Capitolo 11

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Mi stacco da lui come se mi avesse appena dato la scossa e cerco di decifrare le reazioni dei miei amici. Matteo, dal canto suo, rimette il suo ghigno strafottente sul volto e si siede comodo sul tavolo, come se stesse per assistere ad un grande show.

"Silvia adesso tu ci racconti immediatamente cosa diavolo è successo, perché sei corsa incontro a Giacomo piangendo, perché non hai chiamato me, perché hai gli occhi lucidi, perchè siete entrambi pieni di tempera e, soprattutto, perché eri abbracciata a quello!". Leggo la rabbia ed il disprezzo nella sua voce, e questo mi preoccupa"

"Scusa Silvia posso spiegare io alla rossa cosa è successo prima che inizi a darmi dello stupratore seriale o devo farlo fare a te così da farti avere un'altra crisi?"

Matteo. Annuisco semplicemente.

"Allora, Emma suppongo, non ti ha chiamata perché eri di là a pomiciare con il tuo referente, quindi calmati. Ha gli occhi lucidi perché ha appena finito di piangere. Sta così ed è corsa incontro a Giacomo in lacrime perché quel gran bastardo del suo ex ragazzo non solo ha fatto sesso con lei senza avere il minimo riguardo di come si sentisse, ma le ha anche detto che lei è solo una cavia dei suoi esperimenti e una pedina per i suoi scopi, ammettendo inoltre di non averla mai amata. Ah e siamo pieni di tempera ed era abbracciata a quello perché ho provato a farle staccare il cervello."

Em è incredula e Giacomo mi guarda con ribrezzo, e questo mi spaventa.

Tante volte nella nostra testa facciamo un sacco di pensieri che poi non abbiamo il coraggio di dire a nessuno e non perché non abbiamo qualcuno a cui dirli, ma perché semplicemente ci sembrano indegni di portare via anche solo il tempo che ci vuole effettivamente ad esprimerli a voce; altre volte invece li teniamo per noi perché siamo consapevoli che il dirli ad alta voce comporterebbe il renderli reali, e questo potrebbe annientarci; c'è una terza opzione, la peggiore forse, e questa non riguarda tanto l'essere noi a dire o a pensare, ma il fatto che sia l'altro a raccontare qualcosa che ci è accaduto: la nostra mente tende talvolta a negare gli avvenimenti e quando sono gli altri a raccontarli non possiamo più negare nulla.

La verità è che io avevo provato ad affrontare solo la parte di Luca e di oggi che potevo sostenere, per quanto miseramente, ma Matteo e il suo racconto reale al punto da diventare devastante mischiato alla reazione dei miei amici non mi permettono più di ignorare nulla. Vedo davanti a me ogni scena: i suoi occhi due giorni prima e la promessa di sposarmi, l'ultima volta che ho dormito al suo fianco, la sua mano che intreccia la mia, il suo sorriso, il suo modo di dirmi che mi amava, i nostri sguardi complici ed innamorati, la nostra prima volta, i nostri baci, la rabbia, l'umiliazione, le sue mani su di me che mi causano ribrezzo per la prima volta, il "sei una pedina", "consideralo un addio". Emma mi corre incontro e mi abbraccia come solo lei sa fare mentre si guarda intorno e cerca di dare un senso ai molti fogli sul muro. Probabilmente lo intuisce immediatamente perché prende un foglio, gli dà la forma di un cuore e ci scrive sopra "E guarirai da tutte le malattie perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te!".

Giacomo invece se ne va sbattendo la porta e poco dopo va anche Em dicendo che deve risolvere delle cose con Nicco e che poi stasera andiamo da lei.

Non so cosa dire né cosa fare, ma per fortuna Matteo pensa da sé a rompere il silenzio.

"Scusami per il bacio di oggi, non avrei dovuto. Scusami anche per l'abbraccio e le parole di prima... erano decisamente inopportune."

"Non devi assolutamente scusarti, ovvio avrei preferito un metodo diverso da un bacio, ma comunque ti devo ringraziare: senza di te sarei ancora la ragazza innamorata dell'uomo troppo perfetto per essere vero e ciò non sarebbe positivo per nulla. Posso farti una domanda?"

"Certo"

"Perché mi hai consolata? Non ti è venuto indietro nulla da ciò che hai fatto e non eri tenuto a farlo..."

MATTEO'S POV

Eccola la domanda. Quella che avevo tanta paura che mi avrebbe fatto. Pensavo ci avrebbe messo qualche giorno ad elaborarla così che io avrei potuto trovare una risposta adatta o quanto meno nel mio stile, ma non è così. In fondo è solo Silvia, una ragazza a caso, quindi dire la verità alla fine valuto non sia poi così una così brutta opzione.

"Mi sentivo coinvolto..."

Beh dai si farà piacere una mezza verità.

"Grazie, davvero. L'idea dei fogli era magnifica e almeno mi sono sfogata un po'."

"Figurati. Ora posso fare io la domanda?"

"Anche se dicessi di no cambierebbe qualcosa?"

Perché riesce a darmi sui nervi anche in questo stato!?

"No, cara principessa. Cosa rappresentano quella stella e quelle lettere?"

Non so come sia possibile, ma mi sembra di aver fatto la domanda perfetta e il suo volto si illumina.

"Quella è Antares, il nome è scritto in greco, o se preferisci Calbalacrab, la mia stella. Quando ero piccola capitava spesso che confondessi stelle e pianeti e mi ricordo benissimo di aver scambiato questa stella per Venere, visto che era così bella e luminosa da non poter essere associata a nessun altro astro; mio padre mi aveva corretto e mi aveva spiegato che in realtà quella che vedevo era una delle stelle più luminose del cielo e che il suo nome derivava da una lingua vecchissima, il greco antico, e che significava simile a Marte a causa del suo colore rosso. Non hai idea di quanto ci fossi rimasta male! Per me quella stella era bellissima e non poteva avere somiglianze con il dio della guerra! Papà poi mi aveva detto che allora bisognava cambiarle nome per forza e darle quello di una creatura meravigliosa: da quel giorno il suo nome, almeno per ni due, è Silvia."

Sorride nostalgica.

"E dove si trova?"

"Costellazione dello scorpione, il nome arabo deriva infatti dal greco Καρδία Σκορπίου: nel cuore dello scorpione"

Mi sento stranito. Come si può amare così tanto un astro celeste da arrivare addirittura a cambiargli nome? E un padre così amorevole, davvero esiste? Perchè se sì allora forse solo io ho avuto la sfortuna di non averlo... Avevo sempre pensato che le cose per cui valesse la pena vivere fossero il sesso, gli amici, la Q.C.C., le mie serate in discoteca, i baci senza un significato, l'euforia dell'ubriacatura ed avere un minimo rispetto da parte di mia madre e di mia sorella, così da non avere problemi con loro. Ma questa ragazza mi ha fatto intuire che forse c'è di più, che la felicità non è insita nelle grandi sbornie o nella scopata con la puttanella di turno bensì negli attimi, nelle parole di quel momento in quel luogo, in una stella. E in questo istante ho voglia di sapere cosa c'è di bello ne "La cura" di Battiato, che a me pare tanto scontata e noiosa, come si possa scegliere di propria volontà un'estate in questo posto o come sia possibile sorridere dopo una giornata come la sua oggi; voglio scoprire quante altre sfaccettature ha il mondo con lei che me lo spiega, come descrive il rumore della pioggia o il bianco della neve, perché ama tanto Einaudi e cosa dentro sé quando ascolta "Le Onde", cosa ha Giulia o ogni bambino di tanto speciale, che senso ha guardare il cielo per ore, cosa significhi per lei un bacio...

Guardo l'orologio. Sono le sei e forse è ora che lei vada ed io cerchi Elena. Mi saluta e la vedo uscire, poi la seguo con lo sguardo dal balcone. C'è un ragazzo che non ho mai visto affianco alla rossa ed appena Silvia lo vede inizia a correre e gli salta in braccio ridendo di cuore stampandogli un bacio sulla guancia; lui sembra contento di vederla e allora realizzo di essere geloso non tanto delle mani del ragazzo che sfiorano il culo di Silvia in una maniera così casta da non importare a nessuno dei due e nemmeno dei baci che lui le sta dando o della mano di lui che ora sta accarezzando i suoi lunghi capelli; sono geloso del fatto che nessuno, amico o ragazza, ha mai avuto una reazione, anche solo simile a quella di Silvia e lo sconosciuto, con me.


Ubi tu, ibi egoWhere stories live. Discover now