-Oddio papà, grazie. Sei il mio eroe- disse lei sorridente tornando lentamente con i piedi per terra. 

-Sono arrivato giusto in tempo, allora. Non farlo mai più però, d'accordo?- la riprese bonariamente, baciandole le fronte e scompigliandole i capelli ricevendo un verso sofferente da parte della figlia, che lo fece ridacchiare. I due raggiunsero la sala e l'uomo salutò Theresa con un leggero bacio a stampo, prima che lei lo obbligasse a darle una mano, come aveva fatto poco prima con i due figli.

Solo una volta che tutto fu pronto, ognuno andò a prepararsi.

 Amanda si fece una doccia veloce, restando poi a guardare per almeno un quarto d'ora l'armadio alla ricerca di qualcosa di elegante, ma non troppo esagerato. Alla fine optò per un vestitino beige corto fino al ginocchio, si truccò in modo molto naturale e pettinò i capelli neri come il petrolio lasciandoli sciolti, così che le arrivassero ai fianchi.

Si studiò allo specchio e notò come quella sera i sui occhi risaltassero e sembrassero più freddi che mai. Scosse la testa e guardò l'ora, dandosi una mossa a finire di prepararsi.

Volendo restare comoda si mise un paio di scarpe basse e poi  uscì dalla stanza. Scese le scale canticchiando a bocca chiusa una delle sue canzoni preferite di Avril Lavigne, chiedendosi come sarebbero stati i figli dei colleghi di suo padre.

In soggiorno trovò Edward, seduto sulla sua poltrona, e ​James, che aveva preso posto sul divano vicino al caminetto, che guardavano la televisione per ammazzare il tempo. Si accomodò vicino al fratello e rispondendo a qualche messaggio delle sue amiche. Avvertendo una strana sensazione, si voltò verso il padre con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo preoccupato. 

-Papà? Tutto bene?- l'uomo si irrigidì, ma cercò di non farlo notare, rispondendo con un veloce 'sì' e un sorriso che sembrava tutt'altro che vero. 

Essendo molto empatica, Amanda riusciva a capire l'umore di una persona semplicemente da come si muoveva o dal suo sguardo. Lei si definiva semplicemente una grande osservatrice e non capiva perché in molti, tra cui i suoi amici, fossero convinti che possedesse qualche tipo di potere magico. Non sopportava quando glielo facevano notare e puntualmente cambiava discorso, non credendo ad una singola parola.

Edward Evans, padre dei due ragazzi, si alzò dalla poltrona appena ci fu una pausa pubblicitaria e raggiunse la cucina per parlare con sua moglie, intenta a controllare che l'arrosto fosse perfetto.  Amy, che non aveva creduto alle sue parole, aspettò un paio di secondi e lo seguì, facendo segno a James di restare in silenzio. 

Aveva deciso di scoprire da sé la verità.

Si nascose dietro alla porta socchiusa, ma riuscì a captare solo alcune sprazzi della discussione, frammenti di frasi.
"Come vuoi agire? Non pensi che sia troppo presto?"
"Non lo so, ma è giunto il momento. Sento già la sua forza."

James non sapeva come allontanare la sorella, ma era sicuro che se lei fosse rimasta ancora lì sarebbe scoppiato un bel casino, e di certo ci sarebbe passato anche lui.

Proprio in quel momento qualcuno suonò il campanello e il ragazzo ringraziò la Dea.

-Amy puoi andare tu? Io sono al telefono.- le disse, nascondendo un sorriso furbo, e allontanandosi con il cellulare attaccato all'orecchio.

La ragazza si allontanò a malincuore dalla porta e andò verso l'ingresso. Si lisciò il vestito e fece un piccolo sorriso prima di aprire la porta. 

Tuttavia quello che si presentò davanti ai suoi occhi non furono  i colleghi di suo padre con i loro figli e le loro mogli, ma un uomo con i capelli color neve ed il fiato spezzato.
Se ne stava piegato in due, con le mani sulle ginocchia cercando di recuperare e di regolarizzare la respirazione.

Amanda urlò a pieni polmoni, non sapendo che altro fare, quando notò la maglietta zuppa di un liquido che sembrava decisamente sangue. Il primo a raggiungerla fu Edward, che le poggiò una mano sul braccio e la tirò indietro, nascondendola dietro il proprio corpo ancor prima di capire quello che stava succedendo. Una volta che vide il nuovo arrivato, le sue spalle si rilassarono almeno un poco, anche se rimase comunque vigile.

-James, salite al piano di sopra.- disse serio, facendo annuire il giovane, che trascinò la sorella su per le scale ancora scossa. La mora sentiva che qualcosa non tornava, avvertiva qualcosa che le stringeva lo stomaco.

Una volta che raggiunsero camera sua, si sedette sul letto, dalle lenzuola color cipria, e iniziò ad ondeggiare avanti ed indietro in modo nervoso. Il castano le si sedette accanto e la strinse a sé, facendole poggiare la guancia sul suo petto. La ragazza si lasciò andare, si rilassò e strinse tra le sue dita sottili il tessuto morbido della camicia bianca di lui, assaporando il suo profumo familiare.

-Shh. Tranquilla, andrà tutto bene.- le disse aumentando la stretta.

-Ho paura. Ho come strana sensazione che mi dice che c'è qualcosa che non torna, che questa visita significhi più di quanto io e te possiamo immaginare.-

-Hey, ora calmati.- la interruppe. -Non c'è niente di cui preoccuparsi. La tua testolina sta dando i numeri?-

-Ma quell'uomo aveva la maglia sporca di sangue...-

-Amy sono sicuro che ti è solo sembrata sporca. Io non ho visto nulla.- l'interruppe, mentendole e sentendo il cuore contorcersi. Lo stava facendo per il suo bene, o almeno così provò a giustificare se stesso.

Nel frattempo i coniugi parlarono con lo sconosciuto, che si era identificato usando la parola d'ordine delle sentinelle.

-Quindi vogliono la guerra?- chiese furioso Edward, mentre Theresa si torturava le mani.

-Sì, signore.-

-Theresa.- la chiamò l'uomo, non ricevendo risposta. -Tessa.- riprovò, riuscendo finalmente a smuovere la moglie dai suoi pensieri.

-Si?-

-Vai ad avvertire James.- disse il Signor Evans, accarezzandole un braccio per tranquillizzarla.

La donna annuì e salì velocemente al piano di sopra, andando in fretta e furia verso la camera di sua figlia. Bussò leggermente e poi entrò.

-James, ti vuole tuo padre.- mormorò, mentre il giovane la guardò sbalordito, eseguendo però l'ordine senza dire una parola.

Era riuscito finalmente a far calmare Amanda, che era crollata in un sonno non privo di sogni. Tessa fissava la figlia, sdraiata in posizione fetale, e si sedette ai piedi del letto. Un sospiro pesante uscì dalle sue labbra e, successivamente, il suo volto venne solcato da alcune lacrime silenziose. La guardò con una certa preoccupazione e malinconia.

-La mia bambina...- disse nostalgica, accarezzandole una guancia. -E adesso che cosa faremo?-

The Daughter Of The AlphaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora