CAPITOLO DICIOTTO

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«Forza Napoli!» gridano Ale e Max, mentre guardano la partita di calcio in TV che si compete Napoli contro Milan.
Ale ha due giorni liberi dal suo nuovo lavoro ed è venuto a trovarmi per un paio di giorni e dopo di che andrà a Vietri Sul Mar a trovare Luisa. Ha saputo della sua gravidanza ed è felice come una Pasqua. Ora che ha un lavoro, si può permettere qualsiasi cosa.
Invece il mio rapporto con Max sta andando a gonfie vele, anche se ho un bruttissimo presentimento che Marco si rifarà sentire molto presto.
Mentre Ale e Max guardano la partita, io metto in ordine la cucina perché ultimamente mia madre è stanca e, forse, non sta molto bene. Non riesco a parlarle, dopo quella sera che mi ha preso a botte, per poi cacciarmi di casa.
Improvvisamente questo pensiero viene scacciato, quando sento qualcuno che mi abbraccia da dietro. Mi volto per vedere ed è Max.
«Vuoi una mano, piccola?» mi chiede dolcemente.
«No, tranquillo. Vai a vedere la partita.»
«Adesso c'è la pausa del primo tempo» ribatte, per poi darmi due brevi baci sul collo.
Non nascondo che, facendo così, mi fa venire una grande voglia di fare l'amore con lui ma non potrei farlo: c'è mio fratello in salotto. Non so se Ale ha idea di quello che sta succedendo tra me e Max, ma penso che non sia così stupido da non capire nulla.
«Non preoccuparti, ho quasi finito...» rispondo a mia volta.
«Sicura?»
«Sì, tesoro. Vai da Ale.» ribatto sorridendogli.
Ricambia il mio sorriso, mi bacia a stampo e successivamente raggiunge Ale in sala.
Mentre finisco di passare lo straccio sul tavolo, mi chiedo perché il destino mi abbia regalato una cosa così bella, come l'esistenza di Max. Mesi fa, mi sarei immaginata che avrei continuato a stare con Marco, che sarei stata succube di Patrizia e che, una volta finito il liceo, avrei frequentato una facoltà schifosa all'università. Ora, invece, so esattamente cosa voglio: stare con Max, tornare nella mia terra e andare a studiare canto o recitazione.
Poco importa se non sarò l'orgoglio dei miei genitori: questa è la mia vita e decido io come gestirla.
Sento vibrare il mio cellulare nella tasca dei miei pantaloni e mi chiedo chi sia, visto che non mi chiama mai nessuno, a parte Max.
Guardo il display e solo a leggere quel nome, sbianco come il latte: è Patrizia.

Che cazzo vuole? Con quale coraggio mi chiama dopo quello che mi ha fatto passare?
Decido di non risponderle tanto so benissimo che quando mi chiama, è soltanto per prendermi per il culo. Stavolta voglio dimostrarle che sto bene, anche senza di lei.
Una strana idea mi passa per la testa: E se mi avesse chiamata per chiedermi scusa? Se fosse così, giuro che mi metto a ridere di gusto. Quella stronza non mi ha mai chiesto scusa per come ha rovinato il mio rapporto con Marco.
Patrizia mi richiama ancora e io sono sempre determinata nel non voler rispondere.
Dopo due chiamate perse, subito dopo mi arriva un messaggio.
"Assunta, chiamami. È urgente!"
Sono indecisa se richiamarla oppure ignorarla totalmente.
Ha bisogno di aiuto? No, quella persona di cui ha bisogno di aiuto sono io!
Spio Ale e Max, molto attenti alla partita, e mi isolo in camera mia. Mi butto sul letto e continuo a pensare all'ultima frase del messaggio.
"È urgente..."
Ho deciso: la chiamo. Giusto per non avere la coscienza sporca.
«Pronto?» risponde Patrizia dopo due squilli a vuoto.
«Ciao Patrizia, ho visto le tue chiamate e il messaggio, ma ero in doccia. Dimmi tutto...»
«Mi hanno chiamato gli zii di Marco e mi hanno detto che ha fatto un incidente stradale»
Avverto dentro di me un grandissimo tuffo al cuore.
Come, quando, dove è successo? Soprattutto, come sta adesso?
«Dove si trova adesso?»
«In ospedale»
«È grave?»
«Da quanto mi hanno detto, non è grave. È conciato male, però.»
Il mio istinto mi suggerisce di andare in ospedale a trovare Marco in questo momento, ma non posso: c'è Max e non posso piantarlo così all'improvviso.
«Ti chiamavo per chiederti se ti andava di andare a trovarlo, magari dopo la scuola» mi propone.
Sono confusa: ci vado o non ci vado?
Devo capire com'è successo tutto ciò e alla fine, ho deciso di accettare. Ci mettiamo d'accordo per andare domani dopo scuola.
Chiudendo la telefonata, inizio a sentirmi doppiamente una merda: sia per Marco che si trova in ospedale, sia per Max che fa di tutto per rendermi felice ed io lo sto tradendo, andando a trovare il mio "ex" in ospedale.
Verso le undici, finisce la partita di calcio con il risultato che entrambe le squadre hanno pareggiato.
Accompagno Max fino alla sua macchina e sento i sensi di colpa che mi fanno ricordare che Marco si trova in ospedale. Devo cercare di fare finta di niente, altrimenti Max se ne accorge e inizia a farmi il terzo grado.
«Ci vediamo domani?» mi chiede, mentre si appoggia alla sua Fiat 500, per poi mi attirarmi a sé e abbracciarmi.
Sono nel panico.
Prima ero convinta che ci saremo visti domani, invece adesso sono molto confusa.
«Non so, domani dovrei studiare per una verifica molto importante...» balbetto con la speranza che Max capisca che non si tratta di una bugia.
«Neanche all'intervallo ci vediamo?» mi domanda con un'espressione abbastanza cupa, immaginando che sia deluso che non ci vediamo dopo scuola.
E adesso che cosa gli dico?
«Sì, all'intervallo sì...»
Mi slancia un grande sorriso, per poi stamparmi un bacio sulle labbra.
Mi sento davvero attratta da Max, ma c'è il grandissimo senso di colpa che continua a persistere dentro di me.
Max se ne va e io lo osservo, rimanendo sola. Sola con una grandissima confusione in testa.

