Capitolo 55.

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Nadia varcò la soglia di casa in punta di piedi e appoggiò le chiavi sul tavolino accanto all'ingresso, cercando di essere il più silenziosa possibile: non era ancora pronta per affrontare il padre. Si tolse il giacchetto e s'incamminò verso la camera, ma all'improvviso sentì il piede bloccarsi e inciampare su qualcosa a terra che non ci sarebbe dovuto essere.

«Accidenti!» sbottò, reggendosi alla parete per non cadere.

Guglielmo si affacciò dalla cucina con un giornale in mano. «Nadia?»

Nadia si ricompose, improvvisando un sorriso tutt'altro che sincero. «Ehi, papà», lo salutò.

«Tutto bene?» chiese lui, mentre si avvicinava alla figlia. «Sei tornata prima oggi.» Quando arrivò di fronte alla figlia teneva ancora il giornale davanti agli occhi, intento a leggere le notizie del giorno.

La ragazza si portò istintivamente la mano sulla guancia, in un fallimentare tentativo di oscurare il rossore. «Sì. Ho...» si schiarì la voce, «ho avuto un piccolo imprevisto.»

Guglielmo abbassò con lentezza il giornale, adesso interessato. «Che cosa è successo?» le domandò. Fece un altro passo avanti e aggrottò le sopracciglia. «Perché ti stai coprendo la faccia?»

Nadia si voltò di lato per nascondere al meglio la parte del volto colpita, ma si scoprì del tutto incapace a fingere. «È stato un incidente, papà. Niente di grave», balbettò. «Nadia, guardami», le ordinò Guglielmo, con voce ferma. Adesso la sua voce trasudava preoccupazione in ogni nota. «Che cosa hai combinato?»

La ragazza si voltò con una lentezza micidiale. Stava sudando freddo. Abbassò la mano e la lasciò cadere lungo il fianco, poi fissò il padre con aria colpevole.

«Ma che diavolo...?» Guglielmo sbarrò gli occhi, mentre si portò una mano sui capelli. «Che ti è successo, Nadia?»

«È stato un incidente», ripeté lei.

«Hai un livido sul viso, Nadia! Non può essere stato un incidente!», sbraitò il padre, adesso infuriato. «Voglio sapere cosa è successo. E voglio saperlo adesso.»

Nadia singhiozzò. Non aveva mai retto i sovraccarichi di tensione. «Mi hanno colpita a scuola... È successo per sbaglio.»

«Chi ti ha colpita? E da quando in qua litighi a scuola, tu?»

«Io non ho fatto nulla, davvero.» Nadia si mise le mani tra i capelli e scosse la testa, turbata. «Diego mi ha colpita, ma non lo ha fatto intenzionalmente. Lui... voleva mirare Mattia. È stato un errore.»

«Diego?» ripeté il padre. Non sapeva se essere arrabbiato o sconvolto. O forse non aveva ancora capito come miscelare le due emozioni insieme. «Un ragazzo ti ha colpita in faccia?»

«Lui e Mattia stavano litigando e... la situazione gli è sfuggita di mano. Io mi sono messa in mezzo, e, be', poi sai come sono andate le cose.»

«Stavano litigando per cosa?»

«Per me, papà», mormorò Nadia, con un tono di voce avvilito e colpevole. «Stavano litigando per me.»

Guglielmo tirò un sospiro infinito e si stropicciò gli occhi. Si avvicinò alla figlia ed esaminò la guancia con fare critico. «Non posso sopportare l'idea che qualcuno abbia toccata con la forza», disse a denti stretti «Quel ragazzo... Mattia, ti ha difesa?» chiese, pensieroso.

Nadia aggrottò la fronte, poi annuì. «Anche troppo.»

«Bene. Sono troppo grande per picchiare un ragazzino, quindi spero che lo abbia fatto lui al posto mio.»

«Papà!», esclamò la ragazza, quasi scandalizzata. Era la prima volta che sentiva parlare il padre in quei termini e lo vedeva scomporsi così tanto.

«Questo non vuol dire che non sporgerò una lamentela alla scuola. Voglio che puniscano quel ragazzo in maniera esemplare, chiunque sia. È grande abbastanza per capire che gli sbagli si pagano. E questo dovrà pagarlo caro.»

«In realtà lo hanno già sospeso. E anche Mattia.» Nadia ci rifletté su e strinse le labbra. «Mi sento in colpa per lui.»

Guglielmo si schiarì la voce. «Deduco che tra voi le cose vadano meglio» azzardò.

Nadia annuì e trascinò il padre verso tavolo della cucina. Gli fece cenno di sedersi, poi lo imitò. Si guardarono, faccia a faccia, e lei gli rivolse un sorriso. «Credo che abbiamo finalmente chiarito i nostri problemi. Abbiamo parlato, dopo tanto tempo passato a ignorarci in silenzio e per la prima volta mi ha guardata in modo diverso... più sincero. Era come se non avesse più un velo davanti agli occhi.»

«Finalmente c'è arrivato...», brontolò il padre, con una mano poggiata sotto al mento «Credevo fosse stupido sul serio.»

Nadia lo ammonì con un'occhiata minacciosa. «Comunque abbiamo deciso di continuare a vederci.»

Guglielmo afferrò le mani della figlia e le tirò a sé. «Sono davvero contento per te. Quel ragazzo è in gamba. Ma, in ogni caso, ricordati che vi tengo d'occhio...» l'additò, con tono falsamente perentorio.

Nadia annuì e gli schioccò un bacio sulla fronte, prima di andare in camera sua, lasciandolo al giornale. Si sdraiò sul letto con un tonfo e distese le braccia. Era nervosa... elettrizzata. Si girò a pancia in sotto e poi di nuovo in sopra, rotolandosi sul materasso. Si tappò gli occhi con le mani e soffocò un sospiro nel cuscino.

Erano avvenute troppe cose durante quella giornata. Forse troppe, per essere metabolizzate. Si sentiva in fermento e la sua testa non faceva altro che vagare a Mattia. Proprio quando si mise a fantasticare ancora su di lui, il cellulare, abbandonato sopra al comodino accanto al letto, iniziò vibrare.

Nadia si tirò su, puntando i gomiti sul materasso, e fissò il telefono, illuminato da una notifica di messaggio: "Venerdì sera ti aspetto alle otto in punto sotto casa tua. È un appuntamento", lesse. Il mittente era specificato in alto, anche se non c'erano dubbi su chi fosse.

Mattia l'aveva invitata a uscire insieme. Lo aveva fatto sul serio.

Nadia si portò le mani sulla bocca, indecisa se essere stupita o entusiasta. Optò per entrambe e rispose velocemente al messaggio. Non poteva essere più felice di così.

Per la prima volta da quando era arrivata a Roma, le cose sembravanoandare per il verso giusto. C'erano ancora molti interrogativi da chiarire efaccende da sistemare, era vero. Ma per il momento voleva solo godersi quelperiodo di pace, senza assurde paranoie. Si sdraiò di nuovo sul letto e scansòi capelli dal volto. Fissò il lampadario appeso al soffitto, pensierosa. Unavocina fastidiosa e antipatica le s'insinuò tra i pensieri, minando alla suatranquillità. "I momenti belli sono iprimi a finire", le disse. "Perquanto durerà il tuo?".  

Tutto quello che ho sempre cercatoWhere stories live. Discover now