Chi dice che un libro non uccide?

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_Sola nella mente_

Non so il momento esatto in cui il mio cuore iniziò ad anelare il profumo inebriante delle pagine dei libri.

Non so nemmeno quando iniziai ad amarli i libri.

So solo che fu un colpo di fulmine che pian piano mi portò alla più completa  e sorda solitudine.

Ricordo che quando ero piccola mia madre era solita leggermi le fiabe e io, da brava bambina, rimasi affascinata da quei racconti così belli pieni di eroi e di magia.

Passarono gli anni e con loro aumentò la mia voglia sfrenata di libri, via via sempre più impegnative man mano che il tempo passava. Imparai a leggere quando forse ero troppo piccola perfino per contare ma al tempo stesso appresi uno dei più grandi amori della mia vita.

Li amai fino ad annullarmi, nevvéero, e quello che era solo una passione di una bambina si trasformò lentamente in una cupa ossessione. Erano diventati così indispensabili per me che il mio carattere così libertino e indipendente ne ebbe paura. Come poteva l'amore far così male? Come avrebbe potuto un libro uccidermi? Eppure non vivevo più se non tra le loro pagine.

Odiavo dipendere da qualcosa o da qualcuno e loro erano diventati la mia droga. Il mio unico respiro.

Ma la realtà in fondo non è fatta per tutti.

Ci son persone che nascono per vivere tra la gente e persone che sono nate per rimanere nel loro mondo perché incompatibili col mondo esterno.

Gli esseri umani sono per natura sociali ma chi mai ha detto che non esistano le eccezioni che ne confermano la regola?

A mio rammarico me ne accorsi troppo tardi e come un alcolista schifato di se stesso presi tutti i miei libri e con il cuore spezzato li buttai in una polverosa soffitta. Oh non l'avessi mai fatto!

Una parte della mia anima rimanne sempre con loro sfregiandomi giorno dopo giorno, in una continua tortura.

Fu così che in una notte di dicembre, quando perfino i cattivi riposano, li ripresi in mano, con fare esitante.

Credo che fu in quell'esatto momento che capii il vero significato della parola sognare.

Ora che ci ripenso ero troppo piccola per capire il danno che feci riprendendo in mano quei libri ma non me ne faccio una reale colpa.

Ancora oggi sono pochi a capire quale pericolo sia la conoscenza per la nostra mente e non pretendo di essere considerata superiore ai normali esseri umani.

Quella notte però barattai la mia vita con il diavolo, condannando la mia anima verso la più totale incomprensione altrui. Posso ancora quindi essere considerata umana?

Eppure la sensazione della carta stampata in mano aveva un che di liberatorio che quasi ne ebbi paura. Credo che la mia mente da bambina avesse la piena consapevolezza della schiavitù e della primordiale recriminazione a cui si stava sottoponendo. La mia mente era fin troppo debole per poter supportare la melodrammacità del mio inconscio che mi ripudiava ad uno status di diversa con vanagloria.

Ma ancor ora sono convinta di preferire di gran lunga servire in Paradiso che governare sulla terra.

E fu lì che sognai, forse per l'ultima volta.

Quelle pagine bianche emanavano un così buon profumo di carta stampata che ancora oggi ne sento il profumo. Quelle parole scorrevano leggere, accarezzando la mia anima, nel mentre che il mio cuore e la mia mente seguivano attentamente lo scivolare di ogni pagina, sussultando di tanto in tanto.

Le pagine così bianche e pure scorrevano lente, illuminate dalla luce bianca della luna e protette dal buio della notte.

E il silenzio faceva da sottofondo come una colonna sonora ad un film.

Sussultavo, ridevo, piangevo e sorridevo in silenzio beandomi di quell'atmosfera magica che come latte rigenerava la mia mente.

Passò il tempo però e la fase chiamata " adolescenza" arrivò.

Mi sentivo strana, mi sentivo diversa, diversa da loro.

Sembrava come se io avessi saltato quella fase, come se il destino un giorno avesse detto: "No cara, tu non sarai un adolescente, non fa per te".

Ero in qualche modo conosciuta a scuola anche se in modo contorto. Non ebbi mai amici e tutti preferivano starmi alla larga. La solitudine che mi circondava era così opprimente che i libri erano la mia unica via di salvezza, ancora una volta.

La mia salvezza che era prigione e ghigliottina.

Fu lì che capii di non appartenere a questo mondo.

La mia vita continuava come un disco rotto. Non ricordo se qualcuno provò mai ad approcciarsi con me ma sapendo il finale della mia storia non ne credo la possibilità.

La sensazione di essere incompresi era soffocante a tal punto che rimanevo viva solo in quei momenti di silenzio puro, quando, sola, mi lasciavo inebriare da quel dolce profumo.
Durante quei momenti non provavo dolore o sofferenza sapete? Solo pura e semplice pace.
Ma quella pace era troppo dolce per poterla abbandonare e fu in quel momento che mi lasciai completamente andare.

Mi lasciai trasportare cullata dalle dolci note del silenzio verso la mia pazza dolce follia, lontana da quel mondo che non comprendevo.

E fu il rumore del silenzio l' ultimo suono che sentii, seguito dal tonfo di un corpo senza vita.

Oggi ci sono molte cose che ancora mi chiedo, su di me e su quella che fu la mia esistenza.

Eppure nessun silenzio è concesso a me che ho osato sprecarne il tempo.

E un'unica parola riecheggia dove ora mi trovo...

Debole

E voi? Voi la sentite la mia storia riecchieggiare nel silenzio più nero?


Giulia

Brooklyn, 2015


Cari lettori,

se avete già letto questa storia dovete sapere che sì l'ho revisionata e non so quante volta ancora la perfezionerò. Siate pazienti e spero di correggere tutti gli erroracci che ho da sempre ignorato.

Facendo una breve rilettura sono impallidita di fronte alle schifezze che ho scritto e davvero non capisco come abbia mai avuto il coraggio di pubblicarle. Ma ero piccola capitemi e certi argomenti li ho trattati con fin troppa superficialità. Questa prima storia non mi fa impazzire anche perché irreale e un po' gonfiata. Le sensazioni di tutti noi lettori non arrivano e non arriveranno mai (o almeno lo spero vivamente) a un suicidio e per questo ho deciso di cambiare un po' le carte in tavola. 

La voce narrante è per l'appunto una bambina appena adolescente che da' colpa del suicidio al suo essere diversa e quindi al fatto di essere un amante dei libri. Considerando l'età della narratrice ho deciso di lasciare tutto il pensiero un po' infantile cambiando il lessico di alcune frasi per far capire la semi-maturazione del post-morte (e anche perché se non l'avessi fatto avrei dovuto completamente stravolgere il tutto.)

Se non sono riuscita nell'intento vi prego di scrivermelo nei commenti o in un messaggio privato o con i segnali di fumo (come meglio credete insomma ahah).

Ci tengo molto a queste storie e a questo libro e spero un giorno di renderlo una buona e appassionante lettura.

Bacioni

Alhena

H.S.A.-Human Souls AnecdotesWhere stories live. Discover now