31. Walking in my shoes

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Mettete la canzone che vi ho lasciato sopra se vi va.

Era "Lovesong" di Adele. «Da dove viene?» domandai. «Non lo so..» pensò. «Sarà di Cass.. Ascolta sempre delle lagne.» «È perfetta» commentai. «No tu sei perfetta.» mi corresse facendomi sorridere e probabilmente arrossire. «Che schifo gli innamorati» disse Annabelle facendomi ridere. «Zitta nana» rispose Jake sorridendo in sua direzione. Lei si alzò in piedi e corse verso di lui in modo davvero buffo. «Non sono nana» rispose dandogli un pugno inutile sulla gamba. «Sei nana e anche piccola.» La sua espressione si fece ancora più furiosa, anche se continuava ad essere sempre più dolce. La sollevò, facendola sedere sul suo braccio. «Che volete mangiare?» Il solo pensiero di cibo faceva crescere il persistente senso di nausea che incombeva nello stomaco dal giorno precedente. «Mh non ho fame» dissi io. «Mangia qualcosa dai» insistette. «È tutto okay. Non morirò se per una volta non ceno» affermai. «Non mangi da ieri sera» puntualizzò riadagiando Anna a terra. «Non preoccuparti» dissi abbastanza seccamente. «Okay signorina suscettibilità. Allora vieni con me.» «Vengo anche io» disse Annabelle. «No, le nane non sono ammesse» scherzò accarezzandole la testa. Lei spostò bruscamente la sua mano e gli colpì la gamba prima di correre via a braccia incrociate. Scossi la testa, mi veniva da ridere ma allo stesso tempo era davvero crudele. «Non fare quella faccia. Io sono lo stesso che lascia dieci dollari ai barboni» disse facendomi l'occhiolino. «Solo perché sei pieno di soldi» puntualizzai. «O perché sono generoso di natura» ribattè afferrandomi il polso. «Dove andiamo?» domandai uscendo dalla casa. «Voglio guardare te che guardi il mare.» «Tu hai qualche problema» risi, e dopo un po' mi ritrovai seduta sulla riva, tra le sue gambe. Osservavo il mare, e sentivo il suo respiro sul mio collo mentre mi avvolgeva completamente. L'odore era così travolgente, così come il rumore delle onde. Non c'era un anima in quella spiaggia desolata, solamente noi. Il cielo era ricco di stelle, che insieme a quello spicchio di luna si riflettevano nel blu intenso del mare. Toccai il pendente che avevo al petto e poi roteai il collo appena, per incrociare il suo sguardo. «Non mi avevi detto che era di tua madre» presi la sua mano e la strinsi tenendola sul mio ventre. «Come lo sai?» disse al mio orecchio. Non appena parlò il mio corpo si riempì di così tanto brividi che fui costretta a socchiudere gli occhi per un istante. «Annabelle» sussurrai dopo un po' mentre mi godevo quello splendido momento.  «Mi disse che l'avrei dovuto dare alla donna straordinaria con cui avrei immaginato un futuro insieme.» Mi commuovevo con facilità e strinsi le sue dita alle mie. «Tua madre era straordinaria?» «Sì, lo era» disse mentre con l'altra mano mi accarezzava la pelle fresca del viso. «Avrei voluto conoscerla.» «Sono sicuro che le saresti piaciuta» disse prima di baciarmi la testa. «Vedi un futuro con me?» domandai osservando il mare. Sentivo quel piacevole venticello passarmi in viso. «Sì e tu?» «Sì, spero che lo avremo.» «Lo avremo» affermò stringendomi la mano. Mi persi ad osservare il paesaggio per qualche lungo secondo. «Alexis.» «Che c'è?» «Promettimi che non te ne andrai» disse stringendo le braccia attorno alle costole, appena sotto al ferretto del reggiseno. Sorrisi, ero felice di sapere quanto mi amasse. «Perché hai la paura costante che possa farlo da un momento all'altro?» «Tu promettilo.» «Te lo prometto. Finché non sarai tu a chiedermelo» ribadii. Sospirò e mi strinse ancora più forte. Era così rilassante quell'atmosfera. Quel silenzio. «Mi parli di te?» domandai. Rise appena «cosa vuoi sapere?» «Raccontami di lei.» Lo sentii respirare sulla mie spalle, e poi accarezzò lentamente la pelle sopra alla mia maglietta. Sfiorò le prime costole, e socchiusi gli occhi quando giunse al ventre con le dita. «Lei era la classica mamma delle torte. Quel tipo di madre che tu sei convinta di non diventare mai, ma che io so che non è così. Era anche premurosa e a volte affettuosamente opprimente. Era la mamma che insultavo quando mi diceva di non far troppo tardi la sera, e che a volte trattavo male come uno stupido adolescente ribelle. Era quella che andava a parlare con gli insegnanti non appena calavi di qualche voto, ma che non ti sgridava e cercava di parlarti per capire cosa non andasse. Non si arrabbiava per nulla al mondo, nemmeno quando scopriva che marinavi la scuola o che ti beccava a fumare. Lei ti chiedeva solamente cosa ci fosse che non andava, perché si sentiva in colpa ad ogni tuo sbaglio. Era presente, sempre, finché non si ammalò e scomparve lentamente. Era così debole che aveva smesso di essere se stessa, e per me andare in ospedale a trovarla divenne così insopportabile che smisi di farlo e basta. Finendo col non riuscire neppure a dirgli addio.» Sentire quelle parole mi aveva commossa e rattristata allo stesso tempo. Pensai a sua madre, ed era davvero straordinaria. Eppure non c'era più. Poi pensai a dei mostri di persone come la mia, che hanno ancora un posto sulla terra pur non  meritandolo. Sentii gli occhi sbrilluccicare, e li sbattei ripetutamente per evitare di piangere. Gli strinsi le braccia attorno a me. «non credo si possa smettere di esistere.» «Lo spero» sussurrò facendomi riempire di brividi. «A volte mi chiedo come fai ad essere così forte.» disse al mio orecchio. «Essere forte era l'unica scelta che avevo.» Sentii il suo respiro sul mio collo. «Con me puoi parlare di qualunque cosa tu voglia, lo sai?» Sorrisi. «Riusciresti mai a perdonare mia madre se fossi nei miei panni, e sopratutto se lei volesse il tuo perdono?» «No. Non la perdonerei mai» disse seccamente. «Vivere con lei era avvilente. Diceva di continuo che ero stupida e inutile. Che ero un problema e uno sbaglio. Soffrivo perché lentamente iniziavo a credere che lo ero davvero.» «Non ti sentirai più in quel modo con me, e con nessuno.» Mi strinse così forte che mi sentii subito meglio. Stavo benissimo tra le sue braccia e presto iniziò a sfiorare la mia pelle sotto alla maglietta. Le sue dita delicate scesero dalle costole al ventre ed io rilasciai un piccolo gemito. «Quando mi tocchi, io..» iniziai a dare voce a tutti i miei pensieri. Il mio cuore batteva davvero forte, in un modo quasi surreale. «..Tu?» sussurrò mentre continuava quella piacevole tortura. «È una sensazione indescrivibile..» ammisi ad occhi chiusi. Si avvicinò al mio orecchio e sentii così tanti brividi che persi il controllo su di me. «Ti amo» bisbigliò continuando a sfiorarmi la pelle. «Ti amo anche io» dissi mentre ero totalmente immersa in quello stato bollente e inspiegabilmente paradisiaco. «Pochi mesi fa non pensavo l'avresti mai detto.» «Questo perché hai un intuito che fa schifo» dissi suscitandogli una piccola risata. «O perché tu sei un'ottima bugiarda» sussurrò nuovamente. «Abituatici.» Sfiorò la mia guancia con le labbra morbide e calde, e dopo qualche secondo vi lasciò un bacio. «Sei così piccola e dolce» osservò stringendomi forte «a volte» sottolineò. «Vuoi dire che a volte non sono dolce?» chiesi fingendomi offesa. «Esattamente.» «Grazie.» «Prego.» «Stronzo.» Mi girò e mi bacio sulle labbra, sfiorando subito dopo la mia lingua. «E non avrei nemmeno immaginato che ti saresti lasciata toccare da me» disse sfiorando la mia pelle. La sua