CAPITOLO TREDICI

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«Mi raccomando, fai la brava...» dice Ale, mentre sta mettendo le ultime magliette nella valigia.
Andrà a Verbania, in quanto ha trovato lavoro come lavapiatti in un ristorante che si affaccia al lago Maggiore.
Per il momento dovrà accontentarsi di vivere in un appartamento in affitto, poi si vedrà.
Ammetto che mi dispiace che se ne va ma d'altronde, sono felice che sia riuscito a trovarsi un lavoro.
Ale nota il mio viso leggermente cupo e si avvicina a me, abbracciandomi.
«Mi mancherai sorellina, ma sono sicuro che te la caverai benissimo da sola...» dice Ale, confortandomi.
Io annuisco, ma non riesco a non piangere. Lui mi stringe più forte a sé e mi rassicura che tornerà presto a trovarmi.
La situazione con Max sta andando alla grande: ci vediamo spesso, passando delle bellissime giornate, fatte di divertimento e di coccole.
Inoltre ho anche saputo che da quella sera del nostro primo bacio, Marika ha voluto abbandonare la compagnia e da come ho capito, è perché non accetta che Max ha una cotta per me.

Dopo la partenza di Ale, mi rifugio in camera mia.
Mi metto sotto la coperta di plaid, facendo molto freddo essendo Febbraio e mi metto le cuffiette che trasmettono la canzone "Se mi chiami" di Rocco Hunt.
Decido di mandare un messaggio a Max.
"Mi manchi troppo Max..."
Lui risponde subito dopo e sono molto emozionata.
"Anche tu, piccola..."
Max riesce sempre a farmi sorridere. Non so quale potere magico ha, ma ci riesce sempre.
Improvvisamente mi accorgo che qualcuno varca la porta della mia stanza: è mia madre.
Noto subito che è tanto ubriaca e capisco fin da subito che fa anche fatica a stare in piedi.
Ho già paura.
«Che stai facendo, Assunta?» mi chiede.
«Niente, stavo chattando con un'amica...»
«Complimenti...» ribatte, alzando leggermente la voce.
Io sono confusa e non riesco a capire a cosa si riferisce.
«Vai avanti così: fatti bocciare, asina...» aggiunge.
«Veramente io oggi ho studiato»
È una bugia bianca, ma è solo l'unico modo per farla calmare.
«Bugiarda!» sbraita, per poi venire verso di me.
Inizia a picchiarmi forte e io cerco di difendermi, prendendola da un polso e in seguito la fisso attentamente, mentre mi scendono due lacrime dal dispiacere di questa spregevole situazione.
«Basta mamma, calmati.» le dico in tono placato.
Lei si libera dalla mia presa e, anziché smettere, continua a picchiarmi con più violenza, provocandomi la perdita di sangue dal naso e qualche dolore al collo.
Termina con un pugno alla testa che mi fa cadere dal letto.
Mi sento malissimo.
Questo sarebbe amore tra madre e figlia?
Lei, poi, mi guarda dall'alto.
«Adesso, tu te ne vai fuori da qui!» strilla.
Mia madre è impazzita.
Come può farmi una cosa del genere?
«Mamma, no! Dove me ne vado?»
«Sinceramente non mi interessa, basta che te ne vai fuori dal cazzo!» ribatte, gridando fortemente.
Io mi rialzo e prendo il mio zaino.
Infilo le prime tre cose a caso, essendoci lei che mi osserva con occhi vigili, come se mi volesse mettere fretta.
Mi sento così affranta.
La persona più importante della mia vita, colei che mi ha portato per nove mesi nel suo grembo con tanto amore, ora mi sta cacciando via di casa.
Perché tutto questo? Soprattutto, dove andrò a dormire questa notte?
Ora siamo in pieno inverno ed è molto rischioso dormire fuori al freddo, se non si è molto coperti e io non ho molto per essere coperta per bene.
Credo che stanotte andrò a dormire in stazione come una senzatetto, poi domani vedrò come fare.
Appena metto il mio zaino sulle spalle, mia madre mi prende per i capelli, trascinandomi fino alla porta di casa e mi butta fuori, come se fossi un cane randagio.
Ho il coraggio di riguardarla in faccia, avendo il viso rigato di lacrime.
«Mamma, tu non ti rendi conto di quello che stai facendo: sei ubriaca...» le dico quest'ultima frase.
«Oh sì, me ne rendo conto...» ribatte, per poi sbattermi la porta in faccia.

