L'acchiappasogni

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L'ultimo che aveva costruito se ne stava ancora lì, al proprio posto, probabilmente pieno di polvere, sul letto della sua amica, nella vecchia casa di Charlie.

Non gli era più venuto in mente di farne altri, neanche per Renesmee, poiché lei diceva che le bastava dormirgli accanto, perché le tenebre dei brutti sogni si dissolvessero, come le ombre della notte al sorgere del giorno.

Ma lei, la sua piccola Sarah, non avrebbe dormito nel suo letto, dunque stavolta un acchiappasogni era stato necessario.

Danzava etereo e sospeso, penzolante dal soffitto dalle travi bianche; al centro un cerchietto di trine, lavorato a mano da sua madre, e, legate a sottili fili di cotone, perline opalescenti e piume bianche, come se mille colombe, nel battito delle ali, le avessero lasciate volare, perché ricadessero soffici, disegnando voli.

Su di un lato, piccoli fiori bianchi di seta, dai pistilli luccicanti di un tenue giallo di fiamma di cerino.

Sotto di esso, con la stessa leggerezza, dondolava la culla sospesa, anch'essa tutta bianca.
Dentro, la sua bambina addormentata, si sentiva protetta e sicura, come in un piccolo guscio, mentre il leggero movimento simulava la vita nel grembo materno.

J.J. si aggrappò con le manine rotondette al bordo, facendola inclinare, quel tanto che bastava a permettergli di guardare sua sorella.
Una nuvola di riccioli ramati incorniciavano il viso tondo dalla pelle di latte, mentre le labbra succhiavano placide il pugno chiuso.

- È troppo piccola! - esclamò con una smorfia di disappunto, osservandola attentamente, lui che ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che non fosse un giocattolo. - Del resto ... - osservò, - Non poteva essere più grande per stare nella pancia della mamma! -

Il piccolo Quileute si allontanò soddisfatto dell'acuta osservazione, per tornare ai suoi giochi sparpagliati sul pavimento di legno sbiancato.

Renesmee fece capolino proprio in quel momento nella stanza, agitando l'aria con il profumo magico della sua pelle, reso ancora più dolce dalla maternità e con un gesto incautamente sensuale della mano, chiamò Jacob, mentre si accovacciava accanto a suo figlio, in mezzo a un mare di macchinine.
Jacob guardò prima l'una, poi l'altro, così diversi nell'aspetto esteriore, ma con la calma placida e contagiante della madre dipinta negli occhi scuri.

Indossava una tunica di una sfumatura vaga di viola, che le ricadeva scomposta su una clavicola e morbida lungo i fianchi, lasciandole scoperte le lunghe gambe.

Il mezzo lupo seguì il richiamo, come ipnotizzato dalla figura di lei, più rotonda e polposa, e le sedette accanto in modo che le cosce nude di entrambi si toccassero.

I riccioli di lei ricaddero dalla coda approssimativa che teneva i capelli legati sulla nuca, mentre ingaggiava una corsa spericolata sulla pista giocattolo che Emmett aveva regalato al bambino.

Jacob non poté trattenere le mani dal desiderio di riordinarli dietro l'orecchio; indugiò con le dita sulla pelle morbida del collo fino alla spalla nuda, mormorando qualcosa così a bassa voce che Renesmee dovette sporgersi ancora più vicino, fino a che il respiro caldo di lui le solleticò il lobo dell'orecchio.

- La mortalità ti dona ... - ripeté con maggiore intensità.

Renesmee abbassò gli occhi sul contatto della loro pelle così contrastante: l'una scura e coriacea e l'altra diafana e delicata. Un perfetto connubio, esattamente come quello delle loro esistenze complementari.

Sorrise e le guance le si colorarono leggermente, come quelle di una ragazzina timida.

- La felicità mi dona ... - lo corresse, intrappolando la mano di lui nella propria.

Finalmente la loro esistenza si era fatta placida.

Mai in tutti quegli anni era stata più dolce e serena.
Dopo lo scontro definitivo, tutto era tornato lieve, come alla fine di una tempesta sulle fronde della foresta.
Essa le scuote, le massacra con la sua violenza imperterrita, ma quando la furia si disperde, si annienta nel sereno, esse tornano rinvigorite, beandosi delle gocce residue che ancora le rendono pesanti.

E così era stato per loro: per Jacob e Renesmee, per i Cullen e per i lupi.

Ogni cosa al proprio posto, ogni cuore nel petto dell'altro.

Era nato J.J. e poi Sarah, la piccola casa di legno e pietra era cresciuta adattandosi e i piccoli vasi di fiori odorosi sul portico e sui davanzali avevano partorito boccioli e boccioli.
Colore e profumo, risa e scalpiccii di piedini avevano riempito ogni angolo di cuore anche di quelli che da anni non battevano più.

Tutti, immortali e fragili umani, avevano imparato che esiste un solo modo per vivere in eterno: amare.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 24, 2022 ⏰

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