Blue odia la sua vita. Odia casa sua, i suoi fratelli e suo padre. Dopo la morte della madre si è ritrovata catapultata in un universo completamente maschile, malato e violento. Ma ormai è abituata a tutto questo, niente deve distrarla dai suoi comp...
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Da ore mi trovavo chiuso nella sala d'attesa dell'ospedale. Quella brutta sensazione che mi aveva colpito nel mio letto, mentre attendevo un aggiornamento da parte di Joy, era più che reale.
Ero uscito di corsa per assicurarmi che stesse bene e l'avevo trovata sulla tavola spinale, pronta per il viaggio verso l'ospedale. Non l'avevo ancora vista e, soprattutto, non avevamo parlato.
Uno dei paramedici mi aveva detto che un'auto l'aveva investita, ma il conducente se l'era data a gambe dopo aver telefonato anonimamente ai soccorsi.
Sentivo la nausea attanagliarmi lo stomaco. Avrei chiamato Victor, ma il mio telefono era morto ore prima. Un dottore mi venne in contro, così decisi, per l'ennesima volta, di placcarlo e chiedere informazioni sulla mia ragazza.
«È un parente?» mi domandò. «Sono il suo ragazzo...»
Il dottore mi lanciò uno sguardo in tralice prima di sospirare. «Non potrei, ma...»
Sentii il petto alleggerirsi dal sollievo. Solo sapere qualcosa su Joy mi faceva stare meglio.
«Joy sta bene. Ha riportato alcune ferite superficiali. Nessuna frattura, lividi e basta. Potrebbe avere un trauma cranico, quindi la terremo in osservazione.»
Buttai fuori tutta l'aria che mi si era incastrata in gola nelle precedenti ore, quasi tentato di smettere di essere un freddo bastardo per un istante e abbracciare il medico.
«Nelle sue condizioni, è decisamente una grande fortuna.»
Sgranai gli occhi scioccato. Non era assolutamente possibile. Ero sempre attento. Joy non poteva essere... incinta.
«Joy è incinta?» Mi lasciai sfuggire sorpreso.
«Signor...?» «Williams... Vincent Williams.»
Il dottore mi posò una mano sulla spalla. «Vincent... Joy non è incinta. Parlo della sua malattia.»
Mi scostai immediatamente da lui. «Quale malattia?» Il dottore si rese conto dell'errore commesso, così mi saluto con la testa china, indicandomi la stanza di Joy, e se ne andò.
Mi catapultai dentro e trovai la mia ragazza a letto, gli occhi chiusi. Il viso era pulito, se non per un brutto livido sulla guancia sinistra accompagnato da qualche escoriazione. Ma nel complesso sembrava stare bene. O forse no.
Malattia? Perché non ne sapevo niente?
Con un sospiro, mi lasciai cadere sulla poltroncina accanto al letto e chiusi gli occhi, deciso a riposare.
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Quando mi risvegliai, la stanza era inondata dalla luce del sole e Joy mi guardava con gli occhi spalancati e il suo solito sorriso.