Appena io e Patrizia arriviamo in ospedale, andiamo alla hall a chiedere in quale stanza è ricoverato Marco. Ci dice che si trova nel reparto di ortopedia ed è nella stanza numero otto.
Mi fa strano andare da Marco, dopo un mese che non ci vediamo e non ci sentiamo, dopo che mi tirato quel pugno a Capodanno, dopo che mi sto innamorando di Max.
Con Max ci siamo visti all'intervallo e ha detto chiaramente che ha organizzato qualcosa di bello da fare nel week end. Io ho accettato, infondo è così dolce.
Vengo subito catapultata nella realtà, quando cerco di inseguire Patrizia che percorre i corridoi dell'ospedale con una grandissima velocità.
Neanche fosse la maratona di New York!
Arriviamo alla porta della stanza otto e mi sento terribilmente in imbarazzo.
Come reagirà quando saprà che sono qui per lui?
Patrizia entra per prima e vedo che la saluta sorridente, mentre quando vede entrare me, rimane senza parole.
Mi avvicino a lui salutandolo, essendo a disagio, e lui ricambia.
Inizia a raccontare dell'incidente che ha fatto: stava guidando quando, tutto a un tratto, ha perso il controllo dell'auto ed è andato a scontrarsi contro un albero. Ha riportato una grande frattura al femore e qualche dolore al collo e aggiunge che, a breve, sarà operato al femore.
Tiro un sospiro di sollievo a sapere che Marco è ancora vivo e spero tanto per lui che l'operazione andrà bene.
Patrizia si allontana dalla stanza per fumarsi una sigaretta, lasciando così la possibilità a me e a Marco di lasciarci soli. Inizialmente c'è un grandissimo silenzio tra noi e non so neanche cosa dirgli.
«Mi fa piacere che sei venuta a trovarmi...» enuncia Marco, mentre cerca di muoversi lentamente.
Gli sorrido falsamente.
«Come stai?» chiede.
«Bene...»
Inaspettatamente scoppia a piangere.
È incredibile: non avevo mai visto Marco piangere in due anni di relazione.
«Mi dispiace Assunta. Mi dispiace di averti trattato sempre male, mi dispiace se a Capodanno ti ho alzato le mani, mi dispiace se ti ho bloccato su Facebook e su Whatsapp, mi dispiace di averti lasciato sola quando avevi bisogno di me. Sono solo un immenso bastardo.» confessa.
Io sono davvero stupita da ciò che mi ha detto. Mi ha appena chiesto scusa per i due anni d'inferno che mi ha fatto vivere.
Sicuro che non è non sta prendendo dei prendendo dei farmaci?
Non me la aspettavo e ora non so davvero cosa rispondere.
«Avvicinati...» dice.
Io eseguo il suo ordine e cerca la mia mano. Io glielo porgo e lui me la stringe più forte che può, sorridendomi.
«Mi perdoni?» mi chiede, avendo gli occhi lucidi.
Non so cosa fare e più passa il tempo, più le faccende si fanno sempre più complicate. Vorrei dargli una possibilità perché, giustamente, tutti se la meritano ma allo stesso tempo ricordo di come mi ha trattata e sento che un'altra possibilità non gliela dovrei dare.
«Ti prego, Assunta...» scongiura Marco.
Fisso il suo sguardo, essendo pieno di compassione e decido di dargli una seconda chance.
«Ti perdono...»
«Grazie...» ribatte sorridendomi, ma peccato che non mi fa più effetto.
«Figurati»
Un attimo dopo arriva Patrizia e rimaniamo ancora lì con Marco a fargli compagnia.
È pomeriggio tardi quando usciamo dall'ospedale e io sono decisamente nel caos più totale. Ho perdonato Marco, non sapendo se la nostra storia sta continuando e contemporaneamente sto insieme a Max. Mi faccio schifo e dovrei soltanto vergognarmi della brutta persona che sono.
Patrizia mi accompagna alla stazione Porta Susa e ritorno a Volpiano con il treno da sola.
Meglio così, devo capire cosa fare con Max e con Marco.
Forse se ci penso, è peggio. Sarà meglio che mi ascolto Rocco Hunt, scelgo di ascoltare "Wake Up", per non pensare più a nulla.

Forte Come Una Tigre (#wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora