Hurts

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ATTENZIONE: Lo scrivo prima che iniziate a leggere, così durante la lettura non sgranerete gli occhi per gli errori ed orrori, che questa storia contiene. Purtroppo ne sono consapevole, anche io leggendo mi spavento per quello che ho scritto. Ma Hurts la scrissi davvero anni fa.
Quindi, beh, se continuerete la lettura nonostante ciò, ne sarò felice :)

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Cliccai ripetutamente la rotellina del mouse,scorrendo velocemente tutte le foto salvate in quel computer di alta tecnologia di cui era impossesso mia madre. Forse l'unica positiva di essere quel pomeriggio lì, era proprio quella, avere un aggeggio elettronico tutto per sé. O almeno, per quei pochi secondi.

"Lily, hai visto un vestito nero per caso?"

E lei era mia madre. Susan Wood. La cosiddetta stilista più famosa di tutta New York che ormai tutti conoscevano. E diciamo che conoscevano anche me semplicemente per questo motivo. Viveva per la moda, nient'altro che quella. Mio padre quasi non lo vedeva più, o meglio, la famiglia quasi non la vedeva più da quando faceva quel fottuto lavoro.

"Non ho la più pallida idea di dove sia." Continuai a guardare lo schermo, non degnando del minimo sguardo e aiuto mia madre. Sbuffò, e mise sottosopra tutto ciò che la circondava.

"Susan,la modella sta aspettando." Entrò dalla porta dell'ufficio la sua aiutante di fiducia. Una donna sulla quarantina d'anni, alta , bionda, più o meno l'età di mia madre. Forse qualche anno in più. Era terribilmente odiosa, invidiosa e...tante altre belle cose. Mi odiava, mi odiava da quando ero entrata lì dentro senza far nulla. Tutti i torti non li aveva,ma non era colpa mia se ero costretta a diciotto anni a stare in quel posto.

"Si,diamine! – sbottò,mettendosi le mani fra i capelli rossi – Dille che fra qualche minuto arrivo."

La bionda annuì, rivolgendomi uno sguardo da strafottente per poi rigirarsi verso la sua destinazione. Mi fracassò l'orecchio con quei tacchi alti. Anzi, quei grattacieli di tacchi. Ancora non ci era cascata?

"Susan, se continui così ti rinchiuderanno in un manicomio."

Solo una persona era in grado di essere ironica in quel modo:  Adrienne,  amica d'infanzia di mia madre nonché sua collega di lavoro. L'unica donna che sopportavo tra tutte quelle persone. Era di statura bassa, ma nonostante il suo fisico non da top model,  per me era la donna più bella di tutto il pianeta.

"Adrienne non ti ci mettere pure tu!"

La sua collega scoppiò in una risata silenziosa, e spostò subito dopo lo sguardo su di me. Mi sorrise a trentadue denti, ed io ricambiai, rigirandomi su quella sedia con le rotelle senza fermarmi. Mi bloccai solo quando mia madre urlò: "Stai ferma con quella cosa!"

"Ti ho portato questo, - mi porse un cappuccino caldo spolverato di cacao, e la mia espressione cambiò totalmente nel vedere quella meraviglia – spero ti piaccia, non c'era un distributore funzionante oggi pomeriggio!"  Disse, roteando gli occhi.
Afferrai con foga il bicchiere,ringraziandola per quel gesto così carino. Mia madre non lo avrebbe mai fatto. Mi avrebbe fatta morire di sete direttamente.

"Grazie, non dovevi..."

Adrienne mi sorrise nuovamente. Prese mia madre per un braccio e la portò fuori da quella stanza soffocante. Mi fece l'occhiolino una volta uscita fuori, ed io non potei far altro che ricambiarlo con un mezzo sorriso sulle labbra.

Soffiai sopra la bevanda, persa nei miei pensieri. Avevo sempre sopportato gli atteggiamenti scontrosi di mia madre verso di me, avevo sempre sopportato tutto. Ma da quando lavorava, le cose fra di noi non erano più come prima. Non riuscivamo più a comunicare come una volta ,anzi, forse non era mai successo del tutto che riuscissimo a parlare tranquillamente della nostra vita. Sicuramente, parlavamo molto più di adesso.

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