Capitolo 2

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Passai il doppio del mio tempo davanti lo specchio a fissarmi come se nel riflesso non ci fossi più io. Avevo deciso di mangiare poco, avevo lo stomaco in subbuglio e il bisogno di una doccia calda che mi permettesse di rallentare questa forte ansia. Fra meno di due ore, mi sarei dovuta recare nella prestigiosa casa editrice Forgotten Editor e non stavo più nella pelle.
Questa idea mi fece sentire strana, ero abituata ad avere o ricevere colloqui con altre case editrici; avevo un pubblico dal numero decisamente alto, questo non mi causava alcun problema. In quel momento però, sentivo e vedevo che ogni cosa di me stava diventando sbagliata: i miei capelli troppo mossi e ribelli; il mio viso troppo infantile per la mia età; il fatto che con l'avere un mucchio di vestiti, non sapevo proprio quale scegliere.
Chiusi gli occhi e inspirai, dovevo stare calma.
Cristina non era  ancora entrata in camera mia a riempirmi di trucco e unghie smaltate, il ché era un gran sollievo perché non ero mai stata il tipo da bambolina super alla moda. Preferivo la sobrietà e la naturalezza che, se saputa portare, donava un effetto più ampio del semplice mascherarsi da donna composta e perfetta.
Ecco, io non ero mai stata neppure una donna dall'interesse estetico; credevo fermamente che la bellezza risiedesse nell'animo di ogni persona, ecco perché ho iniziato a scrivere.
Il tempo trascorreva più velocemente del solito ed io ero ancora immobile a fissare il mio riflesso ebete allo specchio, nella mia mente vacillava un discorso che avrei fatto una volta faccia a faccia con il direttore: inutile dire che ogni frase o parola a cui pensavo, risultava stonata da dire.
Decisi dunque di fare ciò che il mio istinto voleva prima che il tempo iniziasse la sua sporca partita; non ero mai arrivata tardi a nessun appuntamento di lavoro e non intendevo farlo ora.
I capelli: folta chioma mossa e ribelle, del loro lucido castano scuro non andavano bene lasciati sciolti in questo modo, così iniziai a legarli in una coda alta come piaceva a me. 
Il trucco: era pur vero che amavo un viso acqua e sapone, ma non amavo affatto i miei occhi piccoli, scuri e con ciglia sottili e corte; per riempire quel minimo difetto, ci andai giù di mascara ed una linea dritta quanto più possibile di eyeliner. 
Mi mancava solo da scegliere cosa indossare: una gonna, il classico jeans o un vestito? 
Optai per qualcosa di poco appariscente: jeans scuro, uno di quei modelli a sigaretta che preferivo agli altri; una maglietta bianca molto aderente ma che non lasciasse affatto vedere volgarmente le forme del mio seno per nulla piccolo e le décolleté nere lucide. 
Lasciai la stanza solo quando ero pronta e sicura che tutto fosse come volevo io.
Quando andai nel soggiorno - ingresso, mi resi conto fosse vuoto e che per tutta la casa c'era uno strano silenzio.
"Cristina, sto uscendo", nessuna risposta.
Mi accorsi solo pochi secondi dopo il mio saluto che sul tavolino, sotto le chiavi della mia auto, c'era un biglietto.

"Tesoro, mi dispiace non poterti preparare io, mi hanno chiamata in ambulatorio e sono dovuta scappare mentre ti facevi la doccia.
Mi raccomando: sii il più sexy possibile.
Baci baci, Cristina".

Sorrisi leggendo la prima frase del biglietto, mi sentivo davvero fortunata del suo sincero affetto.
Cristina era un anno più grande di me, quando tre anni fa ero venuta ad abitare qui, avevo ventuno anni e ricordo che lei mi aveva guardata in un modo molto sorpreso. Quando realizzò chi fossi, mi saltò addosso e mi chiese di farle un autografo non potendo credere che la sua scrittrice preferita si fosse trasferita proprio nella sua casa.
A quel tempo lei stava studiando per diventare veterinario ed io stavo scrivendo il mio secondo libro. Ci aiutammo a vicenda così lei diventò il medico più amato dagli animali ed io pubblicai il mio libro con gran successo.

Arrivata alla 21th Sallstreet, rallentai per cercare qualcosa che somigliasse ad una casa editrice. La immaginavo come uno di quegli enormi grattacieli di oltre trenta piani, strutturata internamente da libri per ogni perimetro, con segretarie e segretari elegantissimi ed un direttore sulla cinquantina, sposato e dall'aria seriosa. Ma forse ero io ad essere abituata ad immaginare anche le cose che non avrei dovuto, ma più guidavo e più non trovavo nulla che somigliasse ad una casa editrice.
"Chiedo scusa", abbassai il finestrino e guardai un signore fermo davanti il semaforo:"Mi saprebbe dire dove posso trovare la Forgotten Editor?"
Il signore mi sorrise:"Guardi signorina, è proprio dritto davanti a lei".
Guardai dritto e rimasi completamente senza parole.
Ciò che avevo davanti era uno di quei palazzi che avevo visto sempre e solo in televisione o nelle riviste sui tavolinetti delle sale d'aspetto di un dentista; tutto fatto a specchi i cui pedoni potevano specchiarsi come fossero dei Narciso, si ergeva fino al cielo quasi toccandolo. 
Accostai davanti al marciapiedi e un uomo elegantemente vestito si avvicinò al lato guida:"Ha bisogno di parcheggiare l'auto?" annuii:"Sono l'addetto alle macchine, se vuole lasciare a me le chiavi, parcheggio io per lei".
Rimasi in silenzio prima di aprire la portiera e scendere barcollando, avevano anche un parcheggiatore, consegnai le chiavi al ragazzo e lo ringraziai.
Mi avviai verso la porta dell'enorme palazzo a specchi, ciò che i miei occhi scontrarono non sembrava affatto reale, eppure lo era: l'interno era tutto in parquet lucido con mobili antichi, colonne ad arco per ogni lato, librerie, poltrone in pelle, quadri, ascensori, scale in marmo bianco; sembrava più l'ingresso di un hotel che il palazzo di una casa editoriale.
Ma la cosa che mi colpì una volta smesso di ammirare gli interni furono le addette alla clientela: tutte donne ben vestite, con alcun capello fuori posto e dal bell'aspetto.
"Posso esserle utile?"
Una donna dai lunghi capelli neri, trucco perfetto e sorriso brillante si avvicinò a me spazzando via ogni mia fantasia e facendomi sentire una formica in mezzo ad una foresta.
"S-sì", balbettai stupidamente dinanzi tanta bellezza:"Sono Emily Castle, ho appuntamento con il direttore Russel McRoverguy".
La donna sorrise:"Il direttore la stava aspettando. Prego, mi segua".
Il rumore dei suoi tacchi mi accompagnò verso l'ascensore che si aprì dopo pochi secondi dall'attesa; sul piccolo schermo in alto al centro notai che segnato vi era il piano numero 12 e fino a quando le porte non si aprono, la donna non disse alcuna parola.
Lasciato l'ascensore, mi ritrovai davanti una zona completamente diversa da quella precedente: il parquet era stato sostituito dal marmo, lo stesso con cui erano fatte le scale; le pareti completamente nude, bianche come il soffitto; poltrone chester in pelle nera di contrasto con cuscini dalle mille fantasie e porte tutte in vetro semitrasparente.
Ci fermammo davanti l'unica porta piena color mogano scuro, al lato destro dei battenti vi era un interfono che la donna toccò brevemente.
"Si?"
"Direttore, la signorina Emily Castle è arrivata".
"Falla entrare", la voce fu seguita da un click e la porta si aprì.
"Prego, si accomodi", disse la donna sorridendomi e tenendomi la porta aperta.
"Grazie", sussurrai.
Deglutii quando vidi, poggiato di schiena alla scrivania, un giovane ragazzo dallo sguardo duro e suggestivo. Era elegantemente vestito per essere così giovane, con barba curata, capelli castani e occhi piccoli ma dannatamente attenti; era come se mi stesse guardando dentro, come se vedesse sotto ogni mio poro.
"Puoi andare, Sophie", ordinò senza distogliere lo sguardo dal mio:"Benvenuta Signora Castle".
"Ehm, signorina", corressi.
"Che sciocca, perché ho detto una cosa del genere? E poi con tanta acidità".
"Mi scusi... signorina", lui scandì la parola:"Prego, si accomodi".
Deglutii:"G-grazie", mi accomodai sull'unica poltrona della stanza, proprio di fronte a lui.
Nella mia mente cominciai a cantilenare che dovevo assolutamente calmarmi, fuori invece continuavo a tremare come una foglia.
Una cosa era certa: non ci azzeccavo mai perché colui che credevo fosse un uomo adulto e brizzolato, in realtà altri non era che un giovane ragazzo pieno di fascino e serietà.

Come tu mi vuoi - Emily CastleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora