Capitolo 3

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Mai si era visto un Harry Styles più rosso in viso di così.
Paul lo intimoriva con quello sguardo da duro puntato su di lui, quasi come se avesse commesso un omicidio.
"Contatterò i servizi sociali"
"P-Paul io ti ho già detto come stanno le cose! Poche settimane e tutto torn.."
"Poche settimane? Ma dico, sei diventato pazzo? Il tour? Le fan? Non ci hai pensato a questo?"
Paul lo domandava più a se stesso che al riccio, girovagando per la stanza in cerca di una soluzione.
"Ci sono! Potremmo lasciarla qui con un familiare o una baby sitter, eh?"
Effettivamente Harry non aveva pensato a questa opzione, d'altronde sua madre aveva sempre amato i bambini ed era sicuro che dopo uno shock iniziale lo avrebbe aiutato di buon grado.
"Paul, sei un genio"

La nuova villetta di Anne distava parecchio dal centro di Londra. Dopo il grande successo dovuto alla band aveva acquistato un piccolo pezzo di terreno per ripararsi dai giornalisti troppo curiosi e dalle morbose fan.
Quando furono arrivati Alison dormiva già da un pezzo. Il vento primaverile tirava forte e selvaggio senza impedimento, Harry odiava per questo l'aperta campagna.
"Alison, svegliati"

Non voleva ammetterlo neanche a se stesso ma un forte bruciore di stomaco cominciò ad affliggerlo. L'ansia giocava brutti scherzi delle volte e lui ne era pieno in quel momento.
Frettolosamente raccolse la bambina, doveva sbrigarsi e tornare a casa prima dell'inizio della serata al Kingstone, un famoso e gigantesco pub londinese finanziato da loro.

Robin spalancò la porta dopo qualche secondo, mostrando tranquillamente la camicia sporca di salsa barbecue.
"Oh Harry, che sorpresa!"
Sorrise sinceramente e con affetto. I due andavano tanto d'accordo nonostante l'assenza di legami di sangue.
"Hei Rob, posso entrare?"
Questo notò appena la figura minuta stretta tra le braccia di Harry.
"Chiamo subito tua madre"
E velocemente corse, per quanto il largo panzone gli permettesse, verso la cucina;

La reazione di Anne non fu meno sconvolgente.
Rimase, poverina, per più di cinque minuti distesa sul pavimento dopo le parole "mia" "figlia" "aiutami" usate nella stessa frase.
A farla sorridere fu la tenerezza di Alison che tentava di stropicciarsi gli occhi appena sveglia.
Stringeva il collo di Harry come se fosse l'unico appiglio sopra il vuoto assoluto. Il riccio giurò di non averla mai vista tanto terrorizzata e, per un secondo, provò compassione. Cambiare continuamente casa, non vedere più la propria madre, essere obbligata a vivere con dei perfetti sconosciuti.
"Quando pensavi di dirmelo, eh?"
"Mamma io.. Io non ne sapevo niente. Non sto scherzando, ho bisogno che la tenga per un po' con te"
Anne aveva gli occhi lucidi e nervosamente si accarezzava la fronte. Si avvicinò alla bambina, accarezzandole dolcemente il capo.
"Ciao piccola, io sono la tua nonna"
Tirò su con il naso un paio di volte per poi continuare.
"Puoi chiamarmi così, altrimenti va bene anche Anne. É il mio nome. Il tuo qual è?"
"Non ti risponde, lei non parla"
Tagliò corto Harry.
"È muta?"
Domandò un Robin scandalizzato.
"No, solo molto testarda. Si chiama Alison qualcosa.. Ah! Alison Eirene!"
Anne guardò suo figlio nel peggiore dei modi; sapeva quanto fossero intelligenti i bambini, loro avvertivano tutto e non avrebbe dovuto trasmetterle tanta noncuranza.
Fissò la salopette estiva della bambina ed il meraviglioso viso. Bellissima, sì, ma un po' pallida.
"Devi avere fame"
Alison le annui e una volta scesa dalle braccia di Harry strinse la mano della nonna, che la condusse in cucina.
"Robin.. Io, devo andare. È meglio che non mi veda uscire perché è una bambina tanto particolare e non mi lascerebbe aria. Torno domani, credo.."
"Ragazzo, non varcare quella soglia senza averla salutata. Lei e tua madre. Non credi che meritiamo qualche spiegazione in più?"

La situazione stava degenerando, ma come gli era saltato in mente?
Sbuffando raggiunse la cucina notando che sua madre aveva ceduto il suo piatto di carne e insalata ad Alison.
Aveva scoperto di essere nonna da due minuti ed era già la migliore.
"Mamma, davvero io.. Devo andare. Torno domani, okay?"
Alison scattò verso di lui, aveva già capito tutto. Lui non la voleva, aveva lasciato le sue valigie in soggiorno e non sarebbe tornato.
Anche sua mamma di tanto in tanto lo faceva. Solo qualche partita alle slot e torno amore, le diceva. Ma poi non tornava mai prima di cinque ore.
Non ebbe il coraggio di afferrargli la mano, semplicemente giocò la sua carta migliore.
Continuò a fissarlo ad occhi lucidi, occhi che pretendevano una risposta, una parola.
"Non vieni con me, non puoi. Hai sentito che torno domani?"
Harry non poté fare a meno di notare i suoi occhi riempirsi come vasche da bagno. Indurì la mascella, non avrebbe dovuto cedere. E non lo fece, voltò le spalle e andò via.

Alison.Where stories live. Discover now