CAPITOLO TRE

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CAPITOLO TRE

«De Santis!» mi chiama la professoressa di latino alla cattedra per consegnare le versioni corrette che abbiamo fatto qualche giorno fa.
Mi avvicino piano, piano alla cattedra e la prof mi guarda perplessa.
Mi fa sentire una stupida.
«Guarda, io non so che cosa dirti...» dice mentre mi sbatte in faccia la versione con un grandissimo quattro.
Ecco, questa è l'ennesima prova del mio fallimento.
Me ne ritorno al mio banco con la testa abbassata e i miei compagni che ridono per l'umiliazione che ho subito.
Mi siedo e scoppio a piangere, mentre Patrizia non si preoccupa nemmeno di chiedere il motivo, anzi, lei è preoccupata di aver preso sei.
Magari avessi preso io il sei in latino!
«Tu piangi ma pensa a me, io ho preso sei! I miei non mi faranno più uscire!» continua a ripetermi e io sto per quasi esplodere dalla rabbia.

Patrizia, vai a quel paese con tutto il mio cuore! I tuoi farebbero bene a non farti più uscire!
Improvvisamente inizio ad avere molto caldo e vado vicino alla finestra e la spalanco per prendere aria.
Fisso il cielo ed è una giornata coperta da enormi nuvole grigie con un'aria gelida.
«Chiudi questa finestra! Ho freddo!» borbotta Patrizia con la sua voce da principessa viziata.
Mi sento strana.
Ho la sensazione di sentirmi pietrificata e le voci di Patrizia ripetersi come un eco.
Non riesco neanche a parlare e sento un qualcosa che mi attraversa la testa e ad un tratto è buio.

Pochi minuti dopo mi risveglio confusa intorno alla professoressa che mi tiene la mano e ai miei compagni che mi guardano sbalorditi.
Ma che succede? Perché sono per terra?
Ho male alla testa e mi sento stanchissima, come se avessi fatto attività fisica. Tento di alzarmi, ma la prof mi blocca subito.
«Assunta, meglio di no. Stai giù e non preoccuparti, sta arrivando un'ambulanza a prenderti» mi rassicura.
Rimango a terra e chiudo gli occhi, addormentandomi.

Mi risveglio al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Anna di Torino.
Mi sento un po’ meglio, rispetto al mio risveglio in classe ma ancora non riesco a capire che cosa è successo.
«Assunta!» grida Ale, venendomi vicino, per poi abbracciarmi forte.
Suppongo che sia molto spaventato e confuso, non capendo che cosa mi fosse successo.

«Che cosa ti è successo?» mi chiede.
«Non lo so Ale, adesso mi sento stordita...»
«L'importante è che sei viva e che stai bene»
L'abbraccio di Ale è la cosa che mi fa sentire al sicuro in questo momento.
Mi domando se Marco avrà saputo che mi trovo qui.
«Lei è la signorina De Santis?» parla un dottore, appena arrivato con mano dei fogli.
«Sì»
«Dovremmo parlare, lui chi è?» mi domanda il dottore, indicando Ale.
«È mio fratello, può restare qui ad ascoltare?»
«Certo, signorina.»
«Dottore, che cosa è successo a mia sorella?» chiede subito dopo Ale preoccupato.
«Sua sorella questa mattina mentre era a scuola, ha avuto una crisi epilettica»
«Una crisi epilettica? Mi può spiegare di cosa si tratta?»
«Non è facile spiegarlo, ma cercherò di essere sintetico: Una crisi epilettica è una reazione del cervello che va in tilt provocata dalle scariche disordinate dei neuroni, cellule che formano il cervello. Infatti, la professoressa della signorina l'ha vista svenire a peso morto e gli arti superiori inferiori hanno poi iniziato a tremare»
«È grave, dottore?» interviene Ale.
«No, l'epilessia è una malattia che si può tranquillamente curare con dei medicinali.»
«Medicinali?» chiedo con un'espressione cupa.
«Sì, signorina ed è meglio per lei stessa. Il pericolo non è tanto per lo svenimento, ma come sbatte la testa se dovesse svenire. Stavolta lei ha avuto un bernoccolo ed è un miracolo, ma la prossima volta potrebbe rischiare un trauma cranico ed è molto pericoloso»
Ci mancava pure questa e ora mi sento più triste più di prima.
Perché succedono tutte a me?
Ale mi abbraccia e io scoppio a piangere, sentendomi piccola e indifesa.
«Non ti preoccupare sorellina, ci sarò io con te.» sussurra dolcemente Ale.
Dopo due ore di accertamenti il dottore mi dimette, raccomandandomi qualche giorno di riposo e di tranquillità.

Ale mi porta subito a casa, facendomi sdraiare nel letto di camera mia e fortunatamente in casa non c'è nessuno.
Spengo il cellulare, cercando di riposare tutto il pomeriggio.
Verso sera Ale mi porta la cena a letto, cucinandomi i ravioli al brodo di carne.
Mentre ceno, Ale mi racconta che mamma è tornata dal bar tutta ubriaca e adesso è a letto, mentre papà è ancora al lavoro.
«Ale, posso dirti una cosa?»
«Si, certo.»

«Sento sempre che tu e papà litigate e volevo dirti che quello che dice solo bugie. Tu ti stai impegnando a trovare un lavoro e lui non lo vede, perché non è mai a casa.»
«È un egoista, Assunta. Come vedi, se ne frega pure di quello che hai avuto stamattina. Che padre che abbiamo…»
E a pensare che nostro padre non era così prima di venire qui a Volpiano.
Quando vivevamo a Vietri Sul Mare si dedicava a noi, chiedendoci com'erano andate le nostre giornate, ci raccontava cosa combinava da ragazzo e della sua storia d'amore con la mamma.
Adesso, invece, tutto silenzio.
Lo si sente solo dire: "Non ho tempo"; " Sto lavorando qui, mica gioco con i soldatini" o peggio ancora "Sono affari tuoi, sei grande."
Fa molto male ad essere trascurati, per poi dare per scontato che capisci il motivo in cui un genitore non tenga in conto i suoi figli.
Sarà così, ma intanto i rapporti sono molto cambiati, ma io ho sempre una speranza che lui possa capire come ci sentiamo.

Dopocena, Ale mi lascia sola e io prendo in mano il mio iPod, permettendo che la voce di Rocco Hunt invada le mie orecchie.
Inizio la playlist con la canzone "Giungla" che, in realtà, è una canzone di Clementino ma c'è anche il featuring di Rocco Hunt.
Clementino non mi dispiace come cantante, ma io impazzisco solo per Rocco.
Sono innamorata di lui da quando l'ho visto cantare "Nu Juorno Buono" a Sanremo 2014, che poi aveva vinto alla categoria " Nuove proposte".
Da quel momento, è iniziato il tutto e ogni nuova canzone che fa, è sempre amore.
Ogni tanto mi capita di passare per ore a guardare le sue foto che posta su Instagram e rimango incantata davanti al suo sorriso.
La cosa che mi ha fatto innamorare di più è il suo carattere: Comprensivo, umile e amorevole con i suoi fan.
Credetemi, non tutti i cantanti famosi sono così.

Nel frattempo, accendo il cellulare e non appena si avvia, vengo intasata di messaggi.
Sono tutti di Marco.

"Chiamami immediatamente!"
"Dove cazzo sei?"
"Ti diverti proprio a farmi incazzare eh?"

Poi il resto sono dei messaggi in cui ha tentato di chiamarmi, ma non mi ha trovato.
Vorrei tanto non chiamarlo, ma so già che se lo ignoro potrebbe peggiorare la mia situazione.
Faccio partire la chiamata e sono nel panico.
Ogni squillo è sempre una paura di essere aggredita.
«Pronto?» risponde con un tono non rassicurante
«Ciao Marco...»
«Finalmente! Dove cazzo eri finita?»
«Ho avuto una giornata molto pesante, sai...»
«Sapessi io! Sempre che ti devo rincorrere dietro come un cagnolino e in più tieni il telefono spento!»
«Pensavo che Patrizia ti avesse detto qualcosa!»
«Sì, che sei svenuta... E allora? Non mi potevi avvisare?»
Se adesso dovessi provare a difendermi, lui penserebbe che io sto provando ad attaccarlo e guai a toccare Patrizia con Marco. Per lui è una santa!
«E come facevo? Io oggi non sono stata bene e di certo non mi sono divertita ad andare al pronto soccorso!»
«Facendo funzionare il cervello e il telefono, idiota!»
Non ho forza di reagire e se sapevo che dovevo vivere così, i miei genitori avrebbero fatto a meno di mettermi al mondo.
«Sei una stupida!» grida Marco, mentre io piango in silenzio.

«Amore, basta, per favore. Ti chiedo scusa»
«Piantala di fare la martire!»
Ogni insulto è sempre un colpo dritto alla mia autostima ma nonostante ciò, continuo ad amarlo.
«Cretina, Irresponsabile!» grida ancora più forte, per poi chiudermi il telefono in faccia.
Mi sento uno schifo.
Le lacrime non smettono di scendere a dirotto e io mi sento sempre più sola.
Faccio un respiro e faccio di tutto per non piangere più.
Faccio la cosa migliore che mi fa sentire meglio: ascolto Rocco Hunt.
Quanto vorrei abbracciarlo in questo momento e parlare con lui.
Quante volte ho provato a scrivergli dei messaggi su Instagram, ma posso solo immaginare che è intasato dai messaggi di tutti i fan che lo ammirano quanto me.
Finalmente questa brutta giornata può avere una fine.


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Forte Come Una Tigre (#wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora