Cap. 1 - Il successo è come un faló

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Quando arrivi al punto di non provare più gioia ad andare a vedere la tua squadra del cuore allora significa che hai spremuto il limone fino in fondo. Così mi iniziavo a sentire a maggio di quell'anno stupendo in cui avevo avuto talmente tanto successo da non importarmi più del mio futuro. L'accademia di polizia aveva perso di significato, persino il capo della polizia di New York, un tempo stella polare della carriera che avevo da sempre sognato,  era divenuto un mio fan e questo la dice lunga sulla mia voglia che avevo di proseguire la carriera, che a dire il vero era appena iniziata.

Il triste momento in cui ti devi ricacciare nelle tue braghe era infine arrivato per fare i conti con i comuni mortali. Che faccio chiamo qualche mia nuova conoscenza per buttarmi in politica? Proprio non mi vedo a fare i comizi ad andare in tv a dire parole senza senso, per quelli come me, pensare che non ho neppure mai votato. Fare io direttamente tv? Le volte in cui ci ero stato mi erano parsi così poco inclini alla sinceritá. Annaspo nel buio, tirare a campare ha poco senso senza entrate sufficienti a mantenere il mio attuale stile di vita. Certo che il successo ti avvantaggia ma ti costringe anche a non fermarti mai, per goderne devi aumentare le dosi. In fondo so di non meritare tutto ciò che ho, è stato un colpo di fortuna capitare li proprio durante quel banale incidente d'auto. Chi si immaginava che il conducente nascondeva nel porta bagagli una vanga sporca di sangue. Per un forestiero che andava a trovare un vecchio amico era abbastanza semplice fare due più due; o si trattava di un cacciatore o di un assassino. Bastarono poche settimane di indagini per capire che li qualcosa non quadrava, ma devo dirlo con sincerità, se non ci fosse stato il mio caro amico e mentore che li ci viveva da vent'anni, non avrei mai potuto capire che ogni cinque anni un pazzo si divertiva ad accoppare giovani donne per poi farle puntualmente svanire nel nulla, che per la cronaca era il suo forno. La figlia dello sceriffo era stata la prima a scomparire, ben vent'anni prima, giovane e carina; per lei si era smobilitato persino l'esercito in perlustrazione continua per più di un mese, senza trovare nulla. L'America vulnerabile e malata aveva cominciato a vivere nel tunnel del terrore dei serial killer, sempre più sanguinari; un cancro ripreso ad arte prima dalla letteratura e poi da hollywood. Quella ragazza finalmente aveva avuto la sua giustizia ed il paese sembrò aver trovato il demone colpevole di decenni di nefandezze, per questo motivo diventai l'eroe del momento, il salvatore; una vera idiozia che non spettava a me controbattere; tutti sapevano che quella società perfetta e vuota produceva i suoi mostri e che da li a breve ce ne sarebbero stati degli altri.

Il clamore pian piano abbandonò i luoghi che frequenti, i saluti e le telefonate diminuirono, e purtroppo anche il periodo a tempo indeterminato di ferie premio giunse al termine, non che volessi sinceramente tornare a seguire la carriera di detective, a quale scopo? La fama era già arrivata, i soldi pure, anche se non sarebbero bastati per molto, e tutti quei gadget che bramavi da ragazzo erano diventati stupidi soprammobili. L'unica cosa che aveva senso era parlare con qualcuno a cui stavo veramente a cuore,  e chi meglio del mio mentore, chi più di lui poteva darmi il consiglio più adeguato a prendere la decisione migliore? Nessuno, nemmeno i miei genitori che sicuramente avrebbero visto di buon occhio una carriera forense essendo essi stessi avvocati.
Fù così che presi armi e bagagli per ritornare in quella cittadina ormai famosa più per causa mia che del più grande gruppo rock di tutti i tempi.
"Marc, ciao,",
"Chi si risente",
"Giá, sai che tra venti minuti qualcuno verrá a bussare al tuo campanello?",
"E tu sai che un secondo dopo dovrai salire in macchina con me per andare ad un raduno grunge?",
"È impossibile coglierti di sorpresa, non ci riuscirò mai",
"Detective Endelmann, qualcosa mi dice che hai bisogno dei miei servigi",
"Professor Freeman, le sue argomentazioni non fanno una piega, ci aggiunga un pizzico di stato confusionale ed il quadro è completo".

Adoravo quell'uomo, così semplice e sereno, a metá strada tra un padre ed un nonno, ma con un innato senso dello humor che lo rendeva per chiunque interessante. Anche a lui era toccata la metá della dose della fama che però aveva saputo ben amministrare, al riparo degli eccessi che invece avevo provato io, Aberdeen non è così comoda per i network new yorkesi, era quindi toccato a me presenziare nelle trasmissioni più o meno strampalate, mentre lui se la cavava sempre con un discreto collegamento via skype che il più delle volte rendeva terribile di proposito per non dilungarsi troppo.
Condividevamo l'amore per la musica forte, a dire il vero era stato lui ad indirizzarmi verso i concerti grunge, accadde quando lo conobbi. Era il mio insegnante di psicologia forense all'universitá di Seattle e dopo una tremenda e stupida caduta dal banco con conseguente rottura del polso, era toccato a lui portarmi all'ospedale. Da li scoprii che quell'austero insegnante altri non era che un produttore musicale che aveva l'immensa fortuna di conoscere i più importanti gruppi grunge dell'epoca, Nirvana compresi. Ero a secco di quel genere che sembrava null'altro che una nuova moda passeggera, e così gli avevo detto per poi ricredermi con gli interessi, quando ai Nirvana seguirono i Pearl Jam, i Melvines, gli Alice in chains e tanti altri dei quali diventai un fan sfegatato.
Non ci fu nemmeno il bisogno di premere il campanello, era giá li ad aspettarmi con la solita vecchia Buick color amaranto, forse l'unica al mondo, quel sorriso che illuminava il viso grazie al contrasto con i denti bianchi e la carnagione scura, mi fecero sentire giá meglio.
Ma quel momento, purtroppo, non poteva durare a lungo, da li a qualche ora il mondo sarebbe stato capovolto ed io pure.



Chi ha ucciso Shona Grey?Where stories live. Discover now