L'Albero E Le Scarpe

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"Siamo arrivati?"

Le parole che ogni padre si aspetta di sentire. Puntualmente, ogni dieci minuti la mia figlia di otto anni Cynthia sporge il viso dal finestrino e pone la stessa identica domanda.
E quasi per abitudine, mi ritrovo a rispondere a malincuore: "Quasi, tesoro." Stavo guidando da circa due ore (il che dovrebbe darvi un'idea di quanto dovetti sopportare) per riportare Cynthia a casa di sua madre.

Lisa ed io siamo divorziati da circa tre anni, e ostinatamente, ha ancora chiesto di vedere Cynthia per un mese ogni Natale. Ora, Lisa non era esattamente la madre dell' anno, ma a dir la verità nemmeno io sono stato un angelo. Ho passato trentasette anni della mia vita a fantasticare, fumo, e bestemmio come un marinaio.

Ma dannazione, l'unica mia vera gioia è Cynthia, e ogni volta che arriva il temuto mese di dicembre solamente il pensiero di non trascorrere il tempo con lei mi uccide.

Inutile dire che non avevo alcuna fretta di arrivare da Lisa, e così quest'anno ho deciso di prendere la strada che passa in mezzo ai boschi. Ho pensato che sarebbe stata una buona occasione per mostrare la bellezza della natura a Cynthia mentre avrei cercato di passare un po' di tempo in più con lei prima di lasciarla per quattro settimane e mezzo.

Era così meravigliata dal paesaggio intorno che aveva solo il tempo di chiedere "Papà, cos'è quello?" oppure "Siamo arrivati?" prima di sporgere di nuovo il suo visetto tondo dal finestrino. E io rispondevo pazientemente ad ogni domanda, spiegando "E 'un antico silo di grano, tesoro", o "Quasi, cara."

Dopo un po' decisi di accendere la radio per aggiungere qualche tranquillo rumore di sottofondo, e cominciai a scivolare nel silenzio, quella specie di trance meditativa indotta da lunga distanza di guida.
Tuttavia, la mia calma fu presto turbata da un urlo da Cynthia.

Spinsi entrambi i piedi sul pedale del freno istintivamente, la vettura si fermò barcollante, e mi girai spaventato verso Cynthia.

"Che c'è? Cynthia, qualcosa non va?" chiesi, in preda al panico. La mia mente intanto percorreva tutti gli incidenti e malori che avrebbero potuto accadere: infarto, edema polmonare, insufficienza renale (tutti assolutamente improbabili, visto che Cynthia era perfettamente sana), ma Cynthia continuava a guardare fuori dalla finestra, misteriosamente attratta da ciò che era là fuori.

Mentre seguivo il suo sguardo, cominciai a capire cosa avesse suscitato l'urlo stridulo.
Un enorme albero di betulla bianca nel mezzo di un campo innevato.

Ora, a parte le dimensioni insolitamente grandi della pianta (almeno quattro o cinque piedi di diametro, nonostante le betulle di solito non crescano molto più di un piede), qualcos'altro mi sembrava insolito... tra le foglie dell'albero.

Ora, bisogna precisare che l'albero si trovava a circa trenta metri da noi, e stavo ancora guardando da dietro la testa di Cynthia (che era praticamente spiaccicata al finestrino, a questo punto), e a malapena riuscivo a distinguere la forma delle foglie stesse.
E non me ne accorsi neppure in un primo momento, ma solo dopo aver guardato con più attenzione, mi resi conto che le foglie dell'albero... non erano affatto foglie! erano ... scarpe. Centinaia di scarpe. Appese ai rami con i lacci, di ogni forma e dimensione immaginabile. Incuriosito aprii lentamente la portiera e uscii per dare un'occhiata più da vicino. Le dimensioni della betulla erano impressionanti, e la contorsione e densità dei suoi rami era incredibile.

Da un rapido conto, ipotizzai l'esistenza di circa sei o settecento paia di scarpe appese praticamente su ogni ramo, alcune anche su quelli più piccoli, sempre più in alto.
Mi spostai davanti alla macchina, incapace di staccare gli occhi dall'insolito spettacolo davanti a me. Poi, senza preavviso, sentii l'altra portiera aprirsi, e Cynthia si diresse veloce verso l'albero, ridacchiando divertita.

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