Capitolo 11

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'Sei sordo? Ti ho detto di lasciarla stare!' Urlò ancora lui. Lo riconobbi quando si avvicinò, prima non riuscii a causa delle lacrime che riempivano i miei occhi.

L'uomo ammorbidì la presa, ma non mi lasciò andare, si raddrizzò e con un sorriso malefico dipinto sul volto, disse al ragazzo che stava per salvarmi 'Trovatene un'altra, ragazzino!'

Mi guardò e mimai un 'aiutami'. A quel punto si avvicinò e guardando quell'uomo negli occhi affermò di essere figlio di carabiniere, la madre avvocato, minacciandolo di farlo arrestare.
L'omone rise di gusto e dopo qualche minuto si ritrovò a terra col ragazzo che gli regalava calci che si era veramente meritato.
Io ero lì, immobile su quel marciapiede con ancora i polsi legati dalla cintura.

Mi prese fra le sue braccia e mi fece accomodare sul posto di fianco al guidatore.
Si accomodò anche lui è mi guardò in un modo dolcissimo e mi accarezzò la guancia. Poi prese un fazzoletto e accuratamente mi asciugò le lacrime.

'Tutto bene?' Sussurrò.

'Non proprio..'lo guardai, presi una grande boccata d'aria e continuai a parlare.
'Non è molto bello ciò che stava per accadermi. Se - se non ci fossi stato tu, non so cosa sarebbe successo.'

'Lo so, scusami per la domanda scontata, ma non volevo che fosse così, non voglio, anzi, che stai male. Sono arrivato in tempo. Fortunatamente, quell'uomo era anche ubriaco ed è stato facile per me buttarlo a terra e farlo fuori. Modestamente però, non dimentichiamo la mia forza!' Finì la frase con tono ironico e fiero di sé.

Gli sorrisi e ammisi 'Ho paura, Jhon..'.

A quelle parole sembrava preso dalla rabbia, e ripartì con un volto terrificante.

'Se - sei arrabbiato? E poi cosa ci facevi qui a quest'ora?' Chiesi ancora scossa.

'Tranquilla, la colpa non è tua, non sono arrabbiato con te piccolina, avevo un presentimento, ho girato tutta Filadelfia, fino ad arrivare al bronx, poi quando mi ero arreso e convinto che eri arrivata a casa, ho visto una mocciosetta tanto carina in difficoltà.' Mi rassicurò sorridendo.

Ricambiai il sorriso, poi ripensando alla parola presentimento cercai di capire un po' meglio la situazione. 'Di che presentimento parlavi, mio cavaliere?' Sottoliniai il nomignolo dato.

Mi guardò negli occhi per un istante, continuando a guidare, poi rispose 'Il mio presentimento? Che tu senza di me, senza il mio passaggio non saresti tornata sicuramente sana e salva a casa tua. Cioè ti rispiego: penso, anzi so, che con me sei al sicuro. Voglio proteggerti, non meriti del male. Un po' come fa il tuo papà e il tuo caro fratellino.'

Scioccata per le parole dolci appena sentite e per l'ironia aggiunta sul finale, decisi di cacciare un po' di forza e non sembrare sempre una "mocciosetta debole e impacciata", come dice il ragazzo al mio fianco.
'Come fai a sapere di mio fratello e mio padre?'

'Tesoro, tuo fratello ha avuto anche lui i suoi periodi bui, dove aveva bisogno di qualche soldo in più per aiutare il suo studio per entrare nel corpo militare. Di tuo padre invece, so solo che è un ottimo carabiniere. Complimenti Seave!'

Cosa voleva dire che aveva bisogno di soldi? Lui non li chiedeva mai a mamma e papà, aveva solo la sua paghetta settimanale, non diceva mai che non gli sarebbe bastata. Allora cosa faceva per averne altri? Lavorava? Presa da tutte queste domande glielo chiesi aggiungendo anche se i genitori fossero davvero avvocato e carabiniere, e se da lì avesse saputo di mio padre e della sua morte.

'Una domanda alla volta! Iniziamo: No, i miei hanno un'azienda di elettrodomestici a Boston, a quasi tre ore da qui. Per questo io e Maya abbiamo deciso di vivere qui, nella casa che ha lasciato la nonna a mia sorella. E riguardo a tuo padre.. non ricordo la domanda, cazzo.' Sì aiutò muovendo la mano per aria, fino a sbatterla sulla sua coscia per l'essere sbadato nelle tante domande.

'Ho detto..che mio padre non c'è più.' Sussurrai quasi. Al solo pensiero il mio corpo si coprì di pelle d'oca. Milioni di brividi mi attraversarono il corpo.

Appena sentita quella frase frenò voltandosi verso di me 'C - cosa?'

Sembrava non crederci. Io semplicemente annuii, e lui scese dalla macchina. Solo in quel momento capii che si era parcheggiato, sotto un bel palazzetto, di quattro piani forse. Mi aprì la porta e tentai invanamente di scendere che lui mi prese in braccio, chiudendo la macchina.

'Prendi il cellulare, scrivi a tua mamma che dormirai da un'amica.' Mi disse prima ancora di parlare. Feci proprio come disse, per poi spegnere il telefono e accoccolarmi di più al suo petto, poggiando la testa nell'incavo fra il collo e la possente spalla, sentendo il suo profumo e il suo cuore battere. Mi ero addormentata e non me n'ero neanche accorta.
Dopo un po' aprii gli occhi di scatto, vedendo lui con pantalone di una tuta e senza maglia, lasciando così i miei occhi alla visione di quel meraviglioso fisico. Mi guardai ed ero con solo una maglia indosso, immagino sua perché era davvero molto grande per me.
Si accoccolò vicino a me con un sorriso da ebete, poi cercai di capire perché dovevo rimanere lì, ma lui mi interruppe.

'Oh piccola su, dormi! È l'una e mezza di notte e sei ancora con quella voglia di parlare? Dai che domani c'è scuola!' Mugugnò, con gli occhi chiusi già.

Era vero, era tardi e l'indomani dovevo andare a scuola. Diavolo come avrei fatto? Senza un cambio, una doccia. E la mamma? Spero che a lei vada tutto bene, e che non si arrabbi quando dovrò spiegargli tutto.

'Volevo solo sapere perché mi hai portato qui e non a casa mia' sussurrai timidamente, disegnando con i polpastrelli dei cerchietti sul suo petto.

'Mi devi un favore, sbaglio? In fondo ti ho salvato la vita e devi ripagare. Io voglio dormire con te. Accontentami piccolina!' Disse baciandomi la fronte.

Involontariamente gli diedi un bacio a fior di labbra, veloce, sussurrandogli la buonanotte. E mi addormentai, felice dopo un anno, col suo petto da cuscino abbracciandolo forte, e con un sorriso sul viso caddi in un sonno profondo ricordando ancora tutto quel miscuglio di emozioni che stavo avendo in quel momento.

'Ma sì, 'avevo pensato, 'dormiamo!'

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