CAPITOLO DUE

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"È nu juorno buono..." canta Rocco Hunt nelle mie cuffiette ad alto volume, mentre sto andando a scuola in metropolitana in questa fredda mattina di fine Novembre.

Mi sto immaginando che al posto di essere in metropolitana, mi trovo in un treno diretto per la mia terra.
Immagino anche che in stazione mi aspetta Rocco Hunt con un grande sorriso.
Confesso che non è la prima volta che faccio questo tipo di sogno ad occhi aperti.
Me lo tengo soltanto per me, perché tanto so già che nessuno mi ascolterà, poiché sono tutti presi dai loro problemi.

"Nu Juorno Buono" finisce e subito dopo parte "Credi".
Questa canzone è davvero bella: il ritmo, il testo con dei profondi significati e il duetto con Eros Ramazzotti.

"E son sicuro che la pioggia passerà
sorridi sempre il tuo nemico
non ama vederti sorridente
bisogna andare avanti a calci
diventeremo grandi"

Questa è la vera filosofia della mia vita e prego sempre che Rocco Hunt continua a cantare perché solo lui riesce a farmi sentire meglio.

Alzo gli occhi e leggo fuori dal finestrino "Fermata Bernini".
Oh, cavolo! Devo scendere qui!

Scendo dalla metro e mi avvio all'uscita.
Fuori sta iniziando a piovere e mi sbrigo ad aprire l'ombrello, incamminandomi verso il liceo "Cavour" a piedi.
Guardo il cielo nuvoloso, che rispecchia perfettamente con l'umore di quasi tutti i giorni.
Mi si spezza il cuore quando si tratta di attraversare il cortile per vedere gli studenti del liceo musicale felicissimi, mentre hanno in mano strumenti musicali o che fanno imitazioni di un cantautori lirici.
Io cammino il più veloce possibile, portando il pesantissimo dizionario di latino e sento una mano che mi ferma: è Marco.

Come tutte le mattine, prima di andare al suo istituto professionale, viene a salutarmi in motorino davanti all'entrata del mio liceo.
«Ehi, ciao!» mi saluta, baciandomi freddamente a stampo.
«Ciao Marco»
«Oggi versione di latino? Hai studiato?» Mi chiede, indicandomi il dizionario.
Che me ne importa della versione? Voglio solo evadere da questa scuola, anche con il minimo dei voti e tornare a Vietri Sul Mare.
Giuro che lo farei immediatamente senza rimpianti.
«Sì, Marco. Ho studiato...» gli rispondo con un tono cupo.
«Che cosa c'è? Non sei felice?»
«No, sono solo stanca. Ieri ho fatto tardi»
Bugia.
Mi sento solo semplicemente frustata dal fatto che io sto frequentando una scuola che mi fa schifo.
«Ma se ieri sera ho visto il tuo ultimo accesso su Whatsapp verso le dieci...» Ribatte Marco.
«Senti Marco, non iniziare a fare prediche perché non sono dell'umore giusto.»
«Smettila di fare la vittima!» Mi risponde con una tale arroganza da farmi sentire uno schifo.
«...Ti rendi conto che hai sempre il muso? Sei sempre così capricciosa e ti lamenti per niente... Vergognati! Ti voglio ricordare che almeno tu hai una famiglia, mentre io no!» aggiunge, gridando fuori di sé, mentre tutti ci guardano e io abbasso lo sguardo dalla vergogna.
Marco ha avuto un'infanzia complicata alle spalle: suo padre era violento e ogni giorno alzava le mani a sua madre e i suoi figli.
Nessuno faceva nulla per uscire fuori da quella situazione violenta e tutti sono cresciuti con delle conseguenze inquietanti: il fratello maggiore è finito in comunità per abuso e spaccio di droga, la sorella piccola vive in una famiglia adottiva mentre la madre è morta in circostanze sospette.
Secondo i carabinieri, il padre di Marco aveva compiuto l'omicidio per poi aver fatto occultamento di cadavere nel Po.
All'inizio lui si era dichiarato innocente per non andare in carcere, ma alla fine i suoi sensi di colpa l'hanno fatto confessare: lui l'aveva uccisa.
Ora sta scontando la pena al carcere di Torino e non ho idea di quando uscirà da lì ma so solo che Marco non ha mai voluto andare a trovarlo, in quanto dice che non interessa sapere nulla su di lui.
Attualmente Marco vive con i suoi zii materni e sono benestanti, vivendo in una villa a Borgaro Torinese.
I suoi zii non hanno mai voluto conoscermi, perché sono razzisti con chi viene dal Sud.
Marco non ci fa caso a queste cose ed è perciò che mi sento in colpa quando io gli rispondo male.
Non se lo merita.

«Non importa Assunta, ora io devo andare a scuola. Ci sentiamo dopo, ciao!» Mi saluta, partendo via con il suo motorino.
Io mi sento morire e ho solo bisogno di ascoltarmi Rocco Hunt, fino quando non mi calmo.