mano salì lentamente, e poi scese di nuovo. Arrivò a sfiorare il seno con le dita, e mi si mozzò il respiro per un secondo. Il mio cuore batteva fortissimo, e le gambe iniziarono a tremare quando accarezzò il basso ventre. Lasciò dei morbidi e dolci baci sulla pelle del mio collo, e il mio respiro si fece subito affannoso. Aveva la mano dentro alla mia maglietta e gemetti quando iniziò ad accarezzarmi il seno con più decisione. Sentii in un istante la forte pulsazione tra le gambe, che continuavano a tremare data la delicatezza che aveva nel toccarmi. Iniziai ad ansimare mentre sentivo le sue labbra sulla mia pelle fredda. Come poteva essere così perfetto? Mi faceva impazzire e non riuscivo ad aprire gli occhi neppure per un secondo, ne chiudere le labbra. «Lo sai quante volte ho desiderato toccarti?» domandò baciandomi il collo. «Ora sono tua» boccheggiai ed immediatamente mi strinse ancora di più a se. «Sei solo mia» ripeté baciandomi il collo. Pensai a stamattina.. E a come mi piaceva ciò che stavamo facendo. Sentii un forte calore crescermi in petto, e mi voltai per sfiorare le sue labbra. Strofinò la mano nell'interno coscia, facendomi rabbrividire e intensificare il mio respiro. Mi girai appena, per poter baciare le sue labbra. Volevo baciare ogni centimetro della sua pelle. Dio quanto era bello. Sempre e comunque. Ad ogni ora, in ogni istante. Non passava secondo in cui non lo credessi fino in fondo, e secondo in cui non desiderassi incontrare i suoi magnetici occhi azzurri. «Cass mi ha raccontato delle cose.» Sorrise con gli occhi, guardando prima il mare e poi me. «Ha la bocca larga» disse mentre notai la fossetta formarglisi in viso. La amavo con tutta me stessa. Amavo il suo sorriso, non poteva essere più splendido. Baciai la sua guancia e sorrise, stampandomi subito un bacio sulle labbra. «Vieni, girati» disse abbassando le ginocchia. Mi fece sedere difronte a se, facendomi circondare i suoi fianchi con le gambe. Mi tenne stretta posandomi le mani sulla vita. «Oh, ora sì» disse prima di baciarmi nuovamente. Mi accarezzò il corpo fino al fondo schiena, avvicinandomi a se. Istintivamente spinsi i fianchi contro i suoi, e iniziai a sentire un brivido in mezzo alle gambe. Le sue mani mi accarezzarono nuovamente dalle prime costole alla vita. Desideravo sentire la sua pelle calda, e i suoi addominali scorrere sotto alle mie dita. Insinuai la mano sotto alla sua maglietta, facendolo gemere sulle mie labbra. Salii sul suo petto, e strofinai la mano all'altezza del cuore, dove sentii il suo battito accelerato. Percepii il suo respiro irregolare quasi quanto il mio. Posò la sua fronte alla mia, e poi mosse espertamente le labbra sulle mie. «Sei bellissima.» Sentii le guance colorarsi per il modo in cui mi guardava. Come se lo credesse fino in fondo. Lasciò una scia di baci dalle labbra alla mascella e poi al collo. Sentii la pelle infiammarsi non appena posò le sue labbra su di esso. Scorsi le mie dita tra i suoi capelli, mentre rimanevo avvinghiata ai suoi fianchi, stringendo con le gambe. Chiusi gli occhi, e quel momento mi sembrò uno splendido sogno. A riportarmi alla realtà era il rumore delle onde arrivare a riva. Le punte dei nostri nasi si sfiorarono, e sospirando gli cinsi il collo con le braccia. Subito dopo venni disturbata dal rumore del mio stomaco. Abbassai lo sguardo su di esso. «Dio l'hai sentito?» «Sì» rise e si alzò in piedi con me in braccio. «Che fai?» domandai ridendo. Mi zittì baciandomi a stampo e posai il mento sulla sua spalla mentre mi trasportava senza mostrare un minimo di sforzo. Arrivammo nel cortile. «Fa finta di dormire.» «Perché?» «Tu fallo.» Obbedii e chiusi gli occhi appoggiando la guancia alla sua spalla. Entrammo in