CAPITOLO 1

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Domani, saranno passati due anni da quando sono caduta su quella rete, ma a me sembra passata un'eternità.
Avrei dovuto essere al fianco di Jeanine, ai vertici degli Eruditi e non in una caverna di una fazione di esaltati a far da assistente a Max, l'uomo più inutile che abbia mai conosciuto. Lui è un capofazione e questo la dice lunga sul resto della fazione.
Non riesco a capire come hanno fatto a fallire quelli che mi hanno preceduta.
Sono molti anni che Jeanine manda giovani Eruditi per avere uno di noi ai vertici di questa fazione, ma nessuno è mai riuscito ad ottenere un buon posto nella classifica finale.
Il nostro punto debole sono i combattimenti ma, i prescelti da Jeanine, vengono addestrati per un anno sia fisicamente che mentalmente, però sembra che neanche questo sia mai stato sufficiente.
Per me è stato diverso. Io non ero stata scelta per spostarmi negli Intrepidi, io sarei diventata il braccio destro di Jeanine ma qualcosa ha cambiato i nostri piani.
Quando, a sedici anni, ho fatto il test attitudinale ho avuto una brutta sorpresa: il test era inconcludente. Io sono una Divergente.
Essendo la preferita di Jeanine conosco molte cose sui Divergenti, cose che pochissimi Eruditi sanno.
Sono pericolosi, non perché violenti ma per il fatto che non possono essere controllati.
La loro innata resistenza ai sieri e la loro imprevedibilità mettono a rischio l'intero sistema delle fazioni. La loro inclinazione alla ribellione diventerebbe un grosso problema se decidessero di unirsi e formare un gruppo compatto.
Uno dei miei incarichi è scovarli ed eliminarli ed è quello che faccio, solo che la parola "eliminare" è ampiamente interpretabile.
Sono consapevole che quando Jeanine mi diede questo ordine, la parola doveva essere interpretata come "ucciderli" ma a ogni Divergente ucciso io mi sentivo sempre peggio.
Ho provato a immaginare che loro fossero la parte di me che è costantemente in lotta con la debolezza umana e che eliminando loro, anche le mie debolezze avrebbero perso il loro potere su di me.
Accadde l'esatto contrario, più ne uccidevo più la mia debolezza umana diventava forte. Così decisi che l'interpretazione "far sparire" era una buona via di mezzo, anche se a volte era disgustosa.
Non potevo far sparire nel nulla le persone, non tutte, serviva qualche corpo e così ero costretta a pianificare le morti quando tra gli Esclusi fosse disponibile un cadavere adeguato.
Io consegnavo loro il Divergente e loro si prendevano la cura di sfigurare il cadavere in modo che fosse irriconoscibile e questo voleva sempre dire teste fracassate e corpi mutilati.
Jeanine si è complimentata molte volte per la mia creatività: "Tanta brutalità rende tutto più credibile" diceva, fiera di me.
In realtà il merito andava agli Esclusi, o meglio, a quelli che volevano farsi passare per Esclusi. Avevano le mani sporche ma le unghie erano ben curate e i loro volti non erano emaciati, sembravano troppo in salute per essere persone che vivono per strada.
Le domande non facevano parte del nostro accordo, io davo loro i Divergenti e loro provvedevano a creare false morti. Mi dissero che li portavano in un luogo sicuro e che non mi avrebbero creato problemi ed io me lo facevo bastare. L'alternativa era la morte certa per mano mia, in questo modo almeno ho la speranza che siano vivi da qualche parte.
Indugio ancora qualche attimo ad osservare i primi raggi del sole che timidamente entrano dalla voragine sul soffitto e poi mi incammino verso l'ufficio di Max per ricevere la lista degli incarichi di oggi e poi essere libera di tornare al mio lavoro di osservatrice.

THE TRANSFERWhere stories live. Discover now