Cammino silenziosamente tra due alti edifici, mentre l'odore acre di urina mi investe senza tregua. Uscito dal vicolo, mi ritrovo sulla strada principale e alzo lo sguardo verso i cartelloni pubblicitari: modelle perfette e bibite famose campeggiano ovunque, simboli di un consumismo compulsivo che ormai domina il mondo.
Sbuffo infastidito e tiro giù il cappuccio, riducendo ulteriormente la mia visuale. Con la testa bassa riprendo a camminare, mentre le auto sfrecciano accanto a me e il vociare della folla riempie l'aria. Sento gli sguardi sfuggenti di alcuni passanti e i bisbigli di altri che commentano il mio abbigliamento trasandato.
Abbasso gli occhi su di me: jeans logori, una maglietta grigia anonima e un giubbotto nero semplice. Nulla di così scandaloso.
"Bah, cavoli loro" penso scocciato.
Giungo nel centro di Layss City, dove grattacieli di vetro e acciaio svettano nel cielo, sfidando la gravità. I marciapiedi sono affollati di persone che camminano a passo svelto, come se quella fretta potesse davvero fare la differenza.
"Due minuti in più valgono davvero la scusa per spintonare chiunque capiti a tiro?" mi chiedo, mentre due uomini d'affari si urtano con le loro valigette nere senza nemmeno degnarsi di un'occhiata.
Continuo con il mio solito passo lento, immerso in un bombardamento sonoro di esplosioni e sparatorie.
Sopra di me, un mega schermo trasmette uno spot delle Forze Speciali.
Un energumeno dai capelli a spazzola blocca un camion portavalori con un pugno sul cofano. Squasser, agente dotato di super forza e resistenza epidermica.
Una donna in una tuta aderente si muove tra un gruppo di uomini armati: nessuno riesce a colpirla, mentre lei li mette al tappeto con una serie di mosse letali. Vinica, esperta di combattimento corpo a corpo, capace di teletrasportarsi e di modificare la propria struttura corporea.
L'ultimo mostrato nello spot è Killa, un agente capace di percepire i bisbigli a un chilometro di distanza e di calcolare traiettorie con una precisione quasi sovrumana. Sullo schermo appare in cima a un grattacielo, il trench che svolazza nel vento, con la mano a coppa sull'orecchio mentre ascolta la città.
Decisamente il meno appariscente dei tre.
Probabilmente ho visto solo il finale dello spot, perché so bene che gli agenti con superpoteri nelle Forze Speciali sono decine.
Alcuni bambini saltano eccitati, indicando lo schermo con occhi sognanti.
"Poveri illusi."
Lancio un'ultima occhiata alla pubblicità proprio mentre appare l'accademia degli agenti super. Un edificio gotico ed elegante, non troppo grande a giudicare dall'immagine. Non l'ho mai visto dal vivo, ma so che si trova in periferia. Non certo nella zona malfamata, almeno per quel che ricordo.
Mentre i bambini supplicano i genitori di iscriverli a quell'accademia, li supero sul marciapiede e riprendo la mia lenta marcia verso il lavoro.
Nonostante sia già tarda mattinata, mi sento ancora assonnato. È sabato, avrei voluto dormire, ma Pitar, il mio capo, ha deciso di assegnarmi il primo turno.
«Non so nemmeno perché ci vada ancora, mi pagano pure una miseria» mormoro tra me e me, maledicendo la mia pigrizia nel cercare un lavoro migliore.
"Solo quattro ore e poi posso tornarmene a casa. Resistiamo!" mi incito da solo.
Svoltato l'angolo, scorgo finalmente il piccolo supermercato che mi dà da mangiare.
"Fa proprio schifo a vedersi!" esclamo avvicinandomi.
L'insegna TUTTO PER VOI brilla a intermittenza, con alcune lettere annerite dalla sporcizia mai pulita. I vetri sono incrostati agli angoli e la maniglia della porta è così consumata da aver perso ogni traccia di colore, lasciando solo un grigio anonimo.
Un campanello, che funziona quando gli pare, annuncia il mio ingresso. Con le mani in tasca passo davanti al bancone sguarnito e mi dirigo alla porta accanto, quella che porta agli spogliatoi.
Appena dentro, sulla sinistra, c'è un piccolo bagno tanto angusto che si riesce a malapena a muoversi. Quando ho sonno, mi ci chiudo dentro e mi siedo sul water, appoggiandomi al lavandino di fronte per farmi un pisolino. Per fortuna non sono né alto né grosso, altrimenti non ci starei.
Di fronte ci sono due sedie e cinque armadietti. Il mio è quello in fondo, vicino alla finestrella lunga e stretta che dà sul vicolo posteriore. Per lo più ci passano senzatetto e netturbini, ma ogni tanto vedo aggirarsi anche qualche cane o gatto randagio.
Apro l'armadietto e infilo dentro la giacca, tirando fuori il grembiule bianco ormai macchiato in modo indelebile. Non l'ho mai lavato da quando me l'hanno dato, quasi un anno fa.
Nello specchio davanti a me, usato soprattutto dalle mie colleghe per sistemarsi i capelli, osservo il mio riflesso.
"Che perdita di tempo" penso con un ghigno.
Le occhiaie attorno agli occhi sono lievi, ma presenti. Colpa delle nottate al PC. I capelli neri e arruffati sparano in ogni direzione, nonostante siano abbastanza corti. Provo a domarli con una mano, ma si ribellano subito, come sempre.
Alzo le spalle e chiudo l'armadietto a chiave: dentro ci sono il mio portafoglio e le chiavi di casa, meglio non rischiare.
Osservo ancora il mio riflesso.
"La barba sta già ricrescendo... Non può rimanere tutto liscio come quando ero bambino?"
Mi passo una mano sulla guancia leggermente scavata e fisso i miei occhi marroni. Le pupille si dilatano e si restringono impercettibilmente alla luce della finestrella.
Sospiro ed esco, sperando che la giornata passi in fretta.
Neanche il tempo di pensarlo che vedo spuntare la testa calva di Pitar.
«Ah, per fortuna eri tu! Stavo cercando di capire se il campanello fosse impazzito o se qualcuno si stesse nascondendo tra gli scaffali. Saluta quando entri, altrimenti rincoglionisco prima del tempo!»
«Ciao, Pitar» mormoro, fermandomi davanti a lui per fargli capire che mi sta bloccando il passaggio.
«Hai ancora dieci minuti prima del turno, puoi riposarti un po' se vuoi.»
«No, tranquillo. Se mi fermo ora, rischio di non carburare più. Tanto varrebbe tornarmene direttamente a casa» gli rispondo con un cenno per invitarlo a spostarsi.
Pitar mi guarda confuso, poi scuote la testa.
«Come vuoi» si limita a dire, lanciandomi quello sguardo da sei un tipo strano.
Lo stesso che mi fece quando mi assunse.
All'epoca, gli bastò un'occhiata ai miei documenti per fissarmi così. D'altronde, in un mondo in cui quasi tutti hanno un superpotere, non averne nessuno è quasi un'anomalia.
Abbasso lo sguardo e mi incammino tra gli scaffali, pronto a sistemare la merce con la mia solita flemma.
"Speriamoche passi in fretta."
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Project Omnibus/Omnipotens
Science FictionA Layss City le forze dell'ordine non possono mai stare tranquille, infatti bande di super criminali sono sempre attive e pronte a disturbare l'ordine che la polizia tenta di mantenere. Per questo motivo sono state create le Forze Speciali, una task...