casa. «Matt» disse lui. «Lexie dorme, ci porti in camera due pizze e due birre?» «Ma dovrò andare a piedi..» borbottò lui. «Va bene. Allora la sveglierò dicendo che non volevi farle questo favore.» «No no. Okay. Vado subito.» «Grazie Matt» disse lui salendo le scale. Trattenni una risata, era davvero crudele. Una volta sul piano superiore gli colpii il braccio ridendo e lui mi buttò senza nessuna grazia sul letto. «Sei cattivo con tuo fratello.» Si stese accanto a me. «No. Sono divertente» mi corresse attirandomi a se. «Ci dev'essere qualche vantaggio ad avere un fratellino innamorato della propria ragazza.» Risi e roteai gli occhi al soffitto. Lui mi sbattè il cuscino in faccia. «Ti ricordi quando ho detto che l'avrei fatto ogni volta che alzavi gli occhi al cielo?» «Sì» dissi seccata buttandoglielo in faccia. Sentii i capelli secchi, e odiavo quando l'aria del mare me li faceva diventare in quel modo. Sbuffai rumorosamente, mi sedetti sul ciglio del letto e buttai la testa tra le ginocchia per sgrullarli dai granelli. «Che stai facendo?» ridacchiò. Mi rimisi diritta e mi spostai i capelli da davanti alla faccia, alzandomi in piedi. «Ho la sabbia in testa a causa tua» bofonchiai raggiungendo il bagno. «Ci facciamo una doccia insieme?» ridacchiò allusivo. «Sta mattina è stata un'eccezione» chiarii facendolo sbuffare. Mi specchiai e mi preparai per entrare nella doccia. Spostai la tendina ed iniziai ad insaponarmi. «Ci metti tre ore a farti la doccia» brontolò dalla camera. Mi sedetti sulla vasca da bagno, dove la schiuma mi copriva fino alle ginocchia. Iniziai a pettinare i capelli sotto all'acqua calda, e subito dopo passai shampoo e balsamo. «Anzi mi correggo, tu fai dei bagni di mezza giornata.» «Jake» lo chiamai insaponandomi il braccio. «Che c'è?» «Vieni.» Scostò la tendina e si sedette sul bordo della vasca. «Hai cambiato idea?» rise lui. «No. Devo chiederti una cosa» confessai. «Cosa?» domandò. Ero decisa a chiarire quel mio dubbio. «Tu..» mi imbarazzai e scossi la testa. «Niente. Fa finta che non ti abbia detto niente» dissi sentendomi molto stupida. Si accigliò e mi guardò per qualche secondo. «Dai dimmelo.» «Era una sciocchezza» guardai il basso. «Lexie.. Andiamo dillo» insistette. Per fortuna bussarono alla porta, e subito dopo qualcuno l'aprì. Vidi Matt con due pizze e due birre. Le posò sulla scrivania, e poi si girò verso il bagno per cercarci. Si imbarazzò quando vide me nella vasca da bagno e Jake accanto. «Che bussi a fare se poi entri senza permesso?» chiese lui alzandosi in piedi. Spostai la tendina difronte a me e mi alzai in piedi. Mi sciacquai in fretta e afferrai l'accappatoio che infilai rapidamente. «Grazie Matt» dissi sorridendogli. «Di niente.» Scappò fuori dalla porta ed io mi diedi un'asciugata ai capelli. Mi avvicinai alla valigia e infilai le mutandine, mentre lui naturalmente già stava divorando la pizza sul letto. Lasciai cadere l'accappatoio per terra, mentre cercavo il reggiseno tra la mia roba. Naturalmente gli davo le spalle. «Non c'è bisogno che lo metti, tanto te lo tolgo.» Avvampai e cercai di ignorarlo. Lo posai sul ventre e lo allacciai prima di infilare le spalline. Indossai la sua maglietta, e mi sdraiai sul letto. Piegai un pezzo di pizza in mano, e diedi un gran morso. «È buonissima» commentai mentre lui stringeva il suo braccio al mio collo. Accese la tivù al plasma davanti ai nostri occhi, e mentre io guardavo la partita lui guardava me. Mi sembrava lo stesso identico momento di inizio anno, quando ho vissuto in camera sua. «Perché mi stai fissando?» domandai in imbarazzo. Mi avvicinò e mi prese un bacio prepotente sulla bocca afferrandomi la mascella.

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