Capitolo 42.

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Quando finalmente arrivarono sotto casa di Nadia, Mattia spense il motore dell'auto e scese, seguito subito dopo dalla ragazza, che rimase in piedi sul marciapiedi di fronte al suo appartamento, infreddolita e impacciata.

«Mattia, mi dispiace», gli disse alla fine, guardandolo a malapena negli occhi.

«Per cosa, di preciso?»

«Per tutto. Per essere qui ora, per quello che è successo stasera...»

«E dove sarei dovuto stare altrimenti?» Mattia scosse la testa, confuso e ancora un po' irritato dalla loro discussione in auto. Adesso che la rabbia stava iniziando a scemare vedeva le cose con più lucidità e probabilmente il quadro finale era tutto sbagliato: lei, lui... loro due insieme. Forse era davvero così, forse gli amici e i suoi genitori avevano ragione, forse stava solo prendendo un bell'abbaglio, ma in quel momento non riusciva altro che a pensare alla ragazza dagli occhi smeraldo e lo sguardo fragile che lo stava guardando. Sentiva il suo calore accanto e il pizzicore che la sua vicinanza gli provocava. E tutto questo era una novità per lui. Nessuna ragazza lo aveva fatto mai sentire così... vivo.

«Sai, ho avuto paura che non saresti venuto, quando ti ho chiamato», ammise lei con tono colpevole.

«Non ti avrei mai lasciata in mezzo a quegli idioti». Mattia sospirò, come se stesse combattendo una battaglia con se stesso, e alla fine fece un passo verso di lei, le poggiò le braccia sulle sue spalle e l'attirò a sé con un abbraccio inaspettato, che Nadia ricambiò con il cuore in gola e gli occhi spalancati per la sorpresa. «Vuoi che ti accompagni al tuo appartamento?»

«No, penso di farcela. Ma grazie ancora», precisò Nadia con un sorriso spontaneo. «Devo solo ridarti il giacchetto, poi ti lascio andare.»

Mattia rimase per un momento imbambolato sulle sue labbra, rosate e piene. Si mordicchiò la guancia, pensando a come sarebbe stato bello baciarle, ma poi scosse la testa e cancellò immediatamente dalla testa quel pensiero così assurdo. Quella ragazza stava facendo qualcosa di molto pericoloso con lui, addentrandosi in un territorio minato, disarmata e del tutto incosciente del pericolo. E lui si era ripromesso di non avvicinarsi a Nadia, di non far sviluppare nessun tipo di legame con lei. Dio solo sapeva quanti problemi sarebbero potuti venire alla luce, con quel rapporto.

«Mattia, sei sveglio?» Nadia lo guardò con circospezione, il volto leggermente inclinato.

«Eh?»

«Il giacchetto. È tuo.»

Lui scosse la testa, pensando all'espressione da imbecille che sicuramente aveva stampata in volto in quel momento. «Ah, il giacchetto...» Mandò su e giù il pomo d'Adamo. «Il giacchetto è mio», disse di nuovo, senza muoversi.

Nadia aggrottò le sopracciglia. «Sì, lo so. Me l'hai dato tu prima.»

«Lo... lo puoi tenere, se vuoi», balbettò. Tutto nel suo corpo stava andando in iperattività. Chiuse gli occhi e cercò di rinsavire, ma la ragazza si avvicinò ancora, adesso preoccupata per lui. Mattia si lamentò sottovoce, cercando di guardare tutto fuorché lei. La sua vicinanza lo stava mandando letteralmente in tilt.

«Ehi, va tutto bene?»

No, che non va bene, pensò lui. Non va per niente bene. «Sì, alla grande», rispose.

Nadia gli afferrò la mano. Era palese che fosse nervoso. Il contatto le provocò un brivido ma decise di non farci caso. «Davvero? E allora perché sembri così...»

Tutto quello che ho sempre cercatoOnde as histórias ganham vida. Descobre agora