COME FACCIO?

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La stanza era in pen'ombra. Cominciavo seriamente ad essere in astinenza della corrente elettrica. Non sapevo che avrei dato per vedere, anche di sfuggita, un interruttore al posto della candela.

Dietro di me, mio marito stava posizionando qualche ceppo nel caminetto, aiutandosi con un attizzatoio. I muscoli sulla sua schiena si flettevano ad ogni più piccolo movimento, sottolineandone la forza. Nonostante la larga casacca che gli scendeva fino ai fianchi, era impossibile ignorare la forza sprigionata da ogni tendine, teso nello sforzo di ogni movimento.

Deglutii a fatica e mi spostai accanto alla finestra. I vetri erano opachi, protetti da alcune inferriate, e si affacciavano su un cortile interno. Notai immediatamente che quel castello era praticamente invalicabile: delle grosse recinzioni in pietra cingevano il perimetro, rincorrendosi in una serpentina fortificante che curvava al limitare di un laghetto. La foresta poi, iniziava immediatamente dal confine della proprietà, allargandosi in una macchia scura indistinta. L'assenza di strade e dei fanali delle auto faceva sembrare quel posto una tela dipinta su olio. Era surreale e affascinante. Come la mancanza di rumori. L'unica cosa che sentivo era il mio cuore che pompava, allarmato, scandendo i battiti velocemente in un'attesa snervante.

Sbirciai nella direzione di mio marito quando percepii il fruscio del suo abito; si era alzato, ma non mi guardava.

Mi chiesi cosa si aspettasse da me. Mi aiutava molto il pensiero che noi due non avessimo mai fatto sesso, ma il panico restava lì, in agguato, ricordandomi quelle poche cose che avevo appreso sugli usi e costumi di quest'epoca.

La verginità nella giovane sposa era un argomento che il marito non si sognava nemmeno di mettere in dubbio. Se ricordavo bene, nel milleseicento una donna poteva benissimo essere ripudiata o uccisa, a seconda del carattere dello sposo, se questi avesse scoperto che non era più pura. Dovevo guadagnare tempo e non sapevo come. Dubitavo fortemente che mi avrebbe concesso la possibilità di spiegarmi. Quindi davanti a me restavano due opzioni praticabili: la prima, fingermi vergine e pregare tutti i santi in paradiso che lui non si rendesse conto al momento della penetrazione che non ci sarebbe stato nessun strappo dell'imene. La seconda, dovevo convincerlo a non toccarmi almeno fin quando non fossi riuscita a capire meglio in che situazione mi trovavo e in che modo c'ero finita.

In tutti i casi comunque, contro di me giocava a sfavore la mia ignoranza. Nessun libro o testo storico mi aveva insegnato cosa accadesse in una stanza da letto tra mogli e mariti. L'unica cosa che sapevo era che la donna non poteva rifiutare lo sposo e che doveva presentarsi alla prima notte di nozze completamente e assolutamente vergine. Tutto il resto, zero assoluto.

Strofinai i palmi sudati della mani sull'ampia gonna e simulai un sorriso. Con tutta probabilità mio marito si accorse della mia agitazione perchè allungò la mano senza nessuna malizia, invitandomi ad avvicinarmi.

"Vieni qua vicino al fuoco, con me", ordinò, calmo.

Un passo dopo l'altro, lentamente, lo raggiunsi. Vidi solo a quel punto cosa tenenva per le mani .Una spazzola col manico in avorio brillava alla luce delle fiamme.

"Le tue mani tremano", mi fece notare. "Hai forse paura di me?".

Lo guardai. Era molto più alto di me, gli arrivavo a mala pena al mento ricoperto da un leggero strato di barba. I suoi capelli erano scuri, fermati sulla nuca da un sottile nastro in pelle. Le spalle larghe mi facevano sentire piccola. Non mi ero mai sentita così davanti a un uomo. Nessuno nel duemilaquindici poteva vantare un fisico altrettanto scolpito e muscoloso. Ma non era questo ad intimidirmi, bensì il suo sguardo. Non aveva mai un cedimento. Era scolpito in una maschera di dura fierezza e apparteneva al quel genere di uomo che non era abitato a chiedere ciò che voleva.

Deglutii ancora appena le sue dita si posizionarono sul mio avambraccio, attirandomi a se. Il suo petto marmoreo si scontrò contro il mio e dovetti inclinare la testa all'indietro per continuare a guardarlo in volto. Sentii le sue dita affondare nei miei capelli in una carezza carica di promesse.

"Vuoi che sia io a pettinarti?", propose, avvicinando le labbra al mio orecchio. Il suo alito era un miscuglio di vino e di profumo di legna arsa.

Corrugai la fronte. Perchè cavolo voleva pettinarmi se in meno di dieci minuti ci saremmo dovuti stendere in un letto a dormire o... o... Dio, non riuscivo nemmeno a pronunaciare la parola sesso nella mia testa. Se continuavo su questa strada non mi sarebbe risultato difficile fingermi vergine.

Nella mia vita avevo avuto diversi ragazzi, anche alcuni conosciuti in discoteca e di cui non ricordavo nemmeno il volto, figuriamoci il nome. Non ero propriamente una santa, anche se, a differenza di quel che credeva la mia amica Mary, avevo molte meno esperienze sessuali di quel che raccontavo. Fingevo di aver avuto più amanti perchè credevo assurdamente che il sesso libero fosse una tappa obbligatoria per l'emancipazione femminile. L'ironia della sorte! Adesso avrei voluto solo che non ci fosse mai stato il '68.

"Non voglio pettinarmi", mi sforzai di parlare per ignorare i miei pensieri.

Fu il suo turno di corrugare la fronte. Grandioso! Dovevo aver fatto un'altra gaffe.

"Non pratichi la toeletta prima di coricarti?".

"Ma certo!", mi indignai. "Faccio il bidet ogni sera prima di andare a letto...".

"Bidet?", chiese.

Bidet = accessorio del bagno in marmo inventato dai francesi nel... nel... vabhe sicuramente molto tempo dopo il milleseicento. Sono proprio un'imbecille!

"E' un modo di dire", farfugliai, sperando che dimenticasse in fretta la mia gaffe.

Mi strinse una spalla e mi fece voltare in modo da ritrovarsi dietro di me. Mi si gelò il sangue. Cosa aveva in mente?

Invece, con mio grande stupore, l'attimo seguente sentii le sue dita accarezzarmi la nuca e le setole morbide della spazzola scivolare sulle mie ciocche.

"Da quando hai perso la memoria parli in modo strano", notò. Ma non sembrava una critica. "Ma d'altra parte non ho la pretesa di comprendere la mente di una donna".

Oh Dio del cielo guarda in giù!

"Guarda che noi donne ragioniamo come voi maschi".

La spazzola si bloccò e la sua risata riempì la stanza.

"Ti stai prendendo gioco di me, moglie?".

"No, affatto".

Mi fece voltare e mi scontrai coi suoi occhi, chiusi in due fessure divertite e maligne. "Allora dimmi, moglie, cosa sto pensando in questo momento?".

Vidi i suoi occhi spostarsi sulle mie labbra per una frazione di secondo. Le sue pupille si dilatarono e tornarono a restringersi nel momento in cui si dedicò ai miei occhi. Mio marito era un libro aperto.

"Stai pensando che vuoi baciarmi", buttai lì, senza pensare alle conseguenze.

Per una frazione di secondo sembrò sorpreso ma si riprese subito. "Sei sfacciata, mia dolce ragazza. Una qualità rara in una donna".

Ahhhh ci risiamo con questo maschilismo.

"Quello che non sai è COME voglio baciarti".

Con un passo in avanti mi incastrò tra il suo petto e il fuoco del caminetto. La sua mano si posizionò decisa in mezzo alla mia schiena, trascinandomi contro di lui. Sentii il seno schiacciarsi contro i muscoli tesi del suo petto.

"Permettimi di mostrartelo", mormorò a pochi centimetri dalle mie labbra.

Un istante dopo le sue coscie aderirono alle mie e il suo inguine, già teso per l'eccitazione, premette contro il mio ventre. Cercai istintivamente di retrocedere ma quando lo feci, mio marito acciuffò una ciocca dei miei capelli e se l'attorcigliò nel pugno.

"Non ti permetterò di sfuggirmi", mi avvertì.

Poi le sue labbra calarono sulle mie, inghiottendo il mio grido di protesta.





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