«Assunta, mi sto frequentando con un ragazzo davvero fantastico! Non puoi capire quanto mi rende felice... Credo davvero che è l'amore della mia vita! Ieri mi ha comprato la borsa che ho sempre desiderato!» Mi racconta Patrizia, mentre stiamo facendo la fila per la macchinetta del caffè all'intervallo.

Patrizia è la mia compagna di banco dall'inizio del liceo e non solo, è anche la migliore amica di Marco.
Cerco di andarci d'accordo per il quieto vivere e per amore di Marco.
Questa "amicizia" cerco di tenermela buona solo per il fatto che ogni tanto posso uscire dalla mia tragedia famigliare.
Patrizia è davvero insopportabile e ogni volta che mi parla, vorrei puntarmi una bella pistola sulla tempia.
Invece no, ogni volta rimango zitta e subisco tutto.
«Come va con Marchino?» mi domanda con una voce che la fa sembrare una gallina strozzata.
«Alti e bassi. Capita nelle coppie»
«Infatti mi racconta spesso che gli rispondi male...»
« Non è come sembra: è lui mi risponde male sempre»
«Mi sembra strano, Marco non risponde mai male a nessuno... »
C'è qualcuno per caso che mi vuole portare via da qua?
Soprattutto mi chiedo perché anche lei, come Marco, vuole avere sempre ragione?
«Secondo me, sei tu che dovresti smetterla, altrimenti Marco si stuferà...» aggiunge Patrizia, atteggiandosi da donna vissuta.
Un altro motivo per cui non la sopporto è che si vanta per il suo grande talento: conquistare i ragazzi per portarseli a letto.
I ragazzi che lei reputa "L'amore della sua vita" li usa per i suoi porci comodi e li scarica poco dopo.
Sono come pesci che abboccano all’amo di un pescatore, che poi rigetta in mare con una ferita. Lei, naturalmente, se ne frega se i ragazzi stanno male per lei.
L'importante è aver ottenuto ciò che voleva.

«Sì, Patri. Sarà per questo stress scolastico. Devo smetterla di trattarlo male...» dico, facendo finta di darle ragione.
«Vedi, ho sempre ragione io... Io conosco molto bene il mondo maschile!” ribatte con aria di superiorità.

Sì, tu conosci molto bene il mondo maschile perché sei abituata a fare la sgualdrina.

Tutte le volte mi domando perché piuttosto passare l'intervallo con questa "Super Donna", non lo passo da sola in un angolino, ascoltandomi Rocco Hunt.

Lo dico ogni giorno che passa, ma non lo faccio mai e non posso neanche farlo perché Marco si offenderebbe se non passo l'intervallo con la sua migliore amica.

«Ciao mamma!» urlo, mentre varco la soglia di casa per poi dirigermi in cucina.
Lei è seduta avendo in mano un bicchiere pieno di Jack'sDaniel e noto subito il posacenere strapieno di mozziconi.
«Come stai, mamma?» le chiedo, avvicinandomi a lei.
Lei mi fissa con uno sguardo che non promette nulla di buono e mi sento a disagio.
«Ti prego, rispondimi mamma!» le domando con calma, anche se ho una grande tentazione di scuoterla.
Batte un pugno sul tavolo e mi guarda minacciosa.
«Come vuoi che sto?! Sempre il solito! Ma che parlo a fare con te! Non capisci niente! Hai quasi diciannove anni e ragioni come una ragazzina» mi risponde in modo isterico.
È ubriaca e lo sento dal suo alito che puzza di alcool.
Questa situazione non mi piace per niente, quindi sarà meglio che provo a calmarla con estrema serietà e dolcezza.
«Mamma, calmati...» replico, per poi ricevere una sberla in guancia che mi fa cadere a terra subito dopo.
Io la fisso tremando di paura e inizio a piangere.
«Ma non ti vergogni di piangere ancora alla tua età? Sono io che dovrei piangere per tutto quello che avete fatto voi. Mi avete rovinato la vita, MI FATE SCHIFO!” sbraita, per poi andarsene in sala con la bottiglia di alcool.
Essendo rimasta pietrificata, mi tocco la guancia ed è caldissima. Mi fa davvero male e la cosa peggiore è che mi fa male il cuore quando mia madre mi tratta così.
Mi rialzo, apro il frigorifero prendendo uno yogurt e un frutto e me ne vado in camera mia.
Ne ho abbastanza di questa giornata.

Dovrei studiare, ma ora non me la sento.
Ho soltanto voglia di ascoltare la musica e voglio solo che la voce di Rocco Hunt mi consola.
Schiaccio Play alla prima canzone che mi capita: "Ho scelto me".
Quella canzone parla di come sia riuscito ad andare avanti con la sua grande forza e umiltà.
C'è una frase in particolare che mi piace e che ogni volta che al ascolto, mi fa venire i brividi.

"Siamo bravi a cadere, ma il problema è rialzarsi."

Rocco ce l'ha fatta ad alzarsi per realizzare il suo sogno e io, invece, sono caduta da molto tempo.
Nessuno mi sta aiutando a rialzarmi, anzi, mi stanno tutti calpestando.
Abbraccio il cuscino, immaginando di abbracciare Rocco che mi consola e pensando che non succederà mai.
Come invidio le altre fan che hanno avuto la fortuna di averlo visto dal vivo e di averlo abbracciato al firma copie del suo ultimo album "SignorHunt", condividendo le loro foto su Instagram.
Io clicco "Mi piace" fingendomi contenta per loro, ma in realtà mi fa stare male.
Peggio di così, non può andare.
Mentre Rocco Hunt canta ancora nelle mie cuffiette, io mi addormento con gli occhi che mi bruciano dalle troppe lacrime che ho perso.

«È pronto» mi sussurra Ale verso l'ora di cena.
Cavolo, è tardi e io non ho studiato neanche una riga.
«Ale, cena pure senza di me. Io devo studiare»
«No, prima devi cenare, poi ti metti a studiare. Stasera ho preparato una deliziosa cena e siamo solo io e te»
Alla fine Ale mi ha convinto e lo studio può aspettare.
Come al solito, mio padre non c'è mentre mia madre è a letto dopo si è ubriacata.
Mi sento sollevata e la compagnia di Ale mi fa rilassare e oltretutto cucina molto bene.
Stasera ha cucinato pollo con le patate al forno.
Beata Luisa quando se lo sposerà!
«Come va con Luisa?» Gli chiedo mentre metto in bocca una patata.
«Bene, forse viene qua a Natale, anche se non sono molto contento»
«Perché Ale?»
«Perché vorrei essere io ad andare a trovare Luisa, così tornerei per un breve periodo a Vietri Sul Mare e mi sentirei realizzato, ma con questa crisi è impossibile»
«Lo so, ma non ti arrendere: devi soltanto tenere duro e vedrai che troverai qualcosa»
Ale mi abbraccia e mi fa sentire al sicuro in questo mondo pieno di pericoli.
«E tu come va con Marco?»
Mi sale l’ansia solo al pensiero perché nessuno sa che Marco mi tratta male e se Ale lo viene a sapere, lo farebbe a botte.
Non voglio guai, soprattutto non voglio che Marco mi tratta ancora più male.
«Va tutto bene» rispondo.
Bugia.
«Sono contento per te» ribatte Ale sorridendo.
Terminiamo di cenare in totale tranquillità e mi offro di aiutarlo a sparecchiare la tavola.

Finito di fare tutto, mi dirigo in camera e do un'occhiata al mio cellulare.
Trovo tre chiamate da parte di Marco, ma in quel momento avevo la tonalità silenziosa e stavo anche cenando.
Prendo il cellulare e richiamo subito Marco.
«Dove cazzo eri finita?» grida Marco al telefono, costringendomi ad allontanare il telefono dall'orecchio.

«Scusami, stavo riposando»
«Fino adesso che sono le nove di sera?»
«No, prima stavo cenando...»
«E non mi potevi avvisare? Che cosa hai in quella testa? Oltre a essere capricciosa, sei anche irresponsabile. Svegliati e matura!»
Ogni volta che mi dice che devo maturare, mi sento una persona sbagliata.
Pretendo solo la sua comprensione per la vita che sto passando e pretendo soprattutto il suo amore.
«Marco, scusami... Non lo faccio più» gli dico mentre sono in lacrime.
«Speriamo, ci vediamo domani»
«Aspetta...»
«Cosa vuoi?»
«Ti amo»
«Si, ok. Ciao» risponde con una voce frettolosa.
Perché non può essere più romantico?
Eppure non chiedo nulla di male, ma lui se ne frega se io piango per lui.

In momenti come questi, ho bisogno di Rocco e mi ascolto "Replay".
Il testo non centra nulla, ma farei "replay" della mia vita.
Desidero ora più che mai, rivivere i ricordi della mia vita a Vietri Sul Mare, da quando sono nata fino quando sono venuta a Volpiano.
Ma che ci faccio qui?
Improvvisamente mi alzo di scatto, appoggio un borsone sul letto e metto dei vestiti a caso.
Appena appoggio la mano sulla maniglia della porta, sento delle urla che provengono dalla sala. Sono Ale e papà che stanno litigando.
«Tu sei un lavativo! Non hai voglia di fare niente!» urla mio padre.
«C'è la crisi. LA CRI - SI! Io, per avere un misero posto, sto impazzendo!» risponde Ale fuori di sé.
«Ma cosa mi stai dicendo? Io, alla tua età, lavoravo come un mulo! Mica giocavo con i pollici!»
«Ma tu lo sai che qui sta diventando tutto un inferno? La mamma si sta rovinando per colpa tua!»
«Per colpa mia?»
«SI!»
«È meglio per te che ti trovi un lavoro al più presto possibile, così te ne vai fuori da questa casa!»
«Non vedo l'ora! Non c'è la faccio più a stare in questo posto di merda!» grida Ale, mentre va in camera sua per poi sbattere forte la porta.
Vorrei tanto andare a parlargli, ma meglio lasciarlo nel suo brodo.
Sentendo questo litigio e avendo paura di lasciare Ale da solo, appoggio il borsone in un angolo della mia stanza e vado a letto.


Spero solo che domani sarà un giorno migliore, ma ne dubito.

Forte Come Una Tigre (#wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora