Affrettai il passo cercando di aguzzare l'udito il più possibile e –non so se fosse per la mia paranoia o per davvero- ad un tratto udii indistintamente un suono di passi che ricalcava i miei.

Sbirciai con la coda dell'occhio alle mie spalle e notai un cane che camminava a pochi metri da me. Sembrava un trovatello, con il pelo scompigliato e sporco, ed era buffissimo con quelle zampette troppo corte per il corpo che sospirai di sollievo e mi fermai, girandomi verso di lui per fargli una carezza.

Quello si avvicinò senza fare storie, uggiolando, ma appena mi giunse davanti si sdraiò e mi mostrò la pancia, rimanendo immobile.

MI stupii: non l'avevo nemmeno toccato, come poteva già sottomettersi in quel modo? Inarcai un sopracciglio e gli accarezzai la pancia rosa prima di alzarmi e proseguire verso casa, e quello mi seguì, trotterellando allegramente al mio seguito. Non ne volle sapere di andarsene fino a quando non fui sulla porta di casa e mia zia arrivò alla porta per aprirmi.

"Daya. Vieni, entra, devo farti vedere una cosa."

Zia Hannah era una donna bella, sulla cinquantina, con i capelli rossi come il fuoco lunghi fino ai fianchi e la pelle liscia di una ventenne. Aveva sempre un'aria molto composta, come fosse una nobildonna, ma lo sguardo dei suoi occhi era caldo e affettuoso con me e con le sue clienti.

Sembrava una vera strega.

"Zia." La salutai, entrando in casa. Lanciai un'ultima occhiata alle mie spalle per guardare il cane che si era seduto in mezzo al vialetto e mi guardava come se aspettasse un qualche comando da parte mia.

"Sciò." Dissi, facendo un gesto con la mano.

Quello scodinzolò e si alzò, ripercorrendo il vialetto per poi uscire dal giardino e ricominciare a passeggiare in giro per la strada con quella sua aria spensierata.

"Vieni, ti ho preparato le medicine."

Zia Hannah posò due barattoli di erbe secche sul tavolo ed io li presi fra le mani, sorridendole.

"Grazie."

Le mie medicine.

In realtà erano rimedi omeopatici per la mia difficoltà a dormire qualche volta e per le crisi epilettiche che ogni tanto mi coglievano. Avevo iniziato a prenderle quando ero piccola e mi avevano sempre aiutata a tenerle a bada, ma da qualche tempo cominciavano a funzionare di meno e quindi avevo deciso di aumentarne le dosi.

Il che implicava che mia zia dovesse prepararne più spesso.

Vivevo con lei perché mia madre era rimasta incinta da giovane ed era stata lasciata da mio padre che se l'era data a gambe appena aveva saputo della mia esistenza. Quando mia nonna lo era venuta a sapere l'aveva ripudiata e Hannah era stata l'unica a starle accanto.

Comunque era morta quando io avevo solo pochi mesi di tubercolosi lasciandomi con sua sorella che si era presa cura di me senza mai lamentarsi e trattandomi come se fossi sua. Certo, era strana ed eccentrica, e non aveva mai preteso che la chiamassi mamma, ma era la cosa più vicina ad un genitore che avessi.

"Vieni, vieni, ho trovato una cosa che ti piacerà."

Raggiunsi zia Hannah in soggiorno e la trovai china che frugava in una scatola che pareva avesse tirato fuori da sotto il divano, piena zeppa di vecchie fotografie ed altre cianfrusaglie. Mi inginocchiai accanto a lei, lasciando cadere la borsa per terra, mentre studiavo l'oggetto che aveva tirato fuori dal mucchio.

"Ecco qui." Esclamò, sollevando la collana in modo che la luce si riflettesse su di essa.

Era una catenina argentata, lunga e incredibilmente brillante, alla quale estremità stava appeso un ciondolo acuminato, dai riflessi blu e verdi, d'oro e perfettamente incastonato in un piccolissimo cappuccio d'argento che lo teneva appeso alla collana.

The last DirewolfTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang