Capitolo 9

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La finestra si era aperta, forse perché non la chiudemmo e da essa passavano raggi di luce del sole molto forti per i nostri occhi.
Solo in quel momento avevo notato i particolari di quella stanza.
Tutte le pareti erano di un delicatissimo rosa antico, un enorme specchio di legno era posizionato al centro della parete, dirimpetto al letto. Quest'ultimo era matrimoniale e come avevo ben notato la sera precedente, aveva una coperta rosa confetto, leggermente più scuro delle pareti. Su di esso c'erano circa cinque cuscini, due rosa confetto, proprio come la coperta, due bianchi con dei disegni sopra e l'ultimo, era di un intenso color magenta, il cuscino che stava proprio sotto la testa della mia amica che ancora dormiva. Il resto dei mobili era tutto in legno: la cassettiera posizionata nella parete in cui c'era anche la porta del bagno, alla destra del letto c'era invece un piccolo comodino, con una lampada, una sveglia e una bottiglietta d'acqua, sulla parete sinistra c'era un'immensa libreria e la scrivania, con tanto di sedia e lampada da scrivania.

Decisi di andare in bagno prima di svegliare Jen, e appena entrai ricordai il particolare che mi aveva colpito molto: era totalmente viola! Dalle mattonelle agli asciugamani.

Lavai la faccia e tornai dalla biondina, che ancora dormiva. Erano le dieci della mattina e lei era ancora presa dal sonno. Un sorriso mezzo malefico mi apparve in viso, l'idea che avevo avuto era divertente.

'Uno.. due.. tre!' Dissi mimando con le dita. Al tre presi la rincorsa e le saltai addosso.

'Oh diavolo! Ma sei pazza Shay?' Mi urlò facendo un salto dal letto, poi si mise seduta.

Risi, poi le dissi che avevo fame e lei si alzò quando sentì il suo stomaco brontolare come me.

'Tanto papà avrà preparato la colazione.' Disse tra uno sbadiglio e l'altro.

E così fu. Sul tavolo c'erano due muffin ed una crostata al cioccolato, una brocca piena di succo d'arancia, del latte, caffè e cereali. Colazione alla grande!

I miei occhi brillarono a quella vista e iniziai a prendere un muffin e riempire un bicchiere di succo. Lei prese latte e caffè con i cereali.

'Cosa guardi?' Chiesi mordendo l'ultimo pezzo di muffin.

'Aspetto ancora che mi dici tutto..' Sì fermò per bere '..ciò che è successo con Jhon. Perché dai, siete proprio carini insieme! Cioè ammettilo Shay. Tu sei bellissima e lui è il migliore amico del mio ragazzo. Ma ti rendi conto?'

Dovetti bloccarla perché ovviamente non avrebbe smesso di dire quanto saremmo stati stupendi assieme.
'No Jen, smettila! Non è tipo di una relazione seria con una ragazza. E poi guardami, potrebbe piacergli una sempliciotta? Una "mocciosa patetica" come dice lui?' Affermai bruciando le sue speranze, mimando con le dita le virgolette.

'Secondo me potresti piacergli.' Mi disse sinceramente prendendo un pezzo di crostata. 'E comunque ti guardava come se fossi stata la cosa migliore che gli fosse capitata.'

Mi limitai ad un "mh" e presi l'altro muffin.
Una marea di domande mi invase la mente.
Mi guardava davvero come fossi stata la cosa più bella accaduta nella sua vita?
Non mi piaceva, ne ero sicura. Chissà se a lui piacevo, però.

Forse era questo che volevo, che desideravo.
Volevo essere importante per qualcuno. Volevo essere la cosa migliore della sua vita. Volevo che qualcuno mi reputasse simpatica e all'altezza, qualcuno che avrebbe trovato in me una persona speciale e che mi tenesse stretta per tutta la vita. O almeno quasi tutta.

Il resto della mattinata la passammo tra amiche, arrivate le 12 a.m decisi di tornare a casa, presi un taxi assicurandomi che non ci fossero vecchiette che per pietà rubano i posti alle fanciulle come me. Arrivai a casa in poco tempo e stranamente mia madre non era in casa. Lei ogni domenica aveva la giornata libera, dov'era finita? Decisi di sistemare il piccolo appartamento e di cucinare un'insalatona leggera con i crostini all'interno. Era deliziosa. Appena tutto era pronto e presi il telefono in mano per chiamarla sentii la chiave girare nella serratura: era lei.

Iniziai a chiedere dove fosse stata e lei dopo un paio di rinunce accettò, confessandomi tutto.

'Allora ricapitolando: quest'uomo che stai frequentando ha una figlia soltanto che potrei conoscere. Bene.' Feci un riassunto del suo discorso.

'È un anno che non c'è più tuo padre. Lo amo tanto e può sembrare anche brutto, ma quest'uomo è simpatico e dolce. Mi piace!' Spiegò tutto d'un fiato.

La rassicurai e mi congratulai, poi salii in camera a fare i compiti. Alle 4:30 p.m il mio cellulare vibrò:

Tesoro, vieni al parco con me?
Hai lasciato i tacchi a casa!
xoxo

-Jen la bionda

Ma si firmava sempre così?
Diavolo era vero! I tacchi!

Digitali un:

Okay dolcezza. Alle 5 pm al bar di fronte la scuola. Baci.

-Shay

Corsi a prepararmi e appena ero pronta avvisai mia mamma e scesi di casa.
Arrivai subito al bar e Jen non c'era.
Una macchina nera mi si accostò affianco e all'inizio mi spaventai. La porta si aprì e il panico aumentò sempre di più. Spuntò Jen e la sua chioma bionda raccolta in una coda e il suo solito sorrisone. 'Hey, tesoro!'

'Mi hai fatto prendere uno spavento!' Le dissi poggiando una mano sul cuore.

Rise un po', poi mi concesse di salire.
Non feci polemiche, la accontentai.

'Dove ti lascio Jen?' Disse un ragazzo alla guida che riconobbi quando si girò. In quel momento ricordai la macchina.

'Tu?' Chiedemmo io e il brunetto all'unisono.

'Sì, siete voi. Ora accompagnaci al parco, su!' Ordinò la biondina, mia amica.

Lui evitò di parlare per il breve tragitto e boccheggiava spesso, quasi come volesse scaricare l'ansia, un peso. Era tornato il ragazzo freddo di prima.
Al suo contrario io e Jen parlammo e ridemmo tanto.

'Eccovi servite principesse!' Accennò un tono di caricatura al nomignolo assegnatoci.

Rispondemmo con un grazie accompagnato da una pacca sulla spalla da Jen.

Appena vidi il parco ricordai subito tutti i sabato pomeriggio che mio padre ed io passavamo lì oppure al chioschetto a mangiare crêpes. Tirai un lieve sospiro e la mia amica capì che c'era qualcosa che non andava.

'Dai non puoi negare. Ti si legge negli occhi tutta la tristezza che stai provando. Parlane con me. Non dirò niente a nessuno, la gente mi vuole bene per questo!' Cercò un modo per farmi sfogare, liberarmi di tutto.

Allora la guardai negli occhi e vidi una scintilla di comprensione, le regalai quindi la mia fiducia e parlai: iniziai con una frase secca.

'Mio padre è morto.' Sobbalzò lievemente e mi strinse la mano.

'Prima di iniziare, andiamo a prendere una crêpes al chiosco?' Era forte il sesto senso di quella ragazza.

Accettai e arrivammo lì, ordinammo due crêpes e due cappuccini. Mi guardò negli occhi e mi chiese di iniziare dal principio. Così feci.

Iniziai a dire del suo lavoro da carabiniere, del suo buon cuore. Le dissi che mio fratello aveva preso la sua stessa strada, perché voleva essere un eroe come nostro padre lo era stato per lui e per me. Le spiegai dell'anno a Seattle, di mia madre che era rimasta qui, a sbrigare tutte le faccende da sola e io le ero stata lontana, aggiunsi qualcosa del suo lavoro faticoso che faceva solo per mantenermi. Le raccontai del "sabato al parco", che così chiamavamo io e papà e che quella di quel giorno era la nostra ordinazione abituale.
Lei rimase colpita e senza parole.

'Oh, allora hai avuto un anno decisamente triste. Ma non preoccuparti perché io ti voglio già troppo bene, starai bene con me e con la mia comitiva!' Mi consolò. Poi mi disse che un altro giorno mi avrebbe raccontato della sua famiglia e che non lo avrebbe fatto in quel momento non perché mancava della mia fiducia, ma perché già era stata straziante la mia storia.
Mi strinse in un abbraccio che mi fece davvero stra-bene e la ringraziai.
Pagammo tutto e andammo a fare un giro nel parco. Poi verso le 7:00 di sera mi chiese di cenare assieme a casa sua.
'Solo se mangiamo pizza però!'

'È andata!' Mi rispose con un occhiolino.

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