La proposta (aggiornato)

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I giorni seguenti sono frenetici. Iniziamo a svuotare la casa del ciarpame sparso un po' ovunque e portare dentro i nostri mobili. È molto più grande dell'appartamento in cui vivevamo a Harlem, quindi per il momento potremmo arredare solo alcune stanze, ma la proprietaria ci ha permesso di tenere tutto quello che ci può servire. Purtroppo però, ben poco di quello che ha lasciato incontra il gusto di Vivian.

Non la perdo di vista nemmeno un secondo. Tutte le volte che cerca di sollevare o spostare qualcosa di pensante la fermo e la dirotto verso mansioni più leggere, ma è davvero difficile tenerla a freno.

A fine giornata c'è ancora molto non siamo neanche a metà dell'opera. A causa di un ritardo della compagnia elettrica per stanotte staremo al buio, ma la nostra camera da letto e la stanza del piccolo ormai sono pronte. Atri mobili, invece, sono sparsi qua e là per la casa in attesa di essere sistemati. Vivian si lascia cadere su una sedia abbandonata nell'ingresso. È sfinita. Soffia via una ciocca di capelli neri dalla fronte sudata.

Nonostante le mie premure, mi rendo conto che si è affaticata più del dovuto. Ha le caviglie rosse e gonfie. Mi siedo sul pavimento di fronte a lei, le faccio stendere le gambe, prendo un piede e inizio a massaggiarlo.

«Hai esagerato. Ti avevo detto di non farlo», la rimprovero.

Lei mi guarda stanca, ma soddisfatta.

«Lo so, ma fino a prova contraria sei solo il mio uomo, non hai alcun diritto di darmi ordini», dice ridendo.

«A questo potremmo rimediare subito», la provoco. Lei ritira di scatto il piede e mi dà un calcetto affettuoso.

«Gavin Forbs, non mi farai la proposta seduto per terra, in mezzo a una stanza vuota, con i miei piedi che assomiglino a due melanzane. Esigo qualcosa di più».

«Tipo?», chiedo con finta indifferenza.

«Tipo qualcosa che potrò raccontare a tuo figlio quando toccherà a lui fare quella proposta», ribatte risoluta.

Ci rifletto. «Ne sei sicura?» La mia espressione però tradisce le mie emozioni.

«Assolutamente», ma so che in cuor suo desidera che non sia così.

Mi alzo di scatto. Lei mi guarda dal basso verso l'alto. «Che intenzioni hai?», chiede poco convinta.

«Nessuna. Hai fame?», le porgo il braccio e l'aiuto ad alzarsi.

«Sono affamata! Spero che tu abbia ordinato quella pizza formato famiglia perché...», la sua voce si spegne non appena ci avviciniamo ed entriamo nel salotto. L'effetto è proprio quello che volevo. La cenetta che ho chiesto a Kit di preparare per noi è disposta su dei fogli di giornale che fungono da tovaglia, fermati al centro da una bottiglia di vino rosso e due calici. Delle candele, disposte a una certa distanza dal nostro tavolo improvvisato, creano una sorta di perimetro luminoso nel quale conduco Vivian. Restiamo per un attimo in piedi all'interno di quel cerchio. Lei si guarda intorno meravigliata.

«Ma come hai fatto? Non mi sono accorta di niente...»

Mi inginocchio e i suoi occhi si riempiono di lacrime. Estraggo l'anello dalla tasca del cappotto, in cui l'ho tenuto tutto il giorno. Le candele formano un cono di luce nella penombra della stanza che si riflette nei suoi occhi.

La mia voce trema quando inizio: «Vivian, amore mio. Quando mi guardo intorno penso a quanto vorrei che questa casa rispecchiasse tutta la tua bellezza e che ogni cosa fosse alla tua altezza. E il fatto che non sia così è un'ingiustizia a cui io farò di tutto per rimediare...» La voce mi si spezza, deglutisco e riprendo: «Ti prometto che renderò ogni giorno speciale, se tu vorrai rendere speciale il resto della mia vita».

Abbasso lo sguardo, soggiogato dal peso di quelle parole. Lei cerca di trattenere i singhiozzi, unico rumore a spezzare il silenzio fra noi. Poi la sua mano raggiunge e stringe forte la mia.

«Certo che lo voglio, Gavin. Ma lo stai già facendo, dal giorno che ti ho conosciuto», sussurra lasciando libero sfogo alle lacrime. 


TO BE CONTINUED...

Don't let me in (versione originale - completa) +  Don't let me go (in pausa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora