CAPITOLO UNO

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Mi sono sempre chiesta che cosa sia la felicità e ancora non sono riuscita a darmi una risposta.

La felicità la conoscevo molto bene, fino a quattro anni fa.

Vivevo a Vietri Sul Mare, situato nella Costiera Amalfitana e vivevo di cose semplici: le passeggiate in spiaggia,  il sole sempre caldo, gli amici di sempre e tutti i miei parenti a me cari.
Tutto questo è svanito da quando mi sono trasferita a Volpiano, nel Torinese.

Il motivo per cui sono venuta a vivere qui è semplicemente per un capriccio di mio padre, ovvero un desiderio di venire a lavorare e vivere qui al Nord Italia, facendo impedire di vivere la felicità a me e al resto della mia famiglia.
Mia madre Donatella ha quarantadue anni ed è entrata in una grave depressione da quando siamo al Nord.
Si è trascurata tantissimo e non riesce a prendersi cura della casa e della famiglia, eppure quando vivevamo a Vietri sul Mare, lei era tutto il contrario di com'è adesso.
Ha iniziato a bere alcool, dal vino ai superalcolici, e ne beve a grande quantità e per giornate intere fino ad addormentarsi.
Io e mio fratello ci siamo fatti coraggio a portarla da uno psicologo, con la speranza di farla rinascere.
Non è riuscita ad ottenere nessun risultato, anzi, addirittura una volta era più ubriaca del solito e stava per fare a botte con lo psicologo, quando le ha detto che deve accettare il trasferimento.
Da quella volta non abbiamo più fatto nulla, se non informarci per una comunità per persone con problemi di alcolismo.
Ci volevano tantissimi soldi e abbiamo dovuto gettare la spugna.
Oltre all'abuso di alcool, si è aggiunto anche a quello del fumo: è capace di fumarsi due pacchetti al giorno.
A volte mi chiedo come abbia fatto a non essersi ancora ammalata.

Mio padre Carlo ha quarantacinque anni e lui non si accorge di quello che accade in casa o, meglio dire, se ne lava le mani.
A lui importa solo del suo grande stipendio da capo direttore di una ditta metalmeccanica di cui ama tantissimo vantarsi con i suoi amici colleghi, mantenendo un atteggiamento superbo, pensando di far invidiare chiunque.
In casa non c'è quasi mai: inizia a lavorare dal mattino presto e torna alla sera tardi.
Quindi avere due minuti di dialogo con lui, è praticamente impossibile e me ne dispiace, perché il rapporto con un genitore, madre o padre che sia, è importante per un adolescente.
Non so quante volte, io ho sentito davvero un gran bisogno di passare del tempo con lui, ma è stato inutile.

Fortunatamente in mezzo a questo casino familiare, ho un fratello maggiore.
Si chiama Alessandro e ha ventiquattroanni.
Descriverei mio fratello come il fratello che tutte le sorelle vorrebbero: simpatico, solare, protettivo nei miei confronti e molto premuroso.
È l'unico membro di questo famiglia ad essere stato molto forte ad accettare questo trasferimento, anche se è entrato in crisi negli ultimi tempi.
Da qualche tempo sta provando a cercare un lavoro per tutto il Piemonte, ma nulla da fare: è un'impresa che si rivela essere difficile, soprattutto se c'è anche la crisi di mezzo.
Quando vivevamo a Vietri Sul Mare, Alessandro avrebbe voluto studiare architettura all'Università di Napoli per poi andare a convivere con Luisa, la sua fidanzata da otto anni.
Per il momento vivono il loro amore a distanza, riuscendo ad organizzarsi a vedersi almeno due volte all'anno.

Ora è arrivato il momento che odio tanto: parlare di me stessa.

Io mi chiamo Assunta e ho quasi diciannove anni.
Frequento l'ultimo anno di liceo classico, che non è stato scelto da me, ma dai miei genitori perché, secondo loro, con il diploma da liceo classico garantisce molto bene la mia futura carriera lavorativa e universitaria.
La verità è che non mi ci vedo a studiare versioni di latino e greco antico, ma studiando interi pentagrammi di note musicali.
La coincidenza vuole che il liceo musicale e il liceo classico è tutto in un unico istituto e ogni giorno mi viene un magone quando vedo i ragazzi del liceo musicale, soddisfatti della loro scelta.
Quando attraverso il corridoio per andare alla mia classe, vedo tanti fogli appesi sui muri che propongono corsi di canto, di piano o di chitarra.
Sarebbe tutto bello, se non fosse per Marco che, ad ogni mia iniziativa, mi smonta psicologicamente.
Marco è il mio ragazzo da quasi due anni, però io sono infelice con lui.
Ha un brutto carattere che tende ad essere criticone, arrogante e lunatico.
Secondo lui, pensa che io sono viziata, che devo maturare e pensare solo allo studio e alla famiglia.
Ritiene che il fatto che se io partecipo a questi corsi, sia da persone egoiste e ogni volta mi sento in colpa e così facendo, non ho il coraggio di ribellarmi davanti a lui.
Sono innamorata ed è difficile per me , lasciarlo andare dalla mia vita.
Pensavo che almeno lui mi avrebbe dato gioia qui a Torino, invece mi sbagliavo.

Io ho già chi mi regala gioia e tranquillità.
È l'unica persona che mi aiuta davvero e non può farlo fisicamente, ma solo con la sua voce meravigliosa.
Riesce sempre ad essere vicino a me sia quando vorrei gridare di gioia, sia quando mi crolla il mondo addosso.
Questa persona è un qualcosa di meraviglioso tra la libidine e l'essere a tre metri sopra il cielo.
Questa persona è Rocco Hunt.
È salernitano come me e abbiamo la passione della musica in comune.
Ascolto sempre le sue canzoni, che sia di giorno o di notte, e mi è anche capitato di addormentarmi con la sua musica accesa nelle cuffiette.
È davvero fantastico.
Chissà se avrò mai la fortuna di poterlo vedere dal vivo e di abbracciarlo.
Sento già che sarà un sogno impossibile e con questo mi riporta nella mia crudele realtà.

Forte Come Una Tigre (#wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora