1

67.8K 1.8K 1.6K
                                    

       

Mi vestii di fretta quel giorno.

Indossai un paio di jeans, una canottiera bianca e le mie Converse rosse. Impiegai meno di mezz'ora a prepararmi e, come tutte le mattine, spazzolai i lunghi capelli scuri e inforcai i miei occhiali spessi.

Sì stavo andando a scuola, ma solo per leggere i voti di fine anno sul tabellone.

Quando giunsi al cancello del liceo scientifico Albertini, tra le tante chiome che popolavano il cortile, riconobbi subito la testa color miele di Alice.

«Sofia, dai vieni!», mi chiamò lei.

Parcheggiai la bicicletta contro le ringhiere di ferro, beandomi per qualche attimo del leggero venticello che alleviò la fatica d'aver pedalato sotto al cocente sole di mezzogiorno.

«Ciao Ali! Hai già preparato la valigia?».

Io e Alice ci lanciammo le braccia al collo come due amiche che si ritrovavano dopo un'eternità, quando in realtà eravamo state lontane solo quattro giorni. Inseparabili sin dalle scuole elementari, vivevamo in simbiosi e ci raccontavamo tutto, anche le cose più insignificanti. Trascorrevamo le giornate a scambiarci continui messaggi vocali su WhatsApp, incuranti delle lamentele dei nostri genitori.

«Mia madre me l'ha ripetuto fino alla nausea!», fece lei gettandosi i lunghi capelli biondi alle spalle. «Posso venire solo se ho la sufficienza in tutte le materie!».

Le rivolsi un sorriso speranzoso, volando con la mente al nostro campeggio estivo.

Quest'anno avevamo organizzato la nostra prima vera vacanze da sole, un viaggio che stavamo preparando da mesi, ma sul quale i nostri genitori avevano avuto l'ultima parola. Erano stati irremovibili: pagella perfetta o niente vacanza. Perfetta nel mio caso, ovvio, nel caso di Alice... quantomeno passabile.

«Beh, andiamo a scoprilo no?», proposi guardandola boccheggiare per la calura che incombeva sulle nostre fronti imperlate.

Ci addentrammo in quello che era il nostro liceo scientifico, un istituto vecchio, umido, nonché bisognoso di una bella intonacata alla pareti.

Sentii l'agitazione impossessarsi della mia migliore amica, quando mi prese sotto braccio e strinse la pelle del mio braccio con forza.

«Sta tranquilla, Ali», provai a calmarla, mentre giungemmo nella palestra della scuola.

Era lì che stavano affissi i tabelloni con i voti di fine anno, ed era proprio lì che si concentrava la maggior parte dell'ansia e dell'incertezza di tutti gli studenti. Di tutti tranne me, perché io ero tranquilla. I miei voti erano impeccabili. Cosa sarebbe andato storto?

«Ferrari! Venuta curiosare i voti degli altri, eh?».

La voce canzonatoria del mio amico Mattia mi riportò alla mente le interminabili chiacchierate che facevamo durante l'ora di religione.

Indossava una canottiera da basket sopra ad un paio di pantaloncini sportivi.

La sua testa di capelli corvini era sempre spettinata, e lo fu anche quando si sporse più in alto di tutti per cercare il suo nome.

Mattia Bicchi.

Mi cadde l'occhio sulla sua sfilza di voti e non potei fare a meno di notare che non erano affatto male. Poi scesi alla F e feci scorrere il dito lungo la mia fila.

Sofia Ferrari.

8 - 8 - 8 - 9 - 9 - 8 - 9 - 8 - 9 - 8 - 8 - 8

«Oddioooooo!!!! Si parte domaniiiii!!».

#ODIetAMOWhere stories live. Discover now