Eren (3)

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«Tesoro mi porteresti questi in tavola?»
La dolce madre di Eren, una donna dai capelli castani e gli occhi verdi, gli porse due cestini piccoli, uno col pane e l'altro col pancarrè.
«Perché il pancarrè?» chiese stranito, la madre faceva il miglior pane fatto in casa della storia, a cosa le serviva del pancarrè?
«Tua sorella ha preso un'altra fissa in questo periodo. Non mangia più pane ma solo pancarrè» ridacchiò e lo spinse fuori dalla cucina.
«Su, su che tra poco torna tuo padre»
«Deve tornare per forza?» sbuffò.
La madre lo guardò dispiaciuta ma non disse nulla, sapeva benissimo di avere un marito rompiscatole e purtroppo fra lui e il figlio non correva buon sangue da ormai qualche anno.
Eren si chiese molte volte come la madre avesse mai potuto amare un uomo simile, lei che era così dolce e comprensiva.
Sicuramente era una santa per sopportarlo, ma lui sicuramente no e dopo essersene finalmente liberato, doveva anche essere costretto a quei pranzi domenicali assurdi e insensati, stabiliti una volta al mese per mantenere i rapporti.
Bei rapporti.
Doveva sopportare per l'ennesima volta una giornata stressante nervoso, agitato e preoccupato perché ovviamente per lui era un infinito disagio condividere uno spazio così ristretto ed intimo con il padre, come se non bastasse ci si aggiungeva il compagno di Mikasa che in tutta onestà non gli era molto simpatico e doveva ovviamente assistere a tutte le litigate di famiglia dove lui risultava sempre la vittima per eccellenza.
Poteva almeno pretendere che rimanessero in famiglia!?
Di certo non avrebbe mai fatto un torto alla sorella, quindi si sarebbe adattato anche a quella tortura per lei.
Sentì la toppa della porta fare rumore in lontananza poi più nulla.
Stava quasi per pensare di esserselo immaginato per la tensione che provava, ma due mani gelide si posarono su i suoi fianchi da sotto la maglia.
«Ahhh! Come sei caldo Eren!»
Balzò in avanti e si tirò giù la maglia guardando adirato Mikasa
«Ma sei impazzita? Sei gelata! Da dove vieni, il Polo artico?»
La sorella ridacchiò da dietro la sua morbida sciarpa rossa, regalo di Eren di quando andavano al liceo, non se ne separava mai.
Mentre se la sistemava dopo aver lasciato il cappotto sul divano corse in cucina a salutare la madre, nel frattempo Eren studiava nuovamente il marito che ancora una volta gli parve più che sospetto.
Forse era il senso di protezione fraterno, ma quell'uomo non gliela contava giusta.
Quando la vide tornare come suo solito iniziò a squadrare il fratello da capo a piedi.
«A cosa stai pensando?» fece un sorriso sornione e si avvicinò di più.
Si portò una mano davanti al volto e borbottò qualcosa di incomprensibile.
«Sei diventato rosso come un peperone!!» scoppiò a ridere.
«Divertente» borbottò indispettito.
Si insomma...
Lo aveva toccato proprio sui fianchi?
Si era ripromesso categoricamente di non pensare al maledetto vicino e non lo avrebbe fatto!
Ma ovviamente la sorella stava mandando a farsi benedire quelle poche promesse che si era fatto.
Tornò di corsa in cucina dalla madre imponendosi di svuotare la mente prima di poterla perderla del tutto.
L'abbracciò da dietro e poggiò il naso tra la spalla e il collo, inspirò forte il suo profumo cercando di imprimerlo nella mente il più possibile per scacciare gli altri pensieri, come faceva da bambino.
La madre per lui contava molto, era la sua protettrice, il suo porto sicuro.
«Che c'è mio piccolo amore?» si preoccupò la madre conoscendo quella reazione, si girò e gli prese il volto fra le mani profumate di detersivo.
«Non dovresti chiamarmi così quando c'è il rischio che papà sbuchi da un momento all'altro» disse soltanto. Prendersela col padre era un'ottima distrazione.
Sapeva benissimo che in realtà non era vero, la madre lo difendeva sempre da piccolo perché il padre non si permetteva mai di andare contro la moglie e lui ovviamente se ne approfittava.
