31. Walking in my shoes

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31. Mettiti nei miei panni.

«Muoviti se no ti lascio tornare a casa a piedi per sette chilometri.» Attaccò e nervosamente si infilò il telefono in tasca. «Non potresti essere più gentile con tuo fratello?» chiesi appoggiata al cofano della sua macchina. «Hai visto quanto è stupido? Mi verrebbe proprio da picchiarlo a volte.» Non trattenni una risata e gli colpii il petto. «Sei davvero cattivo.» «No. Io sono fantastico» disse mostrandomi uno dei suoi migliori sorrisi. Roteai gli occhi al cielo poiché aveva totalmente ragione. «Tu sei molto cattiva invece, lo sai?» disse avvicinandomi a se e avvolgendomi il collo con il braccio. Affondò il volto sul mio collo, e inspirò. «Profumi.» «E tu mi fai il solletico.» Mi guardò negli occhi, che erano davvero vicini. Osservai ogni sfumatura di blu che contenevano. Erano più azzurri verso il centro e più scuri verso la circonferenza. Rimasi davvero imbambolata da tanta bellezza. Erano incorniciati da delle splendide ciglia castano scuro, e aveva lo sguardo più bello che avessi mai avuto su di me. Di quel blu vivo, cocente e ammaliante. Sorrise e notai la sua splendida fossetta asimmetrica formarglisi in volto. Eravamo a Cheansburg, difronte alla scuola di Matt. Frequentava il primo liceo, e immaginai non fosse facile per lui essersi trasferito a fine anno. Le sue lezioni sarebbero finite verso giugno, mentre i nostri corsi verso fine mese. Sentii il suono della campanella, e presto una marea di ragazzini iniziò ad accalcarsi verso l'uscita. «Quella Laureen.. Come la conosce se è il suo primo giorno di scuola?» «Venivamo qui ogni estate per le vacanze.» Annuii e presto vidi Matt circondato da un po' di persone. Prendeva proprio le orme del fratello maggiore. «Però, mi sembra un mini Jake» sorrisi guardandolo avvicinarsi. Rise «io sono più bello.» «Sei anche così modesto» mi voltai verso di lui e fissai le sue labbra. «Ah, la modestia è da stupidi. Come Matt» disse una volta che il fratello era difronte a noi. Scossi la testa ridendo e lui sbuffando salì in auto. «Allora, come è andata?» domandai dal sedile anteriore. «Emh..» fece per parlare ma Jake lo interruppe. «Sono felice, non ci interessa.» «Sta zitto. Di pure» insistetti io. «Una folla di persone si è auto invitata a casa mia dopo avervi visto» dichiarò seccato. «Che vuol dire dopo averci visto?» «Che siamo belli» intuì Jake sorridendo. «Mandali a quel paese» dissi io. Lui fermò la macchina, e poi vidi Andrew con in braccio Annabelle e accanto Cass. Salirono nei sedili posteriori dell'auto. Rimasi a pensare a cosa aveva detto Jake nella doccia riguardo Matt, e a come evitasse il mio sguardo di continuo. «Matt» lo chiamai e alzò lo sguardo. Era così rosso da far paura. «Hai un tic o qualcosa di simile?» domandai facendolo imbarazzare ancora di più. Andrew rise di gusto e poi strattonò la sua spalla. Annabelle si mosse per venire avanti, ma rischiava di causare un incidente. La presi in braccio, per evitarlo, e lei non fece altro che sbriciolarmi il biscotto addosso. Mi baciò la guancia ripetutamente, era davvero adorabile. «È solo innamorato, Lexie» disse Andrew, e subito dopo sentii che probabilmente Cass l'aveva colpito. «Scherzavo» rimediò, mentre io lo ignorai per evitare che Matt esplodesse in un attacco di vergogna. Sul serio? Non bastava il migliore amico? Anche il fratello? Jake parcheggiò difronte a casa mia, dove avrei dovuto prendere altra roba. Mi aveva detto di rimanere lì e io avevo accettato. Naturalmente volevo evitare Julie, e lui Simon. «Passo a salutare Polanska» dissi prima di scendere. Annuì, e attraversai la strada arrivando nel locale. Lì c'erano Arizona e Pola in