7 bis: Testa o croce

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Liam era l'ombra di sé stesso. Sembrava un uomo divorato dalle fiamme, pareva invecchiato di dieci anni. Il rimorso non gli dava tregua.

Si versò l'ennesima tazza di caffè amaro, l'unico alimento che tollerava in quel frangente, e ricominciò a scrutare la cartina, come se a forza di consumarla con gli occhi sarebbe all'improvviso comparso un altro percorso per raggiungere la zona della frana.

Dei suoi compagni di sventura, solo Richard era all'ospedale, ricoverato in Unità di Cure Intensive Coronariche. La prognosi era favorevole; Liam l'aveva salvato. Ma al ragazzo non importava di nulla, solo di ritrovare Harry e Louis.

Avevano convocato una unità di crisi in collaborazione con l'elisoccorso alpino, ma a parte una breve toccata e fuga del mattino, quando il vento bastardo aveva concesso loro una breve tregua, non erano ancora riusciti a fare una perlustrazione della zona per via aerea. I due, che Liam voleva fermamente convincersi che fossero ancora vivi, erano completamente isolati.

La frana sul versante orientale era imponente, la più grave degli ultimi dieci anni. Aveva scoperto che il tremare del suolo, quando erano al rifugio durante l'uragano, non era stato causato solamente dai tuoni: una fetta di montagna era letteralmente slaminata verso il basso, causando la rottura dell'altro faldone di roccia che bloccava la via per il crinale.

Liam si incolpava per aver trascinato il suo gruppo in un luogo così inaccessibile, anche se le previsioni meteo non avevano assolutamente dato modo di immaginare una tale catastrofe. L'uragano si era sviluppato velocemente, ed all'improvviso. Ma lui si sentiva in colpa lo stesso. Poi, la cosa peggiore era l'aver perso l'autorità sul gruppo nel momento della decisione di attraversare la frana: la sua giovane età, ed il rispetto per l'esperienza dei tre escursionisti più anziani, l'avevano indotto ad accettare di fare una cosa che mai e poi mai avrebbe dovuto provare a fare, con conseguenze terribili.

I suoi colleghi più anziani non l'avevano accusato di inadempienza, anzi, si erano prodigati per rassicurarlo, ma Liam non aveva pace. Gli sembrava di essere precipitato in un incubo, e di non riuscire a svegliarsi. Solo che l'incubo era l'amara realtà.


In questo stato d'animo, abbandonò a malincuore la cartina e rientrò nell'ufficio della guardia forestale, dove c'erano due suoi colleghi ed altre persone che discutevano per risolvere la crisi. Con un'occhiata fuori dalla finestra vide con sollievo la presenza di due poliziotti a garantire che nessun giornalista entrasse ad intralciarli. Avevano dovuto promettere una conferenza stampa per placare l'assalto dei cronisti, fissata di lì a due ore.

I presenti alzarono lo sguardo su di lui, smettendo di parlare.

Il suo capo gli si rivolse in tono cauto: -Liam, secondo il colonnello il tempo non migliorerà oggi. A questo punto, dobbiamo raggiungerli via terra.-

-Voglio andare.-

-Ne abbiamo già parlato, e secondo me dovresti rimanere qui; ma ti capisco, e non te lo impedirò. Partirete dopo la conferenza stampa. Ora, vai a casa a prepararti. Sarà una operazione di recupero molto lunga; a questo punto, sai quali saranno le probabilità di ritrovarli in vita.-

Liam annuì, con le lacrime che gli rigavano le guance. Non gliene fregava nulla di farsi vedere così da quelle persone, non gli importava di niente e di nessuno, ma doveva recuperare i suoi escursionisti, a qualunque costo.

Andò a casa, evitando di incrociare gli occhi di Sophia, la sua fidanzata. La ragazza era rimasta a casa da lavoro per stargli accanto, ma Liam aveva rifiutato qualsiasi aiuto da parte sua. Andò a fare la doccia, poi preparò lo zaino.

-Liam.. una cosa sola. Stai attento. Ti prego- mormorò lei, e Liam annuì, lasciando che finalmente lei lo abbracciasse.

-Lo ritroverai. Non è colpa tua- gli ripetè per l'ennesima volta, ma il ragazzo già non era più presente: stava di nuovo rivivendo il momento in cui aveva accettato di attraversare la frana, immaginando un finale diverso, torturandosi all'infinito nella prigione della sua mente.


La saletta dove era convocata la stampa era gremita, la notizia aveva avuto una notevole  risonanza, giungendo ad avere eco nei telegiornali nazionali. Liam era visto come l'eroe della situazione, nonostante l'accaduto, perché era riuscito a salvare Richard ed allertare i soccorsi, ma lui era di tutt'altro parere.

Si sforzò di prestare attenzione a ciò che dicevano il suo capo e gli altri, ma fu solo quando un giornalista gli rivolse una domanda che tornò sul pianeta Terra.

-Signor Payne, le ho chiesto che legami ha con uno dei due soggetti dispersi, il signor Styles-

-La domanda non è attinente- intervenne il suo capo, ma lui lo bloccò con una mano.

-E' il mio migliore amico.-

-Si sente in colpa per l'accaduto?-

-La domanda non è pertinente!- Alzò la voce il suo capo, alzandosi, mentre il brusio cresceva.

Liam guardò negli occhi la giornalista, e gelò la sala.

-Non me lo perdonerò mai.-

Si alzò, concludendo così la sua performance pubblica, e tornò nell'ufficio della guardia forestale, ignorando tutto e tutti.

Arrivò al suo zaino e ci si sedette a fianco, a terra, con la testa tra le mani. Cercò un fazzoletto nella tasca dei pantaloni, trovandoci invece una monetina. Quella era un'abitudine che gli aveva trasmesso Harry: avevano conservato due sterline di resto, tornando da un viaggio in Irlanda di due anni prima, ed Harry le aveva assunte come portafortuna, obbligando l'amico a tenere la sua in tasca, come lui. Liam strinse la moneta con forza, fino a stamparsela dolorosamente sul palmo. Poi, sfidò la sorte.

-Testa, non li salveremo. Croce, li troveremo vivi.-

La lanciò. Croce.

Annuì. Sarebbe andata così. E quando l'avrebbe ritrovato, gli avrebbe chiesto di fargli da testimone di nozze.

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