Capitolo 1- Elena-

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Ero diretta lontano da casa, avevo smesso di porre domande, avevo perso la voglia di parlare, ero stata trasformata in un guscio vuoto lasciato lì a marcire nel suo stesso dolore.

Soffrivo così tanto, portavo in me quel tormento e quel dolore che non ti lasciano mai, che ti porti dietro come fossero una valigia pesante, ma che non puoi abbandonare nemmeno se lo desideri ardentemente, non puoi, perché è ormai parte di te.

In quel momento non riuscivo a provare altro che vuoto, un profondo e immenso buco scavato dentro di me, persino l'amarezza e la sofferenza dei ricordi era talmente costante da essere quasi sopportabile, quasi abitudinari.

Mentre prendevo la via che sapevo avrebbe trasformato per sempre la mia vita da quel giorno in poi, con la mente ripercorsi la settimana passata, quei giorni che mi avrebbero segnata fino alla fine.

18 Luglio, una settimana prima.

La finestra semi aperta lasciava infiltrare nella mia camera quel leggero sentore di umido caratteristico di un tempo degno di un temporale, tutto profumava di pioggia, e le gocce che battevano contro il vetro della mia finestra procuravano quel leggero rumore di ticchettio che in un qualche modo mi regalava sempre un senso di tranquillità. Seduta sul mio letto ascoltavo quel tenue suono, con la testa china sul libro di storia.

Decisi di scendere di sotto nel salone, mia madre aveva insistito perché io quel giorno studiassi per recuperare, ma la concentrazione non ne voleva sapere di arrivare. Scesi dal letto poggiando il libro su di esso e uscii dalla mia stanza.

Quando scesi le scale trovai mio padre sul divano intento nel leggere il giornale; principalmente gli interessava lo sport, sulla politica non era mai stato un grande luminare. Mentre mia madre doveva essere rinchiusa in cucina a preparare la cena. Come suo abituale rito doveva avvantaggiarsi le cose da fare, nonostante fossero soltanto le due e mezza del pomeriggio. Era una di quelle donne che mai avresti visto a riposo.

« Già finito di studiare?» mio padre aveva interrotto la lettura sollevando lo sguardo su di me. Feci segno di no con la testa, scendendo gli ultimi tre gradini e andandomi a sedere accanto a lui.

« Non mi va di studiare ora.»

« Elena, lo sai che sei indietro col programma di storia e devi recuperare.»

« Non è colpa mia se la nostra professoressa non è venuta! E poi devo iniziare il primo, quindi in ogni caso, di solito, si ripassano gli argomenti vecchi» rivolsi lo sguardo su mio padre in cerca di una conferma alla mia teoria. Lui per tutta risposta sollevò gli angoli della bocca regalandomi un piccolo sorriso, annuendo appena e tornando alla sua lettura.

Erano sempre stati molto severi sullo studio, lo ricordavo bene. Fin da quando era iniziato per me il periodo della scuola mi avevano spronata a fare più degli altri, per dare il meglio di me, non che alla fine gli interessasse molto del voto scolastico.

L'unica cosa che desideravano davvero era che io conoscessi i fatti, avessi una mente aperta in grado di recepire informazioni e di poterle scovare senza il bisogno dell'aiuto di qualcuno.
Anche se a dire la verità mi avevano sempre spronata in tutto: mia madre aveva insistito perché svolgessi sport per l'autodifesa, e nonostante non fossero mai rientrati nei miei preferiti, alla fine avevo ceduto e ne avevo praticati parecchi, imparando a sferrare pugni sui sacchi (per mia fortuna senza confrontarmi con una persona vera) e a centrare le parti più vulnerabili di un uomo o di una donna.

Sapevo di essere ferrata con la memoria, ricordavo ogni mossa e ogni movimento necessario, ma non ero altrettanto brava nella pratica corpo a corpo.

[IN PAUSA] Priests-Un legame sancito col sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora