É così che ci si sente

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La maldestra creatura, che pareva fosse stata vomitata dall'Inferno stesso, lo fissò dritto negli occhi. Si sentì scrutare ogni millimetro delle sue interiora. C'era silenzio quella mattina. Nessuno osava graffiare quella flebile atmosfera di solitudine e nostalgia. Il ragazzo si contorse alle stridule risate di quell'imponente demone. Si lasciò cadere. E forse per pietà, forse per meditata cattiveria, fu inondato soavemente da un calore innaturale, che raccolse i suo mali come un dimenticato abbraccio materno. Tutto era bianco, adesso.

Gli girava la testa, ogni cosa in quella stanza vorticava freneticamente. Vomitò. Senti la gola bruciare e le guance scaldarsi di lacrime spudoratamente incoerenti. Quella stanza era simile a una gabbia, un'inquietante prigione medioevale. Si alzò lentamente, facendo assaporare al suo corpo ogni nota dolente, ogni singolo spasmo. Dopo tutto, era ancora vivo. Incubi o no, qualcosa era successo. Qualcuno lo aveva preso. Davanti ai suo occhi, chiari e spaesati, si snodava un corridoio buio. Terribilmente stretto. Le pareti era sporche di sangue nero e secco. Perfetto, pensò. Una tipica e banale ambientazione horror. Poi sul suo volto segnato, apparse un sorriso spettrale, di quelli amari come la morte.

Trascinò il suo corpo pesante e stanco per tutto il corridoio, mentre qualcosa nella sua testa, forse un timido ricordo sopravvissuto, pulsava incontrollabile, divorando ogni pensiero razionale che, eroicamente, persistevano aldilà delle figure inconsistenti che il ragazzo vide materializzarsi lungo il suo cammino insensato.

Tutto era insensato. A partire dai suoi piedi che ingestibili, percorrevano quel corridoio tanto familiare, consapevoli che quello scempio, prima o poi, li avrebbe portati alla paralisi più cronica. Poi quelle masse dense simili a corpi deformi.. Poteva sentire le loro membra sfiorarlo leggermente, toccare i suoi capelli umidi ed arruffati, stringere i suoi polsi freddi. Volevano forse impedirgli di raggiungere l'uscita? C'era almeno, l'uscita?

Un'immagine sbiadita di quel sadico demone attraversò la sua mente rarefatta, e si sentì mancare l'aria. E se quello fosse solo il principio? Cosa lo aspettava alla fine di quel tunnel sporco e nauseante?

Dalla vita non aveva mai ottenuto niente. Anche se ogni suo ricordo era stato vistosamente rimosso. Perché queste cose te le senti, ti trascini addosso un vuoto primordiale, tremendamente greve e contorto. Lo senti inglobarsi ogni parte di te, e incontrollabile, ti sputa tutta la tristezza di questo incompatibile mondo, e ti resta attaccata sulla pelle, come cicatrici di guerre cento volte perse e nemmeno affrontate.

Una piccola porta gli si presentò davanti. Non vide nessuna maniglia, così provò a spingere. Non accadde nulla. Niente si mosse. Si alzò solo un'infinità di polvere.

Un inesorabile senso di delusione e angoscia lo pervase tumultuosamente e l'unica cosa che riuscì a fare, fu ridere istericamente. Le grida acute e disperate si estesero lungo tutto il corridoio e l'eco tornò lentamente, lasciandosi odiare. Si sedette a terra con ipocrita e folle noncuranza, puntando lo sguardo verso il soffitto.

Era avvilito.

Non si notava nessun soffitto, solo ombra nera come la pece. Adesso si udivano solo sibili e leggeri sussurri lontani.

Si spogliò e rimase nudo. Appallottolò gli indumenti e si costruì un lurido cuscino. Si sdraiò rabbrividendo a causa del pavimento gelido e poggiò la testa su quell'improvvisato capezzale. Fece mente locale, e realizzò che nulla gli era rimasto. Provò a sognare, ma intorno era sempre tutto lercio, umido e indecorosamente lascivo. Non era qui che voleva svegliarsi. Non era tra queste asfissianti mura che voleva riaprire gli occhi. Eppure, nulla era cambiato. Sentiva freddo e quel fastidioso contatto col suolo a tratti frantumato lo spinse ad alzarsi. A rimettersi quegli abiti macchiati. La porticina era sempre lì, a illudere le speranze di quel ragazzo.

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