camice dietro ad un bancone di alcolici. I loro volti si illuminarono. «Lexie!» esclamò Pola abbracciandomi. Feci lo stesso con Arizona, e presto mi sedetti sullo sgabello. «Ho poco tempo» avvisai. «Bene, allora ce la fai ad aggiornarci in cinque minuti?» domandò lei. «Ho scoperto che la mia migliore amica è una stronza e mi sono trasferita momentaneamente a casa del mio ragazzo. Che a quanto pare non sembra arrabbiato del fatto che il suo migliore amico si a innamorato di me, e per evitarlo anche lui ha lasciato il dormitorio» dissi tutto d'un fiato. Pola era arrivata, Arizona cercava ancora di metabolizzare il discorso. «Ok! Ci sono» affermò quest'ultima. Mi alzai nuovamente. «Ci vediamo, scusate, vado di fretta» dissi raggiungendo l'uscita. Mi salutarono e salii nel pianerottolo, sperando che non avrei incontrato Julie. Sospirai e aprii la porta di casa. Strinsi Drake in un abbraccio, e poi raggiunsi la mia camera dove presi le cose di cui avevo bisogno e le chiusi in una valigia. Sentii il rumore delle chiavi, e subito dopo delle palpitazioni causate dall'ansia. Afferrai la maniglia della valigia, e mi diressi a passi svelti verso l'uscita, in modo che sarei potuta correre via. «Lexie.» Julie era difronte a me, a dal suo sguardo percepii che era davvero pentita, ma sinceramente non mi interessava. «Pensi che potremmo parlare?» domandò non appena le girai intorno per raggiungere la porta. «Non credo. Ciao Drake» dissi guardando in sua direzione. Lui mi fece un cenno con la mano e non appena chiusi la porta di casa, scesi di sotto e montai in auto. Jake guidò verso casa sua, e quando parcheggiò, scesero tutti dalla macchina. Io rimasi dentro, mentre prendevo il telefono dalla mia tasca che vibrava da qualche secondo. Era una chiamata di Julie, e io decisi di ignorarla, ma poi chiamò nuovamente e capii che dovevo mettere le cose in chiaro. «Ciao Julie.» «Alexis.. Ti prego parliamo? Mi manchi.. E mi dispiace per tutto.» «Non ho voglia di sentirti.» «Sei la mia migliore amica.. Per favore, deve aver qualche significato per te.» «Oh per me lo aveva, credimi. Come fai a non capire che non c'è nulla di cui parlare? Non c'è niente che ti devo perdonare. Non hai sbagliato, mi hai deluso, è diverso. Chiedere scusa non servirà a niente. Anche se decidessi di volerti perdonare mi avresti comunque deluso. Non so come spiegartelo..» «Mi è chiaro. Ho capito. Ma voglio che tu sappia che l'ho fatto per una ragione, non solo per Simon. Lo ammetto, è stato crudele, ma lo sai che io non sono una persona crudele. Io amo Simon, e lui ama la mia migliore amica. Ho sbagliato, ho concentrato la rabbia su di te quando l'avrei dovuto fare su di me.» «Non è colpa tua se Simon..» «Non è colpa di nessuno, lo so. Ma sappi solamente che tua madre è venuta per dirti una cosa davvero importante e io le ho dato l'indirizzo principalmente per questa ragione. Perciò.. Chiama tuo fratello, o tuo padre. Non voglio essere io a dirtelo.» «Di che stai parlando?» «Mi dispiace Alexis. Chiamali. Saranno in grado di chiarirti meglio di me.» «No.. Io non ho voglia di parlare di mia madre con nessuno. Per me lei è come se fosse morta.» «Come vuoi...» Attaccai e scesi dall'auto. Avevo paura di scoprire cosa avesse portato mia madre da me, e sopratutto avevo paura di soffrire solo come loro sapevano farmi fare. Mi sarei mai veramente liberata della mia famiglia? Mi spostai nervosamente i capelli, sospirando profondamente. «Ehy, tutto bene?» domandò Jake arrivando dalla porta. Forzai un sorriso e annuii. Mi prese il viso tra le mani. «Non mentirmi, lo sai che lo capisco quando lo fai.» Ero un'ottima attrice con tutti, ma lui non riuscivo proprio ad ingannarlo. «Vorrei solo buttarmi alle spalle mia madre