Cocco di mamma!
Dopotutto lei gli aveva sempre detto di essere la sua copia, timidi, impacciato, eternamente indeciso e anche un po' piagnucolone, tutte cose che a detta sua, il padre, aveva apprezzato della moglie.
Secondo quel che diceva la madre, il problema del marito era la paura, voleva crescerlo come un uomo forte e sicuro, con il suo carattere avrebbe solo a sofferto nella vita.
Di certo non lo odiava, era pur sempre il figlio, ma lo avrebbe preferito diverso e continuava dopo diversi anni a riprenderlo per ogni minima cosa.
Eren non poteva sopportarlo.
«Non arrenderti, sgancia un bel sorriso appena lo vedi, okay? Se non apprezza se la vede con me, promesso» gli baciò la punta del naso.
"Ah... Mamma~"
Tornò a guardare la lasagna...
«Ti prego non aprire quel forno...» disse vedendola con la mano sulla maniglia «... Appena mi chiudo in bagno e ingoio la chiave puoi farlo»
Si avviò per davvero verso il bagno e dietro di lui sentiva gorgogliare la risata della madre, facendo ridere anche lui.
Gli venne in mente la strana tempistica di coppia, fra lui e sua sorella, sulla questione bagno.
Ogni qualvolta uno dei due doveva correre in bagno, anche l'altro doveva stranamente andare con urgenza.
Purtroppo in quella casa avevano solo un bagno.
La vide, distratta dalle attenzioni del compagno, che si dirigeva anche lei in corridoio e come colta da un'illuminazione lo guardò e capì.
Scattò una corsa all'ultimo sangue per neanche un metro di passi.
Eren toccò la maniglia per primo e si piazzò davanti la porta ridendo di gusto.
«Sei un cretino!» scoppiò a ridere anche lei.
«Guarda che anche tu stavi correndo!»
«Ma sei tu che hai cominciato!»
«Già, ora se non ti spiace vado in bagno» le fece una linguaccia.
Ricambiò con un gestaccio e tornò dal marito, che aveva decisamente una faccia shoccata, a farsi consolare per la sconfitta
Cosa mai ci potesse trovava Mikasa in quel tipo non se lo sarebbe mai spiegato, l'importante per lui era che non la facesse soffrire, in quel caso sarebbe stato più che un fratello con le palle, non ne sarebbe uscito vivo.
Ci mise molto poco per non far attendere molto Mikasa ma quando uscì dalla porta si ritrovò due mani ghiacciate a coprirgli la bocca.
«È arrivato papà, mamma ha deciso di fargli uno scherzo, senti...» sussurrò Mikasa prima di indicargli di seguirla.
Non videro nulla, ma Eren sentí subito la presenza imponente e snervante del padre.
«No caro, probabilmente non verranno» sentì la madre.
«Nemmeno tuo figlio?»
"Ah beh, grazie, in teoria sarei anche il tuo di figlio"
«No, nostro figlio lo ha chiamato Marco per fare gli straordinari»
«Gli straordinari? E per quale motivo?»
Marco solitamente usava gli "straordinari" come recuperi per giorni o ore di lavoro saltate, quello scherzo gli stava costando un attimo la reputazione.
Mikasa decide subito di smorzare qualsiasi considerazione di troppo da parte del padre, prese le mani dei due uomini che aveva dietro e li trascinò fuori per palesarsi.
«Sorpreesaaaaa! Dai papi pensavi davvero ti abbandonassimo!?» lo abbracciò forte, con entusiasmo, gli scoccò un bacio sulla guancia e poi lo lasciò salutare anche il marito con una semplice stretta di mano.
Oh ma magari lui poteva fare finta di niente e sgattaiolare via, aveva ancora qualche secondo di tempo prima che il padre si rendesse conto di lui...
No troppo tardi lo aveva visto, adesso aspettava pazientemente la sua condanna a morte, mentre salutava per bene la parte importante della famiglia.
Voleva farsi coraggio, parlare per prima, gli sorrise ancora prima che potesse aprire bocca... ma fu inutile.
«Com'è andato l'esame?» chiese subito.
Oh santo cielo! «È fra due settimane il prossimo! Scusami se non l'ho portato a pranzo con me oggi!» ok si era anche ripromesso di non essere troppo velenoso, ma era più forte di lui! Sempre il solito, non si smentiva mai!
