Cap. 1 Evan

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Il ghiaccio tintinnò contro le pareti curve del bicchiere di vetro. Il suono leggero e soffocato venne catturato come acqua in uno scarico dalle casse che sputavano musica a tutto volume di un revival anni '90. Evan era seduto sullo sgabello davanti al bancone del bar ammirando le venature del legno, le macchie scure e le sue mani che si stringevano intorno alla pancia del bicchiere. Sembrava quasi che stesse cercando di soffocarlo. Bere non gli piaceva, lo faceva solo quando era in quella situazione. E odiava sempre quella situazione. Ci si trascinava tutte le volte per motivi così stupidi che si ritrovava a chiedersi perché continuasse ad andare avanti in quel modo. Conosceva la risposta ma anche solo ammetterla lo faceva sentire un emerito imbecille.

Fino a qualche anno prima il "The Scandal" era uno di quei locali che i ben pensanti chiamano luogo di perdizione. Lo era ancora, ma la libertà sessuale si era trasformata e molti altri bar si erano adattati ai tempi. Anche in quell'angolo sperduto di mondo, Bloomfield in New Jersey, era quasi nella norma vedere ragazzi e ragazze entrare e uscire dai gay bar. Ci si trovava di tutto, dai curiosi agli abituali, dai verginelli che cercavano qualcuno con cui scopare la prima volta, ai veterani che avevano solo bisogno di trovare sollievo dalle loro vite. Altri erano etero che nascondevano la loro omosessualità e omosessuali che non sapevano tenersi il loro attrezzo nei pantaloni. The Scandal era l'unico locale per chilometri e per Evan non era mai stato diverso da tutti gli altri locali delle grandi metropoli. In diversi momenti della sua vita era stato come tutte le persone che ora si scatenando sulla pista. Prima un verginello, poi un omosessuale che negava la sua sessualità e adesso era solo un gay che scopava schiene anonime. Era soddisfatto come poteva esserlo un assetato a cui viene offerta una caramella. Scopava, ma non trovava mai davvero la soddisfazione sessuale.

«Hai intenzione di restare a fissare il bicchiere per tutta la serata?» La voce di Jace lo costrinse ad alzare lo sguardo e piegare le labbra in una smorfia. L'unica cosa che voleva era uscire da lì. Scappare da quel locale e dalla sua vita. Lanciò un'occhiata al barista che lo stava guardando con un sopracciglio inarcato e la solita posa effemminata. Jace era più gay di qualsiasi gay avesse mai conosciuto. Lineamenti femminili, voce morbida, corpo snello e tonico. Rappresentava tutto quello che gli omofobi pensavano dei gay. Jace esaltava di proposito questa idea con l'unico scopo di mostrarsi ed Evan sospettava che avesse quell'atteggiamento per infastidire coloro che lo avevano sempre giudicato come la fatina, il frocio e la checca.

Si accorse di non aver risposto alla domanda quando Jace sospirò e con un movimento lento della testa spostò la frangia dagli occhi allungando le delicate dita femminili per riempire di nuovo il bicchiere di Evan.

«C'è un ragazzo alla tua destra che non ha smesso un secondo di guardarti da quando sei arrivato...»

I muscoli della schiena di Evan si irrigidirono e dallo sguardo accigliato di Jace capì di non averlo nascosto come avrebbe dovuto. Spostò lentamente lo sguardo fino ad incontrare un paio di occhi dal colore indefinito. In una frazione di secondo l'uomo che lo stava fissando iniziò a guardarlo prima con curiosità e poi con palese interesse. Quello era il tipo di sguardo che diceva "Andiamo nella dark room". Da quel poco che riusciva a vedere, le luci stroboscopiche mettevano in evidenza lo sconosciuto interessato ad intervalli di rosso, bianco e blu, si accorse che non era niente male. Capelli scuri, mascella decisa, ma non troppo marcata, incorniciata da un lieve strato di barba, labbra carnose soprattutto quello inferiore. Era il classico uomo che sapeva quello che voleva, che andava dritto al punto e che dopo l'orgasmo ringraziava con un sorriso. Un uomo che avrebbe decisamente fatto al caso suo.

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