ma... Julie mi ha detto che era venuta per un motivo importante, e che avrei dovuto chiamare papà» dichiarai prima di dare un altro profondo respiro. Ero esausta, da tutti i miei mille problemi. Mi strinse a se, e mi sentii subito meglio posando la guancia sul suo petto. «Andrà tutto bene.» Ogni volta che lo diceva ci credevo fino in fondo, tanto che tutto sembrava dissolversi, perché tanto eravamo insieme, e qualsiasi cosa sarebbe successa, sentivo che non mi avrebbe mai lasciata. «Hai parlato con Simon?» domandai distaccandomi. Si passò una mano tra i capelli e sbuffò. «Perché parliamo di Simon?» «Perché è il tuo migliore amico.» «Il mio migliore amico che è innamorato della mia ragazza.» «Senti io non credo che sia innamorato. Conosci Simon molto meglio di me, e sai com'è fatto. Gli passerà..» «Lo spero, perché la situazione potrebbe diventare parecchio strana.» «Non credo che evitandolo si risolverà qualcosa. In fin dei conti non ha fatto niente di male. È un vero amico, nonostante sia un idiota.» Mi lanciò una strana occhiata. «Lo reputi niente di male innamorarsi della ragazza del tuo migliore amico?» «Sarebbe stato sbagliato se avesse fatto una qualunque cosa che sarebbe andata oltre all'amicizia.» «Dici sul serio?» si accigliò, e mi sembrò davvero incavolato. Ma come poteva? Lui stesso aveva detto che non era colpa di Simon la sera precedente. «Possiamo avere una divergenza di opinioni?» «No no, è chiaro. Tu ti aspetti che mi vada bene il fatto che il mio migliore amico, e come se non bastasse anche il mio fratello quattordicenne provino qualcosa per te.» «Si può sapere perché ti scaldi tanto d'un tratto? Per Matt sarà una cotta da liceale che probabilmente gli passerà in qualche giorno, e sono sicura che anche per Simon non sarà niente di importante.» Si sedette sullo scalino sotto alla porta e si accese una Marlboro, segnale che era davvero nervoso. Non capivo cosa avevo detto da farlo innervosire tanto. Fece un tiro e poi sospirò. «Tu non sai cosa vuol dire essere innamorati di te.» Feci nervosamente qualche passo e mi spostai i capelli nuovamente al di là della riga. «Senti... Lo capisco, è strano. Mi dispiace, non so che dirti ma non ci posso fare niente io, è inutile che te la prendi con me.» I suoi occhi balzarono sui miei. «Non ce l'ho con te, solo mi sembra che tieni a Simon, e tieni al fatto che debba essere suo amico a tutti i costi. Sei al centro della mia vita adesso, come potrei essere suo amico senza poter minimamente accennare a te o ad una qualsiasi altra ragazza, senza che mi ricordi di ciò che prova per te?» «Ok, lo capisco. Ma non dire che tengo a Simon come se mi interessasse in quel senso, non diciamo cavolate» dissi abbastanza seccata dal suo comportamento. «La ritieni davvero una cavolata? Perché a quanto pare secondo Julie è così.» «E da quando ascolti quello che ti dice Julie piuttosto di quello che ti dico io? Senti... Meglio che salga di sopra perché si finirebbe per litigare e non mi va.» Entrai in casa, ed ero davvero arrabbiata. Dopo tutto questo come poteva pensare che mi interessasse Simon? Dopo tutte le volte in cui gli ho detto e dimostrato di essere completamente innamorata di lui. A volte si ingelosiva per nulla, e questa storia non mi piaceva affatto. Percorsi l'ingresso, dove Cass mi afferrò il polso e mi trascinò nella sua camera. «Pausa dai McCall» disse chiudendo la porta e appoggiandoci le spalle contro. «È una specie di sequestro?» chiesi sarcastica. «È una specie di ritiro. Andrew è ancora geloso di Luke.» «E Jake è geloso di Simon.» Solo dirlo mi sembrava un'assurdità. «Simon? Quel Simon?» «Già.» «Lo sai che al liceo Jake e Simon si detestavano e poi sono diventati migliori amici?» Mi sedetti sul letto. «No, non