Quanti di loro durante la notte sentivano la voce del loro padre che diceva allo zio: « Prendilo tu, io non ce lo voglio in casa mia. Portalo via Kyle, porta via questo mostro o Annie ne morirà»

Come si poteva sopravvivere ad un peso del genere? Come si poteva pensare di non essere sbagliati quando i tuoi stessi genitori odiavano quello che eri? Trey non lo sapeva.

Gli occhi grigi umidi e pieni di tristezza avevano incrociato quelli azzurri e teneri di Alex che con la mano protesa verso di lui aveva semplicemente detto: «Andiamo a casa.»

Da quel giorno la villetta a schiera con i ranuncoli gialli era diventata CASA. Quelle mura erano un posto dove Trey si sentiva completamente accettato; lì non doveva fingere, nessuno lo giudicava e Bryan riusciva anche a scherzare sulla sua bisessualità.

«Ehy Trey guarda questa ragazza?» Le sopracciglia cespugliose si erano alzate e le dita avevano scorso veloci le pagine della rivista fino a trovare quello che cercava. «Forse preferisci lui...»

Negli occhi verdi era passato un lampo divertito e le labbra sorridenti avevano mormorato: «Comodo però. Così si ha l'imbarazzo della scelta...»

Scosse la testa a quei ricordi dolciamari e scese dal portico diretto alla moto.

Tempo di andare, di lasciar andare i ricordi, ma non le persone.

«Ehy bell'uomo! Hai finito di crescere?»

Alex era in piedi accanto alla moto verde con un ampio sorriso sul volto. Il corpo snello, i capelli come quelli di Evan, ma con una sfumatura più chiara e gli occhi azzurri, Alexandra non avrebbe mai dimostrato gli anni che invece aveva.

Chinò il suo metro e novanta in avanti per permetterle di avvolgere le braccia intorno al collo stringendole a sua volta la vita con delicatezza.

«Fate i bravi ragazzi. E tu...» Quegli occhi troppo sagaci incrociarono i suoi mentre un sospiro lasciava le labbra rosa «Abbi cura di Evan, per favore...»

Doveva dirle che al momento non stava facendo un bel lavoro? Che aveva incasinato tutto quanto con il suo modo di essere? No, non era il caso.

«Lascia andare mia moglie, gigante!» Ridendo lasciò andare la presa e si voltò verso Bryan ricevendo pacche sulle spalle ed un breve abbraccio.

«Fate attenzione...» Entrambi si voltarono verso di lui con un sorriso comprensivo. Conoscevano la sua storia, non c'era bisogno di aggiungere altro.

Trey non temeva per la propria vita, non lo aveva mai fatto, ma per gli altri...Quello era un discorso diverso.

Prese posto sulla moto ed afferrò il casco incrociando brevemente gli occhi azzurri di Evan. Non c'erano stati saluti tra di loro, perché nessuno dei due avrebbe saputo cosa dire. Trey lo capiva, ma questo non significava che facesse meno male. Dopo un'ultima occhiata ed un'altra ancora più breve con Aaron diede gas accodandosi alla Camaro.

Evan amava quella macchina, era il suo piccolo gioiellino e lo trattava come un cucciolo bisognoso di cure.

Pochi metri e si ritrovarono al semaforo che avrebbe diviso le loro strade. Osservò l'auto svoltare provando una sensazione pesante alla bocca dello stomaco.

Evan non aveva detto quando sarebbe tornato e Trey non gli aveva detto che non era stato accettato nell'esercito. Lo stava lasciando partire con la certezza che, presto o tardi, lui se ne sarebbe andato all'estero, magari per una missione.

Non era giusto.

Nell'attimo in cui quel pensiero sedimentò la decisione fu semplice. Non lo poteva fare. Doveva dirgli almeno quello.

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