Capitolo 11

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Il risveglio è strano. Per così dire.
Sono di lato che osservo l'altra stanza e guardo le spalle di Junhoe, ancora. Non ho dormito quasi per niente e infatti Chanwoo si è lamentato più volte durante la notte del fatto che mi rigirassi troppo tra le coperte. Ad un certo punto ho quindi deciso di scegliere una posizione comoda abbastanza e di smettere di tentare di prendere sonno, facendomi bastare gli intervalli di appisolamento di breve durata. Ho avuto numero notti insonni, ma mai per motivi del genere, mai per aver litigato –in un qual modo- con una persona.
Neanche Junhoe, comunque, si è mosso tanto.
Ricordo solo che stava a pancia in su e l'attimo dopo, quando ho riaperto gli occhi, era steso di lato e mi dava le spalle. Non saprei se interpretare il gesto come voluto e quindi per evitare il mio sguardo o come semplice ricerca di comodità in un letto che non è il suo.
Credo più la prima.
«Sunhee, puoi andare tu in bagno stamattina prima di me, se vuoi» Yuna è già in piedi e sistema per l'ennesima volta i suoi indumenti nei cassetti e nell'armadio della stanza. Si è portata davvero tante cose, ma d'altronde non la biasimo: è parte dello staff nell'ambito di moda e sicuramente vuole che questo sia evidente sul lavoro.
Annuisco soltanto alla sua concessione e altrettanto in silenzio cerco cosa mettermi tra i miei vestiti già sistemati, senza alzare la testa oltre il muro al rumore delle coperte del letto di Junhoe che si spostano.


«La colazione è la mia parte preferita della giornata» asserisce Jiwon, una volta seduto al tavolo. Ingurgita una quantità assurda di cibo, e sembra non rendersi conto che l'aria tra tutti noi è abbastanza pesante, forse per il sonno, perché non mi spiego altro. La cosa davvero inquietante è che il primo a non dire niente sia Jinhwan, il quale semplicemente a volte mi guarda, seduto di fronte a me, e alterna le sue occhiate a un morso della sua colazione o un sorso della sua bevanda. E' pensieroso e me ne rendo conto, ma davvero non ho la forza psicologica di dirgli niente, adesso. Ci penserò più tardi.
«Perché state tutti così? E' successo qualcosa che non so?» chiede ancora Jiwon, realizzando che il silenzio sia un dettaglio inusuale. Nessuno dei presenti accenna neanche minimamente a voler fornire una risposta.
«Rilassati un po', Ji, siamo solo assonnati» risponde una voce alle mie spalle e non ho bisogno di girarmi per sapere che appartiene a Junhoe. Gira attorno al tavolo e prende posto tra lui e Jinhwan, evitando prontamente di alzare lo sguardo dal suo piatto con poco cibo. Il più grande nota come me la misera colazione e manda al moro un'occhiataccia, senza però proferire parola al riguardo. Solo, mastica con più violenza il suo pasto, la mascella contratta. Sobbalziamo tutti quando si alza dal suo posto con violenza e afferra il suo piatto.
«Non vi reggo più» dice e sparisce fuori dalla stanza. Incontro le iridi di Junhoe, ma dura un attimo, perché distolgo lo sguardo e mi alzo a mia volta dopo aver deciso di non voler stare seduta qui senza Jinhwan.


Inizio a sentire di dover parlare con il mio amico sempre di più man mano che la giornata procede.
Nel pomeriggio l'agenzia che ospita la nostra offre una visita nei luoghi tipici della città e, non riuscendo a reggere Yuna che parla senza interruzioni o qualsiasi altra persona, speravo di poter godere dell'appoggio silenzioso di Jinhwan. Lui, però, mi evita come se avessi la peste e sbuffo con evidenza quando tento di nuovo di avvicinarmi senza risultati soddisfacenti.
La voce fastidiosamente deliziosa dell'assistente giapponese che ci guiderà nella nostra permanenza fa roteare i miei occhi istintivamente e calcio un sassolino nel momento in cui pronuncia un'altra volta il nome di Junhoe con quel suo accento distorto.
«June» lo richiama con il nome con cui è noto nel gruppo «guarda un po' questo laghetto!» e lui fa semplicemente quello che conviene, annuendo o sorridendo appena quando dice qualcosa che richiederebbe più partecipazione da parte sua.
Ammetto che mi innervosisce questo interesse e ammetto anche che sono felice che dal moro non sembri essercene poi così tanto.
Perché ho accettato questo lavoro? Avrei potuto sin dal principio racimolare qualche soldo il necessario per fare richiesta della borsa di studio e trovare un lavoro part-time per le altre spese. E invece no! Devo vivere quest'esperienza lavorativa da sogno con preoccupazioni di ogni genere verso una persona per cui non dovrei averne. Accidenti a me.
Sono fidanzata, per l'amor del cielo.
«Pensierosa quest'oggi?» chiede Mike avvicinandosi a me che ormai ho dato le spalle alla scena pietosa di qualche minuto fa.
«Un po', Jinhwan mi sta evitando» ammetto, trovando nello stilista qualcuno di cui posso fidarmi adesso.
«Ho notato dei comportamenti strani, in effetti» commenta lui con una mano sotto al mento «Hai provato a parlarci?»
«No?» propongo con un tono di ovvietà «Ho detto che mi evita»
«Non mi sembra che Jinhwan sia una persona troppo restia ai chiarimenti» spiega il suo punto di vista Mike «Probabilmente per questa volta dovrai essere tu a fare il primo passo»
Emetto un lamento e mi stropiccio gli occhi, fregandomene del filo di trucco accennato stamattina per coprire i segni evidenti di una notte insonne.
«Quando cavolo ce ne andiamo da qui?» domando in risposta, evitando le parole dello stilista.
«Forza, Sunhee! Goditi l'ambiente»
«Ci tornerò da sola e senza tutto questo schiamazzo» dico un po' troppo ad alta voce, udendo da lontano Junhoe e la giapponese parlare, e attraverso un piccolo ponte per allontanarmi maggiormente in vista dell'irritazione che aumenta. Continuo a camminare e vedo Jinhwan seduto ad una panchina sotto un albero, cercando magari di rilassarsi.
Mi viene sinceramente da piangere e voglio il mio Jinny che sa sempre cosa dire.
Metto da parte per un attimo il mio temperamento aggressivo e mi lancio sulle sue spalle per abbracciarlo più forte possibile, seguendo il consiglio di Mike.
«Ma che diamin-» non riesce a finire di parlare perché precedo ogni sua richiesta dicendo «Jinny, per favore, non essere arrabbiato, ho bisogno di te» e chiudo gli occhi sperando che non mi cacci via dopo una dichiarazione così emozionante.
«Però non stritolarmi» risponde e allento la presa solo per potermi sedere di fianco a lui e abbracciarlo ancora.
«Cosa devo fare con te?» dice sospirando e accenno una risata perche, cavolo, ricorda davvero mia madre.
«Perché sei di cattivo umore?» chiedo, lasciandogli lo spazio per respirare ma afferrandogli comunque una mano. In questo istante ho bisogno di conforto e Jinhwan è il mio nuovo pupazzo umano.
«Mi fate esasperare»
«E' per qualcosa che abbiamo detto?>> 
Ma Jinhwan scuote la testa e stringe di rimando la mia mano, fermandosi a fissarla pensieroso.
«Non possiamo parlarne adesso, non è il caso» risponde e mi appoggio alla panchina affranta. Dovrò aspettare sicuramente stasera sul tardi per poter avere qualche risposta circa il suo comportamento, se non peggio. Sapere che adesso non mi eviterà più, mi concede la volontà sufficiente per poter sopportare l'attesa e, osservando nuovamente il suo volto contrito, gli accarezzo una spalla con conforto. Non ho idea di cosa voglia parlare, ma cercherò di aiutarlo in ogni caso.

Egocentric (jun)HoeWhere stories live. Discover now