lo sapevo. Racconta» dissi incuriosita. Si buttò sul letto. «In secondo liceo Jake si portò a letto la ragazza di Simon, come quasi ogni ragazza della scuola, tranne quelle che frequentavano Andrew, me compresa. Il giorno dopo, sono arrivati a scuola ed erano magicamente migliori amici, non si sa come. Probabilmente erano molto simili, infatti si divertivano a fare casini alle feste e a portarsi più ragazze a letto possibile.» Ma era  normale parlarmi di come facesse il puttaniere? Bah. «Scusa tesoro.. Forse questo non dovevo raccontartelo..» Mi alzai in piedi infastidita. «Ma dai» feci per andarmene ma mi afferrò un polso e mi ributtò a letto. «Mi piace raccontare. Potresti essere la mia prossima cognata, se non che mia amica, perciò rimani.» Obbedii e mi stesi sul letto. «Hai presente i ragazzi popolari e ricchi, con tante ragazze intorno, che giocano a football ecc?» Annuii. «Beh, al tempo le famiglie più ricche di L.A erano incastrate alla mafia belle strette. Te l'ha già detto del periodo in cui prendeva a cazzotti anche il postino?» Annuii sbuffando. «Beh, inutile dire che sapevamo tutti cosa faceva. E a quanto pare venivano da tutta la California per combattere, ma lui li riduceva sempre uno schifo. Non si sa quanti soldi a fatto guadagnare a quel tipo.. Omar? Om.. Va be' non ricordo. Non era nessuno e d'un tratto è diventato ricco sfondato. Poi a quella partita di football, beh.. Credo avesse tanta di quella rabbia che.. L'ha ridotto malissimo.» Mi alzai in piedi, ero stufa delle chiacchiere che mi ricordavano di che persona fosse in passato. «Ehy! Dove vai?» esclamò offesa. «Ti adoro Cass, ma meglio stia sola in questo momento. Sono abbastanza nervosa.» La porta mi si aprì in faccia, battendo sullo zigomo e sul labbro. «Dov'è Andrew?» domandò immediatamente. «Lo vedi che mi hai fatto male?!» strillai furiosa. «Dio scusa, non l'ho fatto apposta» disse prendendomi il mento tra il pollice e l'indice per dare un'occhiata. Mi allontanai per raggiungere la stanza e togliermi queste dannate scarpe che mi facevano venire le vesciche ai piedi. Mi prese il polso, facendomi girare. «Sul serio? Vogliamo litigare per una cavolata del genere?» domandò guardandomi dritto nelle pupille. «A quanto pare non ti fidi minimamente di me, non è una cavolata.» Entrai in camera, e mi tolsi la scarpa destra, lanciandola in mezzo alla stanza. «Non lo penso, ero solo nervoso. È una brutta situazione» disse passandosi una mano tra i capelli. Poi si avvicinò e mi alzò prendendomi i polsi. Mi ritrovai difronte a lui, e ci guardammo negli occhi. Il cuore palpitò come non mai. «Stai mentendo. Altrimenti non l'avresti detto.» Vidi un sorriso crescergli sulle labbra. «Lo trovi divertente?» domandai ancora più irritata e incrociando le braccia al petto. «No. Giuro.» Alzò le mani, ma quel sorriso lo tradiva. Tolsi anche l'altra scarpa, e la lanciai a terra. «Non sto mentendo. Sono un coglione, mi dispiace. Facciamo pace adesso?» Venimmo interrotti dal mio telefono, che iniziò a vibrare rumorosamente. Lui sbuffò, e io lo tirai fuori dalla mia tasca. «Sono qui sotto» disse Julie. «Julie..» sospirai. «Andiamo, Lexie, almeno parliamo.» Ero davvero curiosa di sapere cosa avrebbe voluto dirmi, ed avrei anche voluto parlarle, per capire cosa era ben successo, sentivo di sapere solo parte della storia. «Arrivo.» Attaccai e misi il telefono in tasca. Fui costretta a infilarmi nuovamente le scarpe. «No. Non vai da nessuna parte se non mi dici che abbiamo fatto pace» ordinò categorico. «Facile così.» «Avanti. Chi se ne importa di Simon o Julie o chiunque altro. Non litighiamo okay?» Sospirai «per mia sfortuna ti amo.» Gli baciai quel sorriso, e scesi di sotto. Percorsi le scale, un po' in ansia e quando aprii la porta vidi Julie. Si vedeva che soffriva, e la cosa mi faceva stare male. «Alexis» disse sorridente. «Ehy» feci un passo in avanti, e chiusi la porta alle mie spalle. Circolava una piacevole arietta, e nel giardino illuminato dal sole, c'era quell'ottimo odore di mare che metteva il buon umore. «Facciamo due passi?» annuii e camminammo verso il marciapiede. La strada era illuminata e alberata, e non passava nessuna macchina. «Ti ascolto» dissi io guardando difronte a me. «Quella mattina.. Avevamo litigato per una stupidaggine e immaginai fosse una delle solite. Poi però gli ho chiesto dove stesse andando e lui ha risposto dicendo semplicemente "provo qualcosa per Alexis".. Ha chiuso la porta e se ne è andato senza darmi alcuna spiegazione. Mi dispiace tanto ma mi sono sentita davvero invidiosa. Non avevo mai provato nulla del genere. Perché io sono veramente tua amica, e se prendi ottimi voti o se hai persone fantastiche attorno, io sono felice per te. Ti prego non pensare che sia come Izzy. È stato solo un attimo, e quando mi ha chiamata tua madre, beh lei mi ha detto che non ti aveva trovata al college, e mi ha anche detto di avere un problema, e non so grave fino a che punto. Senza pensarci troppo gli ho dato l'indirizzo e gli ho detto a che ora ti avrebbe trovata. Mi dispiace, ma ho sentito che era giusto in quel momento. Lo sai, a volte sono impulsiva e stupida ma sappi che tengo tantissimo a te, e mi dispiace davvero.» Deglutii e sospirai lentamente. «Tu pensi che io provi qualcosa per Simon?» Scosse subito la testa, e sorrise acidamente. «Assolutamente no. L'ho detto perché ero davvero confusa. Mi dispiace davvero per tutto. Mi dispiace di più per aver perso te che lui. Ma comunque sia mi ritrovo senza le due persone che  consideravo più importanti della mia vita.» «Senti Julie.. Io lo so che tieni a me, perché anche io tengo a te. E proprio per questo che mi ha stupita tanto ciò che hai fatto. È stato con lo scopo di ferirmi, e io non avrei mai fatto nulla che potesse farti soffrire. Tu sai quanto male mi ha fatto mia madre e mi hai deluso, non me lo sarei mai aspettata da te. Mi fidavo davvero.» «Puoi fidarti ancora, io sono davvero tua amica. Ho sbagliato, l'ho fatto senza pensare.» «... Questa faccenda è parecchio complicata e lo capisco. In altra situazione non avresti fatto nulla per ferirmi perciò okay. Mettiamoci una pietra sop..» Mi scattò tra le braccia, e barcollai indietreggiando per i primi secondi. Risi appena e le strinsi le braccia attorno. «Grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie.» «Di niente» risposi sorridendo. «Torni a casa?» domandò speranzosa. «Sto bene lì e preferisco rimanerci.» «Va bene, qualsiasi cosa tu voglia.» Affondai il viso nei suoi capelli biondi e profumati. Mi strizzò per un po' «ti voglio bene Alexis.» «Anche io te ne voglio» risposi distaccandomi. Tornammo indietro, e mi raccontò di Charlie e di come avessero riempito la casa di giocattoli e cuccette. Ritornai in cortile, e mi salutò prima di salire in auto. Citofonai, e mi aprirono due ragazze di all'in circa quattordici anni. La prima era bionda ossigenata, con chili di trucco e poco vestita. La seconda era mora e anch'essa mi apparve molto frivola. «Chi siete?» domandai accigliata. «Amiche di Matt» risposero all'unisono. Avevano delle voci squillanti e fastidiose. «Okay, amiche di Matt. Che ne dite di spostarvi e farmi passare?» Non ero particolarmente gentile con gli sconosciuti che non mi davano una buona impressione. Mi fecero subito spazio, e notai che mi seguirono per le scale. «Quella maglietta è di subdued vero?» domandò una alle mie spalle, apparendomi abbastanza morbosa. «Non lo so.» Arrivai nel piano, e continuavano a starmi dietro. «Scusate la schiettezza. Si può sapere cosa volete?» «Siamo amiche di Matt» ribadì la mora. «E allora? Perché piuttosto che seguirmi non andate da Matt?» domandai seccata. Jake aprì subito dopo la porta della camera. La bionda porse subito la mano, sembrava eccitata come non mai. «Lola» disse squadrandolo dall'alto in basso. L'altra era ancora a bocca aperta. «Molly» si presentò anch'essa ponendo la mano. «Lola e Molly» disse lui sorridendo, e ignorando del tutto i loro presentimenti. Le due arrossirono immediatamente, e poi mi decisi ad entrare e a sbattergli la porta in faccia. Feci un'espressione offesa ed interrogativa e lui mi stampò un bacio, prima che potessi parlare. «Ti amo» disse subito dopo. Mi baciò tante volte la guancia, stringendomi con le braccia. Il cuore palpitava forte, ogni volta che mi toccava come se fosse la prima, ogni volta che mi baciava come se fosse la prima, ed ogni volta che diceva di amarmi come fosse la prima. «Hai chiarito con Julie?» Annuii e lui passò il pollice prima sulla guancia e poi sulle labbra. Rimasi incantata dai suoi occhi quando lo fece, ma poi qualcuno interruppe l'attimo perfetto, come sempre. Chiusi gli occhi e sospirai per l'irritazione quando bussarono. Mi girai ed aprii la porta. Vidi quella Lola, che naturalmente sembrava sorpresa di vedere me piuttosto che lui. «Cerchi qualcuno?» chiesi scocciata. Jake posò il mento sulla mia spalla, e mi prese la vita tra le mani. «Matt dice che ve la cavate con i compiti e roba da secchioni. Ci date una mano?» domandò fissando Jake. «Assolutamente no.» rispose lui seccamente. «Se siete tutti stupidi come Matt ci farete uscire di testa. Aprite qualche libro e non rompete le scatole» aggiunse. «E poi devo fare benzina.» Scendemmo di sotto, dove vidi Molly, Matt e altri due ragazzini attorno ad un tavolo pieno di libri e quaderni sparsi. Jake mi diede un bacio a stampo prima di uscire di casa. Quando mi girai vidi Lola e Molly fissarmi. Dio quanto odiavo le ragazzine come loro. «Lexie, come te la cavi in algebra?» chiese Matt. Stranamente non era imbarazzato come sempre. Mi avvicinai al tavolo, e al suo quaderno. Facevano le equazioni, ed erano davvero semplici in confronto alla roba che facevo all'università. «Tu stai con il fratello di Matt?» domandò Lola mentre leggevo. «Esatto splendore» dissi con un finto sorrisetto mentre continuavo a leggere da quel quaderno. Aveva una pessima calligrafia, ma riuscii a tenere il segno. «Non ti viene?» domandai. «No» rispose lui. «Okay..» sibilai dando un'occhiata alla seconda riga. «Qui hai sbagliato il segno» lo corressi indicandogli il quaderno. Prese la penna e corresse. Era davvero dolce, e se fossi stata una quattordicenne sicuramente me ne sarei innamorata. «Cambia quindi anche i risultati qua sotto» dissi io. Annuì e deglutì correggendo gli errori. Il suo amico mi buttò il quaderno sotto agli occhi. «Non ricordo come si faccia il quadrato di un binomio, me lo puoi spiegare?» chiese gentilmente. «Certo. Allora devi fare il quadrato del primo termine, più il quadrato del secondo, più il doppio prodotto dei due termini.. In questo caso é "X alla seconda" più "Y alla seconda" più "2XY".» Mi stupii di vedere quanto fossero semplici le cose che facevano loro in confronto a quelle che facevo io a New York. «Ah ma è facile» disse riprendendosi il quaderno. «Scusa.. È giusto questo passaggio?» domandò Lola mordicchiando il tappo della penna. Esso si sporcò del suo rossetto rosa lampante. Diedi un'occhiata, e mi stupii di vedere che era davvero brava. Non me lo sarei aspettato dalla prima impressione che mi aveva dato, ma aveva fatto passaggi abbastanza complicati anche molto velocemente, e corretti sopratutto.
«Sì.. Sei brava» commentai, lei sembrò molto entusiasta del complimento. «Sul serio?» domadò incredula. «Certo. Ti piace la matematica?» «Beh se mi piacesse sarei una secchiona sfigata.» Risi per tanta superficialità. «Non sei sfigata se sei intelligente» scossi la testa. «Pensi che io sia intelligente?» chiese lusingata. «Perché non dovrei? La matematica è difficile e sembra venirti facile.» Mi alzai in piedi e poi Matt richiamò nuovamente la mia attenzione. «Scusa.. Ma non mi viene» si grattò la fronte. «Figurati» sospirai e mi piegai alla sua altezza osservando bene l'equazione. «Allora.. Qui è 49... Non 14.» «Ah giusto» arrossì e corresse. Vidi il pomo d'adamo scendere e salire velocemente e batteva le dita sul tavolo nervosamente. Forse era infastidito dal fatto che ero un po' vicina, ma cavolo, quanto si imbarazzava con facilità. Mi allontanai per raggiungere la cucina e per bere qualcosa di fresco dal frigo. Annabelle giocava con le barbie sul pavimento e trasalì quando mi vide. «Che fai per terra?» domandai sorridendo. «Giochi con me?» «Certo. Vuoi un po' di succo?» Annuì e continuò a vestire barbie. Le porsi un bicchiere e lei bevve in fretta. Mi sedetti a gambe incrociate sul pavimento freddo, e sotto sua richiesta, iniziai a vestire le barbie nel modo più "cool" possibile. Mi venne da ridere quando lo disse.
«Lo sai che Ollie mi ha dato uno schiaffo?» domandò facendomi trasalire. «E papà lo sa?» chiesi io. «È per questo che sono qui. Ollie e papà non si vogliono più bene.» «L'ha fatto solo una volta?» domandai incuriosita, ma tentando di non essere troppo invadente. Anna sembrava piuttosto tranquilla. «No» iniziò a pettinare i capelli biondi della bambola. «Sei felice di essere qui?» «Sì.» Le accarezzai la testa e lei sorrise. Era stupenda e aveva lo stesso colore d'occhi di Jake. «Mio fratello è innamorato di te vero?» chiese mantenendo lo sguardo sulla barbie. «E tu che ne sai?» domandai sorridendo. «Ti ha regalato la collana di mamma» pettinò ancora ed io rimasi impietrita. Osservai la pietra blu che avevo addosso, e mi chiesi come mai non me l'avesse detto. «Mamma ha lasciato a tutti qualcosa. Ma io non la conosco. So solo che vive nel cielo.» Mi pianse il cuore al pensiero che non avesse nessun ricordo di sua madre. Aveva solo sei anni, e non era giusto. «A volte si ha più pace in cielo che in terra, piccola.» Sorrise e mi guardò. «È vero.» rispose mostrandomi la sua buffa e adorabile dentatura, alla quale mancavano dei dentini. «Che fate voi due?» sentii la voce di Jake e alzai lo sguardo verso di lui. «Vuoi giocare con le barbie?» scherzai. Si sedette con il petto contro lo schienale della sedia. «Passo.» Sorrisi e infilai delle scarpette a quei piedini di plastica. Poi mi sentii tirare il braccio, e fui costretta ad alzarmi in piedi. Mi riavviò i capelli dietro all'orecchio quando sentii una splendida canzone di sottofondo.

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