Decise che se proprio doveva stare in quella casa almeno lo avrebbe fatto come piaceva a lui, ovvero lontano dal padre, anche perché i suoi propositi sarebbe andati a farsi benedire tutti, uno dopo l'altro e non voleva, doveva imparare a controllare quella rabbia repressa e non finire per ucciderlo davanti la famiglia.
Come se ne avesse avuto il coraggio...
Doveva aspettare ancora un po'che la madre finisse di cucinare, quindi decise di andarsi a chiudere nella sua vecchia camera che fortunatamente la madre aveva conservato intatta e profumata. Sicuramente fosse stato per il padre ci avrebbe fatto uno studio, buttando tutto.
Effettivamente non serviva poi a molto quella stanza, ma in ogni caso era bello tornarci.
Si buttò sul letto e decise di sfogare la sua rabbia mordendo il cuscino.
Quell'uomo peggiorava di anno in anno, sempre più acido, sempre più scorbutico, sempre più stronzo!
E lui dopo la laurea ci avrebbe dovuto lavorare insieme!
Stava decisamente cominciando a pensare di prendersi uno studio tutto suo, fanculo la dinastia di sto ca...
«Toc TOC, si può?» sentì bussare ironicamente la sorella.
Aprì la porta ed entrò senza neppure ricevere risposta, spostò un po'le gambe del fratello sul letto e si sedette vicino a lui poggiandogli una mano sul sedere.
«È pronto! Finalmente si mangia la buon vecchia cucina della mamma» disse eccitata.
«Mi è passata la fame» affondò la faccia nel cuscino.
No non era vero, la cucina di mamma non l'avrebbe mai rifiutata, ma il padre... Quello si che gli faceva passare la voglia!
Mikasa cambiò totalmente espressione «Lo sai che è orgoglioso di te, vero?»
Si sentì gli occhi pizzicare e si maledì mentalmente per la sua debolezza, non riusciva ad essere stronzo e fregarsene, no, lui doveva tenerci per forza!
«Certo, come no» trattenne le lacrime e pensò che non era comunque giusto che lo trattasse male, non poteva credere che in realtà gli volesse davvero bene.
«Ah, ah! Non piangere altrimenti litigate come sempre, e io la mia volta al mese in famiglia la voglio passare serena»
«Allora il mese prossimo non vengo Mikasa» fece per mettersi seduto così da ritrovarsi davanti a lei.
«Non ho detto questo...» allungò una mano per raccogliere una lacrima scappata sul viso del fratello «... adesso tu vieni di la, mangi con noi e ignori tutto quello che ti dice, a quanto ho capito ha avuto un problema allo studio per questo è uscito stamattina, e poi che palle anche io sarei nervosa se dovessi lavorare la domenica...» gli sorrise «...quello che ti chiedo è di non fermarti all'apparenza Eren, è acido anche con me ma io cerco di addolcirlo il più possibile, tu non fare niente, lui è già abbastanza felice per i tuoi ottimi voti, al telefono non fa altro che parlarmi di te. Ma poi scusa la domanda, ma da quando in qua tu vai bene nello studio?» gli diede un pugno canzonatorio sul braccio.
«Da quando non ne posso più del suo comportamento» rispose guardando una foto che ritraeva proprio lui e il padre, poggiata sulla mensola del letto.
«Vedi? Allora non fa poi così male a smerdarti di continuo»
Risero entrambi, poi Eren si alzò prendendole una mano e gli fece segno di andare col capo.
Prima di arrivare in cucina la sorella lo prese per il braccio lo girò e gli sistemò capelli e i vestiti che si erano stropicciati.
«Guarda che non ho mica due anni» protestò come un bambino.
«Per me sarai sempre il mio piccolo fratellino» gli diede un bacio prima di superarlo ed entrare in cucina.
La seguì e si sedette al tavolo cercando di mostrare il miglior sorriso che quando guardò la madre si spense un po'.
Sembrava palesemente preoccupata e questo lo mise in ansia.
Se la mamma non sorrideva, papà aveva qualcosa in mente.

Attori

Levi: I fianchi...
Eren: Mh e allora?
Levi: *sguardo pervy*
Eren: Finiscila! Era solletico!

Chu~💙

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