Cap. 3 - Il momento per le scelte

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Stetti in bagno per un po', dovevo essere certo di ogni mia mossa, valutai che era meglio farla quella doccia, poteva calmare il mio battito cardiaco ed aiutarmi a pensare. Minuti interminabili pieni di preoccupazione, l'ansia pian piano calò e mi ritrovai a pianificare la mia uscita da quella situazione, era il mio primo obiettivo, andarmene da quella casa, all'istante e senza creare allarmismo. 

Uscii dal bagno con l'accappatoio indossato ed in mano i vestiti che coprivano la scatola con le prove, 

"Tony sono rientrato, ti aspetto giù, hai voglia di pizza?";  questa non ci voleva, dovevo tenere botta ancora per un po', a cena gli avrei detto che avevo deciso di partire;

"Ottimo Professor Freeman", dissimulai il mio stato di agitazione a perfezione, ed avevo pure il tempo per rientrare nello studio a riprendere le cassette;

"E' tutto pronto, ti aspetto giù";

"Arrivo, ho delle novità".

Mi calmai, rassicurato dal suo tono di voce, preparai la valigetta nascondendo le prove della sua colpevolezza e la portai giù con me per evitare di dover risalire, cosa assolutamente da evitare.

La tv accesa ed il racconto delle nostre giornate fecero passare quella mezz'ora in serenità, poi mi inventai la storiella di aver deciso di aver capito finalmente quale fosse la strada da scegliere e che era stato per merito suo. Mi sorpresi da quanto fossi stato capace a dissimulare la mia agitazione, forse i miei sguardi si erano un po' troppo soffermati sulle sue mani, ma mi sentivo in assoluto controllo mantenendo una distanza di sicurezza.  

Ci salutammo sotto una pioggerellina intensa e fredda, tipica di queste latitudini, lo vidi immobile a braccia conserte osservarmi mentre prendevo per il sentiero. Sorpassai il cancello ed un'ondata di brividi mi percorse da testa ai piedi, ma non mi sentivo ancora al sicuro. Volevo volare, imboccai la grande strada costiera Elliott Bay spiando lo specchietto posteriore, il traffico mi diede un po' di tranquillità, ed infine il lungo viaggio verso New York.

Arrivai a mattino inoltrato, dovevo parlare con il mio superiore, Perkins, ci misi venti minuti a cambiarmi, pronto a rientrare nell'accademia, forse la luce ed il tempo passato in macchina mi fecero desistere dal denunciare subito il mio caro ex amico e mentore, potevo compiere delle ricerche preventive, tanto per essere certo, e poi magari quelle foto potevano avere qualche altra spiegazione.

Mi infilai nella divisa dell'accademia, il blu ti fa sentire più al sicuro e le mostrine ti danno un senso di appartenenza che volevo disperatamente ma che facevano a pugni sul senso di amicizia e riconoscenza che avevo per quell'uomo. Nonostante avessi visto e rivisto quelle foto non potevo capacitarmi sul loro significato e non ne trovavo nessun'altro. Pensai al serial killer catturato insieme, a tutti gli aneddoti che aveva saputo individuare, forse troppi pensai.

Chi era quella ragazza, sul ciondolo della catenella c'erano due iniziali: S G, se si fosse trattato di una delle vittime attribuite al mostro di Aberdeen (così lo avevano battezzato i media locali) sarebbe cominciata una nuova caccia all'uomo e forse sarebbero iniziate a circolare voci su due mostri o addirittura tre poichè a quel punto pure io avevo collaborato a depistare le indagini. Chi era veramente Freeman? un simpatico Professore molto arguto o uno spietato serial killer che aveva scelto accuratamente il luogo perfetto per compiere le sue nefandezze?

Chiamai Perkins annunciandogli la mia decisione di tornare nei ranghi della polizia investigativa, non credo che se lo aspettasse, in fondo non lo avevo mai cercato nel mese di riflessione, e nemmeno lui aveva cercato me; entrambe davamo per scontato che quella carriera non mi interessava più, ma così non era e non per un ritrovato slancio ma solo per una sfortunata serie di eventi, l'ultimo dei quali avrebbe trasformato la mia vita e quella di molti altri.

Chi ha ucciso Shona Grey?Where stories live. Discover now