« Sei un maledetto bastardo, Drew. Potevi darmi almeno il tempo di vestirmi. » dice, mentre si infila i pantaloncini, talmente corti che  le chiappe le escono di fuori.

« Il tempo te l'ho dato, se non ricordo male. » dico, sbattendo la porta.

So di essermi comportato da perfetto stronzo, come sempre, ma non riesco a guardarla un minuto in più nel mio letto, sul lato dove ha dormito Elena. Vado a vestirmi e quando scendo nel salotto, trovo Trevor sul divano a guardare la televisione.
« Cosa diavolo ci fai qui? » chiedo, digrignando i denti.

« Non vedi? » chiede, con nonchalance.

« Rispondi o ti sbatto fuori. » dico, facendo un passo verso di lui.

« Come hai fatto con Ronnie? » rise e sto per perdere la pazienza.  « Sono venuto a  prendere delle cose che servono a papà. » si alza e va nello studio.
Alzo gli occhi al cielo e mi sento leggermente in colpa. Nostro padre deve sempre dividersi per noi. Passa del tempo a casa, per stare un po' con me, dato che mi vede soltanto durante le vacanze, e va anche a casa di Trevor, e a volte rimane a dormire là. Si ritrova in questa situazione per colpa nostra, mia particolarmente, ma non riesco proprio ad accettare quella donna come madre.  Non posso tornare indietro, il danno è fatto, ma posso comunque rimediare. Aspetto sulla soglia della porta che Trevor se ne vada, e quando esce dallo studio di nostro padre, gli feccio ciao con la mano. Lui mi passa accanto, e per un secondo lo invidio. È un bravo ragazzo, anche se,  un po', è simile a me.  Non è completamente un angelo, e se lo stuzzichi, reagisce. La cosa che abbiamo in comune, forse, è proprio l'essere impulsivi. Nonostante non siano usciti dalla stessa pancia, i nostri lineamenti sono piuttosto simili. Ha i miei stessi capelli neri, ereditati da nostro padre, l'unica differenza soni gli occhi e il nostro carattere.

Il giorno dopo, verso le otto di sera decido di uscire. Vado nel Meatpacking District, il cuore della vita notturna newyorkese. Man mano che girovago, vedo le persone fare la fila per entrare in discoteca, ma decido che almeno questo sera, eviterò. Non ho voglia di portarmi un'altra ragazza a letto, né tantomeno lasciare che mi si spalmino addosso, come vipere velenose. Scendo dalla macchina, vadoba sedermi su una panchina e mi acccendo una sigaretta. Noto il viavai di persone, e ragazzi, che potrebbero avere la mia età, spacciare all'angolo della strada, facendo attenzione a non farsi notare troppo. Peccato che queste persone sono facilmente riconoscibili.
Mi avvicino al ragazzo e gli chiedo se ha qualcosa per me. Furtivamente, mi passa una bustina, e gli do i soldi. Non sono un drogato, ma a volte ho proprio bisogno di fumare. Mentre vado a mettermi in un posto in disparte, vedo davanti ai miei occhi la cosa più bella che Dio abbia mai potuto creare. Elena, a braccetto col suo amico Dylan, insieme ad Emily. Questa ragazza non è affatto male, prima o poi dovrò fargliela pagare, così magari imparerà a tenere a freno la lingua.
Le faccio un cenno con la  mano, ed Elena cambia espressione.

« Chi si rivede. » dico, con un ghigno.

« Mi perseguiti anche qui, fagiolino? » dice Elena, mentre mi regala uno dei suoi splendidi sorrisi.
Fagiolino? Che cazzo di nomignolo è?
«Ciao zucchina. » dice, Emily.

« Ciao carciofo, giusto per restare in tema. » afferma, Dylan.

Questi tre sembrano completamente fumati.

« Cosa vi porta da queste parti? » chiedo, mentre mi accendo un'altra sigaretta. Vedo Elena portarsi la mano davanti alla bocca, e deduco che le piaccia il fumo.

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