II

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Siamo a casa mia immersi tra le risate. «Sai che hai fatto la più grande stronzata vero?» tento di dire tra le risate. Lui annuisce asciugandosi quella lacrima sfuggita al suo controllo. «Su non ci pensare, tanto domani non sarai più solo come prima, adesso hai me ed ho intenzione di proteggerti» Gli sorrido pensando mentalmente che domani non cercheranno di picchiare me ma lui per il pugno sferrato.

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«Piccolo figlio di puttana adesso me la paghi» Alex alza lo sguardo per fissarlo ma dopo neanche cinque secondi ritornò con lo sguardo su di me, riprendendo la conversazione interrotta.

«Ehi parlo con te!» Alex si alzò e lo fronteggiò in modo tale da fargli vedere il suo sguardo infastidito. «Stai interrompendo una conversazione importante»

Alex non lo notò ma Jean aveva fatto una strana mossa ai suoi compagni complici ed essi si avvicinarono a me facendomi alzare bruscamente dal muretto e iniziando a spintonarmi.

Guardai Alex impaurito ed egli lo notò. «Picchia me!» disse.
«Picchia me.... ma lascia andare Steve» disse quest'ultima frase in modo arrendevole quasi come se farsi picchiare equivalesse a salvare l'intero pianeta.

I complici di Jean mi spintonarono facendomi cadere con il sedere a terra mentre andarono a cerchiare Alex che mi fissava con un enorme sorriso stampato in volto.

Per quella giornata non vidi più Alex e la cosa mi dispiacque un poco così, finite le lezioni, mi diressi verso casa sua guardando l'indirizzo che mi aveva lasciato dopo il mio messaggio.

Dopo venti minuti arrivai davanti ad una casa dalle mura bianche come la neve, finestre con vetri oscurati ed un giardino che circondava tutta la casa.
Timidamente mi avvicinai al citofono e pigiai quel piccolo bottoncino argento.

<Si? Chi è?> una voce maschile. "Chi sarà mai?" Pensai.

<Sono Steve per caso Alex è in casa?> domandai timidamente. Il citofono venne staccato ed il cancello si aprì.
Camminai per tutto il viale fino ad arrivare davanti ad una porta marrone ebano. Neanche il tempo di bussare che la porta si spalancò mostrando un Alex a torso nudo con indosso dei semplici pantaloni di tuta.

Osservai la figura di Alex e mi persi ad osservare quei lividi e quei graffi che sfregiavano la sua pelle candida e lattea.

Lo vidi sparire dietro una porta per poi ritornare con la maglietta indossata. «Scusami... non volevo che tu li vedessi» scossi la testa ed entrai.

«Come mai questa visita?» Di scatto gli alzai la maglietta e lo abbraccia posando la mia guancia imporporata sulle ferite dietro la schiena.

«Cos...» tenta di dire ma io blocco le sue parole sul nascere. «Ti prego... rimaniamo un po' così» sussurrai.

Rimanemmo in quella posizione per vari minuti che a me parvero ore. Finalmente ci staccammo. «Hai già mangiato?» chiese ed io scossi la testa.

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Eravamo in camera sua a fare i compiti per il giorno dopo quando un ragazzo venne ad informarci che stava uscendo e che non sarebbe tornato prima di dopo domani.

Quando chiuse la porta... «È mio fratello. I miei genitori non ci saranno fino a quando non ho finito le superiori e siccome mio fratello non ci sarà per questa sera... ti va di restare qui a dormire?» chiese.

«Si molto volentieri tanto a casa non c'è nessuno che mi aspetta» Ed era vero.

«Cosa intendi dire?» «Te ne parlo sta sera adesso finiamo i compiti» lo liquidai velocemente.

La giornata passò in fretta tra le risate dei video stupidi e le battutine che faceva Steve.

Ci ritrovammo in camera dei suoi genitori in modo da dormire nella stessa stanza.
«Allora? Adesso me lo dici?» lo guardai. Era semplicemente fantastico. Capelli mori sempre a spazzola adesso ricadevano morbidi sul cuscino. Le sue braccia sempre lungo i fianchi ora erano incrociate sotto la testa per sorreggerla. La coperta che ricopriva mezzo busto lasciò intravedere, da sotto la maglietta, i muscoli asciutti e tonici. Arrossii leggermente e voltai la testa di scatto.

«La mia mamma è venuta a mancare quando io avevo dieci anni, mio papà si risposò e con la compagna venne a vivere con noi fino a quando io non raggiunsi l'età di quindici anni e poi se ne andò di casa lasciandomi solo con mia sorella di 25 anni. Poi io decisi di trasferimi da solo lasciando la casa a mia sorella» finii di raccontare e poi mi voltai verso di lui per vedere la sua reazione.

«I miei genitori, come puoi vedere, sono molto ricchi siccome fanno mio papà l'imprenditore e mia mamma è una scrittrice di successo. Ci siamo trasferiti qui in questo periodo e loro sono dovuti partire per diversi viaggi di lavoro ed io sono rimasto qui con mio fratello che però non è mai presente a casa e quelle poche volte che lo è, fa finta che io non esistessi. Quello che hai visto oggi non è la realtà, solitamente non mi avverte neanche, prende le chiavi e se ne va»

Ci fissiamo per un tempo infinito per poi scoppiare a ridere come due idioti.
«Parlami un po' di te Steve» mi indico con un dito per poi arrossire. «È la prima volta che qualcuno me lo chiede però va bene. Mi chiamo Steve Hatson, ho 17 anni. I miei capelli sono bianchi naturali mentre i miei occhi sono azzurro oceano. Sono un ragazzo timido, creativo, laborioso e paziente. Tutti pensano che la mia miglior qualità sia la creatività ma io penso che sia di più la mia pazienza. La pessima qualità è la timidezza, vorrei essere più dominante. Sono gay e per questo vengo sempre picchiato sia dai bulli della scuola, sia da mia sorella. La mia città Natale è Tokyo e mi sono trasferito ad Osaka per motivi familiari.
Nel mio tempo libero adoro disegnare, ascoltare la musica e guardarmi anime. Non mi piace lo sport anche se, per obbligo dei miei genitori, ho dovuto praticare nuoto. La mia stagione preferita è l'inverno perché mi piace osservare come i paesaggi vengono ricoperti da quel manto bianco e soffice che è la neve. Il mio colore preferito è il blu eeeeeh basta. Questo sono io» finisco di parlare per poi osservare l'orologio che segna mezzanotte passata.

«Direi di dormire» dice. Mi scocca un bacio sulla guancia per poi tornare alla posizione di prima e dormire.

"Credo che sarà una lunga ed insonne nottata" penso prima di girarmi dall'altro lato e tentare di addormentarmi.


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