ACCUSE

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Mentre mi stavo infilando il vestito che Alec mi aveva fatto trovare ripiegato sul letto, imprecando contro la chiusura sulla schiena, sentii la porta della stanza aprirsi lentamente, rompendo il silenzio con il suo cigolio.

Mi voltai come una furia, calciando contro il quintale di stoffa che si era attorcigliata attorno alle mie caviglie, e fissai Miss Clark.

"Serve una laurea in ingegneria spaziale per allacciare questo coso", sbottai, tirando rabbiosamente un laccio.

La cuoca si bloccò, inarcando un sopracciglio. "Padrona...".

La fulminai con lo sguardo e lei abbozzò un sorriso.

"Volevo dire: Nadine! State cercando di infilarvi da sola quell'abito?".

Soffiai su una ciocca di capelli che mi era finita sul naso. "Aiutami, ti prego".

La cuoca si ridestò e mi si avvicinò in un lampo, posizionandosi alle mie spalle. "Vi comportate come se questa fosse la prima volta che vi vestite".

E' la prima volta, urlai dentro di me.

"E parlate una lingua a me incomprensibile, se posso permettermi", aggiunse, tirando un nastro con così tanta foga da togliermi il respiro.

"Oddio, ti scongiuro, tira un pò meno. Come fate a indossare i corpetti?", mi lamentai.

Le mani della cuoca si arrestarono sulla mia schiena. "Nadine?".

C'era una nota storta nella sua voce. Mi mise sul chi va là.

"Sì?", squittii.

"Chi siete veramente, Nadine?".

Aprii la bocca, più che altro per gettare fuori un ansimo piuttosto che rispondere e la cuoca riprese a tirarmi i lacci dell'abito. Era un vestito color prugna, che lasciava le spalle completamente scoperte e mi sollevava il seno così tanto che temevo di ritrovarmelo sotto il naso. Una cintura in pelle mi cadeva sui fianchi, proprio dove un'ampia gonna si allargava fin sotto le caviglie in tre strati di spessa stoffa che si allungava in un corto strascico. Il tulle ricopriva parte del corpetto, chiuso sul retro e sul davanti da un'infinita quantità di nastro nero. Era un abito estremamente bello, di quelli che non si trovavano nemmeno nelle boutique di abiti da sposa. Ed estremamente scomodo.

"Oh, no. Non rispondete", aggiunse veloce. "Non voglio ficcare il naso in cose che non mi riguardano. Voglio piuttosto farvi notare che i miei interrogativi, sono gli stessi che cominciano a porgersi tutte le persone che vi hanno incontrata".

Mi morsi un labbro. Il panico mi fece gonfiare il petto e arrestò l'aria nei miei polmoni.

"Ho meditato sulle parole che prima mi avete detto", riprese dopo avermi aggiustato l'ultimo laccio. Il corpetto mi stringeva il petto ma dubitavo fosse esso la causa del mio ansimare. "Mi reputate uguale a voi e per questa ragione vorreste abolire la nostra differente classe sociale".

Le sue mani esitarono nell'annodare la cordina nera in mezzo alle mie scapole. "Non intendo fingere di non apprezzare il vostro pensiero. Dopo le parole d'amore di mio marito, le vostre sono state le più belle parole che le mie orecchie abbiano mai udito. Ma dovete perdonarmi se vi dico che le vostre parole vanno contro tutto ciò che ci è concesso. Se è vero che mi reputate una vostra amica, allora accettate il mio suggerimento".

Fece qualche passo di lato e mi si piazzò davanti. I suoi occhi erano tristi e preoccupati, increspati negli angoli da alcune minuscole rughe d'espressione. L'incarnato era pallido, segno che la nausea la stava ancora tormentando. Ma non riuscii a preoccuparmi, tesa com'ero a causa del suo discorso. La stava prendendo alla larga, segno inequivocabile che ciò che voleva dire mi avrebbe turbata. Ero quasi tentata di tapparmi le orecchie per non stare ad ascoltarla, ma questo non avrebbe cancellato ciò che la gente stava cominciando a pensare di me.

SE TI PRENDO SARAI MIA // Vincitore #wattys2016 "In Tutte Le Librerie d'Italia"Where stories live. Discover now