosa dire e, se mai lo sapessi, avevo paura di una sua risposta negativa.
La radio questa volta era accesa su una stazione presa a caso e quando la canzone terminò, tutto tacque divenendo insostenibile persino per lui.
"Ti diverti?"
Fermati nuovamente nel traffico, la voce dura e fredda di Russel congelò ogni mia cellula.
"A fare?" "Non capisco". Corrugai la fronte.
"A farmi incazzare".
"Cosa?"
"Che cosa ho fatto questa volta?" sbuffai, non ce la facevo più a sopportarlo.
Pensavo fosse cambiato da quando gli avevo aperto il mio cuore parlandogli della mia vita passata, ma mi sbagliavo.
Slacciò la mia cintura e con un solo gesto mi afferrò per un polso alzandomi il braccio verso l'alto, spingendomi verso il suo corpo, vicino al suo viso.
La mia mano sbatté contro il tettuccio della macchina ma non era questo il problema adesso, era il mio cuore in accelerazione per essere così dannatamente vicina alle sue labbra.
"Non voglio che parli troppo con altri maschi", scandì bene le parole fino a poggiare le sue labbra sulle mie:"Specialmente quelli con evidente interesse nel provarci con te".
Non ci fu un vero e proprio bacio, se ci fosse nom mi sentirei saziata; questo era solo uno sfiorarsi che apriva dentro di me un enorme voragine che mi impedii di rimanere in equilibrio.
"Ma che gli prende?"

Come tu mi vuoi - Emily CastleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora