NOSTRA SIGNORA

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La fitta di panico mi fece barcollare e dovetti portarmi una mano al cuore. Lo sentii battere con forza contro il palmo, minacciava quasi di esplodere, eppure pian piano cominciò a rallentare, tornando regolare nel momento in cui l'imponente destriero di Alec si fermò al mio fianco.

"Ho ucciso quasi cento uomini", sussurrai a fiato corto.

Osservai uno dei tanti volti privi di ogni più piccola fiammella di vita e mi morsi il labbro per non scoppiare a piangere. Il giovane cavaliere era morto con gli occhi e la bocca spalancati, urlando per la paura o per il dolore. Una pozza di sangue gli ricopriva parte del naso tumefatto e squartato fino all'osso, gocciolando lenta lungo una guancia senza peli. L'assenza di rughe attorno agli occhi mi diceva che non doveva avere più di vent'anni.

"Saranno sepolti?", chiesi, accucciandomi per abbassare le palpebre sugli occhi di quel giovane cadavere.

"I traditori non meritano una sepoltura". Mi rispose sdegnato. "Verranno gettati nella fossa comune".

"Gli uomini la meritano", mormorai tra me e me.

"E tu reputi uomini coloro che lottano contro Dio?".

"Sarà scavata una fossa per ognuno di loro", dissi mentre mi sollevai lentamente, continuando a dare le spalle ad Alec. Poi alzai il tono in modo che tutti i presenti potessero sentirmi. "Che nessuno dorma o riposi finché non saranno scavate tante buche quanti sono i morti".

"Nadine...", Alec tentò di richiamare la mia attenzione, afferrandomi per un polso.

Lo strattonai, liberandomi con facilità.

"Sono la Signora di questo castello e di queste terre", ripresi, imprecando, quando nessuno di loro si mosse. "Ognuno di voi ormai è a conoscenza di quanto sia abile a salvare una vita. Ma oggi vi ho dimostrato anche di quanto sia facile per me toglierla. E se vi sta a cuore la vostra mi seguirete sopra ogni altra cosa e sopra chiunque altro. Sono la vostra Signora. Da adesso in poi la mia parola sarà legge".

"Nostra Signora!", urlarono in coro, portando una mano al cuore.

Dietro di me sentii l'esclamazione soffocata di Alec ma nessuna parola giunse dalle sue labbra per sminuire il mio discorso. Mi voltai, alzando le braccia per permettergli di sollevarmi sul suo destriero.

"Bel discorso. Degno di te", si complimentò, serio, partendo al trotto.

"Pensavo che fossi arrabbiato".

Scosse la testa, fissando la strada davanti a sé che si diramava nel bosco che separava il villaggio dal castello. La sua barba mi sfregava la tempia e il suo respiro si trasformava in una piccola nuvoletta di vapore davanti alla mia bocca.

"Non potrei esserlo. Non dopo che hai dimostrato di meritare il rispetto di un intero esercito".

Il destriero spiccò un salto in avanti, affondando le zampe posteriori nell'acqua gelida di un torrente e riprese il trotto.

"C'è una cosa importante che hai insegnato a noi uomini, oggi", disse dopo un pò.

"La polvere nera", annuii.

"No. Hai insegnato molto più di questo. Ci hai insegnato che l'unione fa la forza". Tirò le redini e il cavallo rallentò immediatamente. "Mia signora", mormorò contro la mia tempia, "ho criticato e deriso il secolo da cui provieni, ma in una cosa devo ricredermi".

Mi voltai, scontrandomi coi suoi occhi pieni di affetto e orgoglio.

"Non ha importanza la causa né la natura della battaglia, ma se uomini e donne lotteranno insieme, non potranno mai temere il peso della sconfitta".

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