M'incammino verso la stazione di Volpiano che mi porterà a Porta Susa.
Nella mia testa continua a frullarmi una sola domanda: perché mia madre ha fatto un gesto così crudele?
Mi si spezza il cuore solo al pensiero e ancora di più, quando vedo una bambina che le porge la mano alla sua mamma, sorridendosi.
Io cerco di essere indifferente a quella scena innocente, ma il dolore mi persiste e quindi mi sfogo piangendo.
Menomale che è una sera d'inverno e che non si vede quasi nulla.
Sento il mio cellulare vibrare e lo prendo in mano.
È Max che mi sta chiamando.
«Piccola...»
«Ehi...» lo saluto, cercando di non fargli capire come mi sento.
«Hai una voce strana. Sento che ti è successo qualcosa.»
«No, tranquillo. Va tutto bene...» rispondo e poi, a tradimento, scoppio a piangere.
«Dove ti trovi?»
«Sto andando alla stazione di Volpiano»
«Non ti muovere da lì. Arrivo a prenderti.»
«Ma dai, no. Fa freddo...»
«Appunto e io non ho intenzione di lasciarti lì a morire di freddo. A tra poco, piccola.» risponde, per poi chiudere la telefonata.
Ora mi sento più tranquilla e ringrazio al cielo della esistenza di Max.

Arrivati a casa di Max che non c'è nessuno, perché entrambi i suoi genitori fanno il turno di notte al lavoro.
Lui mi fa accomodare in camera sua e mi siedo sul suo letto.
Subito dopo lui mi viene vicino, abbracciandomi, e lo lascio fare.
«Piccola, che cosa è successo?» mi chiede, sussurrandomi nell'orecchio, per poi baciarmi sulla tempia.
Io scoppio a piangere e stavolta, faccio fatica a parlare.
«Io ti ascolto, lo sai...» aggiunge.
Prendo un bel respiro e inizio a raccontare.
«Mia madre mi ha cacciata di casa...»
«Perché?»
«Era ubriaca. Quando beve diventa violenta e non ragiona. Pensa che una volta, ha persino cercato di uccidermi ma per fortuna, ero chiusa in camera mia...»
«Oh santo cielo, mi dispiace. Perché lei beve?»
«Perché non le piace la sua vita qui a Torino e forse lo fa anche per attirare l'attenzione di mio padre...»
«Avete provato a portarla da uno psicologo?»
«Sì, ma non è servito a nulla. Lei continua a bere e a prendersela con tutti. Guarda come mi ha ridotto...» continuo a raccontare, mentre gli mostro le macchie di sangue sulla maglietta e i lividi vicino al collo.
Max rimane senza parole.
«Tuo padre non interviene a tutto questo?» chiede Max.
«Lui non c'era in quel momento e non è mai presente in casa. Non fa altro che dire che tutto il suo tempo lo dedica al lavoro, ma io sono convinta che lui abbia un'amante»
«Hai qualche prova che lo dimostra?»
«Sì, ho trovato un orecchino sospetto nella sua auto e poi, ti ricordi quella volta che mi aveva chiamato all'intervallo quando eravamo insieme?»
Lui annuisce.
«Ecco: aveva fatto dei versi strani… Come dire: dei gemiti sessuali. Da lì, ho avuto qualche sospetto...»
«Posso immaginare piccola... Hai mai visto il suo telefono?»
«Mai...»
«Dovresti provare a guardarlo. Così trovi qualcosa, gli sbatti in faccia le prove e lui non potrà negare»
Max non ha tutti i torti. Devo provare a fare qualcosa del genere.
«E tuo fratello?» mi domanda Max.
«È a Verbania per lavoro.»
Max continua a stringermi e va molto meglio.
Se non lo avessi mai conosciuto, a quest'ora sarei fuori a battere i denti dal freddo.
Mi stacco da lui e metto il mio zaino in spalle, ma lui mi prende dal braccio.
«Dove stai andando?»
«Alla stazione Porta Susa. Dormirò lì stanotte.»
«Spero che stai scherzando...»
«No, dove me ne vado altrimenti? Non posso permettermi una stanza di un hotel. Non ho soldi con me.»
«Tu resti qui da me»
Io sorrido.
«Ma magari non hai spazio...» azzardo.
«Questo lo dici tu. Dai, vieni con me.» ribatte, per poi stringermi la mano.

Entriamo in una stanza semivuota con un letto, accompagnato di un comodino e di una scrivania vuota.
«Una volta era la stanza di mia sorella, ora la usiamo come stanza degli ospiti e tu stanotte, dormirai qui.»
Improvvisamente mi cade lo zaino dalle spalle e inizio a lacrimare.
«Che hai, piccola?» chiede Max, venendomi vicino.
«No, niente. È che sei così dolce...»
«Tu sei la mia piccolina e farò di tutto pur di farti sentire felice e al sicuro...» risponde, per poi avvicinarsi per baciarmi.

Ogni suo bacio mi porta in un mondo stupendo, pieno d'amore dove Max ed io siamo protagonisti.
Ed è bello quando non faccio altro che pensare che mi definisce "la sua piccolina". Mi fa sentire bene.
«C'è l'hai un pigiama?» mi chiede.
«Non saprei... Ho preso tre cose a caso da casa...»
«Non c'è problema, ti darò qualcosa di mio. Torno subito» dice, per poi andarsene.
Ho la sensazione che stavolta, mi sento amata per davvero.
Marco non è mai stato così premuroso con me, anzi, fosse per lui sarei in mezzo alla strada.
Sono convinta che con lui sia finita. È finita l'era in cui Assunta subiva tutto e se ne stava zitta, avendo paura di perderlo.
Non c'è più quel sentimento per Marco: non lo amo più.
Scaccio via questo pensiero, in quanto è arrivato Max con dei vestiti.
«Tieni, ti ho portato una mia tuta e delle calze. Stanotte farà molto freddo. Guarda, lì c'è il bagno per cambiarti e lavarti e nel mentre, io ti preparo il letto e anche qualcosa di caldo. Cosa prendi di solito? Una tazza di latte o di camomilla?»
«Una camomilla» rispondo, sorridendo per la sua dolcissima ospitalità.
«Tra poco, sarà pronto tutto. Vai a cambiarti tranquilla, amore» ribatte, per poi darmi un bacio a stampo.
Mi dirigo in bagno e una volta arrivata lì, inizio a piangere di gioia, a sentire il cuore che mi batte forte e a mancarmi il respiro.
Ma che razza di malattia è questa? È AMORE.

«Posso entrare?» domanda Max, essendo dietro alla porta.
«Sì»
Max entra con in mano la tazza fumante di camomilla e la appoggia sul comodino, poi si siede accanto a me.
«Va meglio?» mi domanda.
Sì e tutto questo è grazie a te.
«Sì, va meglio...»
«Vedrai che si risolverà tutto quanto...» mormora, per poi baciarmi.
Max, oh Max... Hai idea di cosa trasmetti dentro di me?
Si stacca delicatamente dalle mie labbra e mi sorride, spostandomi una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio.
«Oh cavoli, me ne ero dimenticato! Ho una sorpresa per te, aspettami.» dice tutto ad un tratto, poi scappa via.
Io rimango incuriosita dalla sorpresa. Chissà che cosa sarà.
«Eccomi qua...» dice, avendo in mano un pacco di media dimensione.
Me lo consegna e io scarto subito la carta, essendo presa dalla voglia di sapere di che cosa si tratta.
È un libro.
Non si tratta di un libro qualunque: è "Sole Tra I Palazzi", il libro di Rocco Hunt.
L'ho sempre desiderato e non me lo sono mai potuto permettere, avendo i problemi in famiglia e ora c'è l'ho tra le mie mani, essendo incredula.
«Grazie!» annuncio con grande gioia, per poi abbracciarlo forte.
«Sono contento che ti sia piaciuto, amore mio...» bisbiglia.
Incrociamo i nostri sguardi e ci baciamo intensamente. Non sa quanto mi ha reso felice in questo momento.

È l'una di notte e non riesco a prendere sonno, nonostante avendo bevuto la camomilla. Non mi ha fatto effetto stavolta.
Ho anche provato a leggere la prima parte del libro di Rocco Hunt, anche se è bellissimo, non riesco a conciliare con il sonno.
Sento dei passi avvicinarsi alla porta della stanza, dove mi trovo e mi giro su un fianco, facendo finta di dormire.
Poi lo sento entrare e io sono un po' spaventata.
E se fossero dei ladri?
Sento che mi sta accarezzando la testa.
«Assunta, amore mio...» confabula Max a voce bassa.
Parla ancora, angelo mio...
«Scusami, se sono qui che ti osservo mentre dormi. Sei così bella, così bella che non riesco a prendere sonno...» aggiunge.
Questo è un segno evidente che ha una bella cotta per me.
«Lo sai, mi sono innamorato di te...» confessa.
Lui pensa che io stia dormendo e che non posso ascoltarlo, ma non è così. Sto ascoltando tutto e mi piace quello che sta dicendo. Mi sta scoppiando il cuore dalla immensa felicità.
Poi sento che lui mi bacia una guancia e se ne va.
Dopo quelle bellissime parole che mi ha sussurrato, io riesco a prendere sonno e spero di riuscire a vederlo anche nei miei sogni, oltre nella realtà.


Dopo quelle bellissime parole che mi ha sussurrato, io riesco a prendere sonno e spero di riuscire a vederlo anche nei miei sogni, oltre nella realtà

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Forte Come Una Tigre (#wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora