capitolo 13

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Dopo il discorsetto di Ania, torniamo in sala e ci rimettiamo sedute al tavolo, ma forse per quello che la mia amica mi ha detto, o forse per l'aver interrotto quel gioco di carezze, sta di fatto che mi sembra svanita la magia che sentivo prima. Ignazio ed io non ci siamo più guardati, tanto meno ci siamo sfiorati in alcuna maniera per il resto della cena, figuriamoci pensare di tornare ad allacciare strette le nostre mani come stavamo facendo prima di essere interrotti. Mi è piaciuto quel contatto inaspettato, è inutile che provi a negarlo a me stessa. Anche se ora ne sono turbata, nonostante si sia trattato solo di intrecciare le nostre dita, è stato un momento che non esito a definire intimo.

Una volta terminato di mangiare, ci alziamo dal tavolo, ma decidiamo tutti di rimandare i saluti alla mattina seguente. Infatti i ragazzi e il loro gruppo scelgono di uscire per andare in una famosa discoteca della zona, Ania decide di andare con loro, io però declino l'invito. Piero prova ad insistere un po', Ignazio si limita a gettarmi qualche rapida occhiata, ma io continuo a rifiutare sostenendo di avere del lavoro da fare ancora in albergo. Così saluto il gruppo che vedo uscire dall'hotel e mi dirigo in camera mia ancora scossa dalla serata.

Varco la soglia della mia stanza e passo almeno 30 secondi immersa nel buio mentre sono appoggiata alla porta con la schiena, poi accendo la luce e comincio a camminare avanti e indietro per la camera come una tigre in gabbia.
Non posso andare a dormire, perché ho ancora in testa quello che mi ha detto Ania e mi sento ancora addosso le mani e lo sguardo di Ignazio. Magari domani prima che partano potrei provare a parlare con lui, provare a spiegargli il perché dei miei comportamenti, magari chiedergli il perché dei suoi... chissà forse possiamo tentare di cominciare tutto da capo. Vengo richiamata alla realtà da qualcuno che bussa alla porta. O Dio, per favore, problemi gestionali ed organizzativi dell'albergo stasera no! Non riuscirei a gestirli, non ho la mente abbastanza fredda per affrontare questioni di tubazioni, biancheria o vicini rumorosi...

Mi dirigo rapida verso la porta e la apro senza neanche chiedere chi è. E mi ritrovo Ignazio lì davanti a me, che tiene nelle mani una bottiglia di spumante e due calici. Ha tolto la giacca, per rimanere con la sola camicia, che però ha sbottonato per un paio di bottoni in più rispetto a prima, pantaloni neri, il ciuffo leggermente scarmigliato e ancora quegli occhiali da vista da bravo ragazzo, che fanno a cazzotti con il suo modo di essere e la sua espressione da delinquente, ma che gli stanno divinamente.
Possibile che ogni volta che lo vedo mi sembri più bello della volta precedente?
Sono qui imbambolata davanti a lui, non dico niente. Mi limito a guardarlo, e lui a guardare me.

Dopo qualche secondo stacco la mano dalla maniglia della porta, mi giro e, sempre nel più totale silenzio, cammino verso la poltroncina che è posizionata ai piedi del letto, per poi lasciarmici andare sopra a sedere. Lui è ancora immobile sulla soglia, così trovo finalmente il coraggio di dire: "allora Ignazio, vuoi entrare o hai intenzione di passare il resto della serata lì impalato?" e mentre lo dico mi esce anche un sorriso spontaneo, che lui ricambia, prima di abbassare per un attimo lo sguardo. È la prima volta che lo vedo completamente sincero e senza filtri. Forse finalmente sto vedendo il vero Ignazio, quello che fino ad ora si è sempre celato dietro una barriera fatta di arroganza e ostentata sicurezza di sé.

Anche lui pare prendere coraggio, lo vedo muovere un passo dentro la stanza e poi con un piede dà un colpetto alla porta affinché si chiuda. Si avvicina alla poltroncina sulla quale sono seduta, appoggia i calici sul tavolino che è qui al mio fianco, e stappa la bottiglia di spumante. Poi ne versa due generose dosi nei flut. Mi alzo in piedi per fare con lui un brindisi silenzioso, ci limitiamo a far tintinnare i bicchieri. In questo momento ogni parola sarebbe superflua, ci stiamo dicendo tutto con gli occhi che sono incollati, con i mezzi sorrisi, con le mani che si cercano. Dopo aver bevuto qualche sorso lui ripone il suo bicchiere e fa altrettanto con il mio, che mi ha sfilato dolcemente dalla mano. Poi, sempre con estrema delicatezza mi invita a tornare a sedermi sulla poltroncina. Mi rendo conto che sono praticamente inerme, una sorta di bambola di pezza nelle sue mani. Maronn! Poco più di vent'anni e ampiamente in grado di far perdere la bussola ad una donna di trenta.

"Scommettiamo Che Mi Ami?"{IB}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora