XII

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Svoltò. Erano bastati pochi passi per prendere le distanze dall'abitato. La presenza di alberi più robusti ai margini della strada segnalavano un nuovo spazio, in cui la natura era ancora dominatrice indiscussa. L'asfalto, gettato di recente, copriva ciò che non molto tempo prima era un sentiero sterrato. Il suo passo pesante, lento, echeggiava ancora. Ogni volta che posava il piede a terra, cercava di concertarvi una tensione emotiva. Per poi liberarla al suolo. Come una folgore che trascorre subitanea dalla chioma alle radici.

In quella lunga via era posto un solo lampione, che pareva trovarsi lì per errore. Valerio si diresse verso di esso ed in breve lo raggiunse. Sotto la sua luce, un gruppo di falene svolazzava convulsamente. Disordinato e folle il movimento delle farfalle della notte. Minuscole menadi, impegnate in una folle danza dionisiaca. Bastarono pochi gesti, però, per farle allontanare. Si appoggiò allora al lampione, quasi si trattasse di un pilastro marmoreo.

Ricominciò a scrivere, da dove si era interrotto:

"E' vero...ci sono decisioni e indecisioni che un minuto può rovesciare. Ma continuerò a non comprendere la tua. E non tenterò di farlo ancora. E' tempo che ognuno ritrovi il suo percorso. Io ritornerò ai miei libri e alla mia solitudine di roccia. Tu, a quella rosea spensieratezza. Non intendo serbare del risentimento. Anzi. Spero tu possa reperire altrove la scaturigine della felicità. Anche se non posso credere che qualcosa non sia funzionato. Perché il funzionare si riferisce ad ingranaggi meccanici. Qui siamo invece in un altro dominio, in cui le leggi numeriche decadono all'istante. Dico piuttosto che qualcosa non è sorto, laddove avrebbe potuto. Io lo avrei desiderato, con solare pienezza. Se così non è stato, non posso fartene una colpa. Solo un semplice ed innocente rimpianto. Forse, poteva andare diversamente. Quanto io abbia tenuto a te mi pare così evidente da non necessitare di ulteriori commenti..."

Non seppe come proseguire. Le parole, gradualmente, venivano a mancargli. Aveva iniziato descrivendo i luoghi più belli che conosceva. Dove si aveva immaginato di poter condividerne la bellezza con lei. Lei che, negli ultimi tempi, gli era sembrata l'unica creatura degna delle sue attenzioni. Ora quelle descrizioni si erano diradate. Rimaneva una confessione interiore, forse un po' illogica. Pensieri giustapposti senza un disegno unitario. Ma ciò che sentiva stava scritto in quei fogli, che ora teneva stretti in mano.

Si staccò dal lampione e dalla sua luce. Ora aveva una meta. Non quel colle arioso da cui rimirare la pianura. Ma quel colle basso, quasi un cumulo confuso di pietra e terra, sovrastato da antiche rovine. Lì, fra i ruderi del monastero, avrebbe forse trovato pochi e incomparabili istanti di pace. Da lì avrebbe visto l'alba, con il dorato fiammeggiare del primo sole. Inconfondibile segno di rinascita.

Ripiegò i fogli e prese una sigaretta. Appena fece scattare l'accendino, qualcosa attirò la sua attenzione. Ad un centinaio di metri da lui avanzava una figura, quasi indistinguibile nella fosca notte. Il suo passo era malfermo. Il suo incedere lento, ossessivamente lento. Avrebbe probabilmente impiegato molti minuti, per coprire quella distanza irrisoria a cui si trovava Valerio. Egli allora espirò una grigia nuvoletta di fumo e puntò sulla figura. Chi, come lui, si stava muovendo a tentoni nella notte? In quella strada che pure di giorno era semideserta? Era uno scherzo della sua mente stanca, un miraggio? Eppure i contorni cominciavano a delinearsi. Non poteva trattarsi di un'irreale presenza.

Ti avrei portato con me [completa]Where stories live. Discover now