-L'avvento: il segreto svelato-

22 7 0
                                    

-Sento il dolore degli altri sulla mia pelle. Le urla disperate della gente in cerca di aiuto risuonano costantemente nelle mie orecchie, ma spesso vengono ignorate. Ho imparato a trattenere le mie emozioni, poiché il mondo ci insegna a farlo, ma il mio cuore batte sempre più forte, la rabbia mi pervade, dolce come il bacio della morte. Guardami negli occhi e dimmi cosa vedi.-

Il Dio che non interviene al massacro e al dolore dei propri credenti e anche esso complice del male.

Gaia si rialzò lentamente e fissò Lour con sguardo impaurito, per la reazione che potesse avere. Sapeva o non sapeva, ricordava o no? Erano queste le domande che si poneva. Lour si tolse lentamente il cappuccio, rivelando un volto segnato dal tempo. "Fai ciò che devi," disse con voce calma, "io non interferirò con il corso degli eventi." Gaia sgranò gli occhi, comprendendo che lui sapeva tutto, ma aveva scelto di non opporsi a ciò che sarebbe accaduto.

Nel frattempo, Tribal e i suoi uomini arrivarono sul campo di battaglia, dove si trovava una scena sorprendente e quasi surreale. Gli uomini che poco prima si stavano massacrando si erano stranamente fermati, abbandonando le armi e riunendosi in gruppi compatti, come se fossero guidati da una forza invisibile. Le foglie d'oro della Dea madre cadevano dal cielo, avvolgendo tutto con un'aura mistica e sovrannaturale, mentre un senso di pace e tranquillità pervadeva l'aria carica di tensione. Il sovrano Tribal ordinò con fermezza. "Fermi! Questa battaglia è un diversivo; Irileth è intervenuta per fermare questo massacro." I cavalieri, attoniti, osservavano lo strano spettacolo dall'alto della collina che dominava il campo di battaglia, mentre le anime dei caduti venivano richiamate alla Dea madre per unirsi a lei nell'eternità. Uno dei cavalieri si avvicinò al sovrano e domandò con voce incerta: "Mio signore, e ora? La battaglia era un diversivo per cosa?" Tribal con il volto contratto dalla preoccupazione, si tolse l'elmo, i suoi occhi fissavano l'imponente albero che sembrava dominare il cielo di Genderschim. "Ritiriamoci! Fortifichiamo immediatamente le difese!" gridò il sovrano con voce carica di urgenza, mentre il suo sguardo scrutava l'orizzonte con ansia. Il cavaliere accanto a lui, visibilmente confuso, balbettò "Maestà, cosa sta accadendo?" Tribal, stringendo i pugni, rispose con fermezza: "Richiamte al più presto i maestri stregoni! Ordinate l'immediato sollevamento della barriera protettiva su Prach. Nessuno deve varcarne i confini fino a nuovo ordine. ORA!"

Nel frattempo a Woodsea Heme raggiunse le soglie della maestosa sala del trono, trovandosi di fronte ad uno spettacolo sensuale e proibito. Un'orgia era in pieno svolgimento, per celebrare l'avvento che a breve si sarebbe svolto. I corpi nudi si avvolgevano in un vortice di lussuria tra oli profumati e incenso che impregnava l'aria. Non c'era distinzione di età o cultura: uomini possedevano altri uomini sotto lo sguardo ammirato e desideroso delle donne, il tutto avvolto in un velo di peccato e desiderio. Heme, sconvolto dalla visione che lo circondava, si avvicinò a re Leone XIII, il suo respiro accelerato dall'eccitazione che lo pervadeva in quell'istante. "Mio signore," balbettò, struggendosi per contenere l'impulso che lo spingeva ad unirsi al festino carnale che si svolgeva intorno a lui.
Poi continuò, "la Dea madre Irileth è apparsa nei cieli, il momento è giunto. Il Dio cremisi ci guiderà sotto un unico stendardo." Il sovrano seduto nel suo imponente trono mentre si faceva deliziare dalle labbra di un giovane fanciulla rispose. "Ottimo, ho fatto bene a fidarmi di te. A quanto pare avevo ragione su tutto, lasciami finire e raggiungeremo la torre ad est per completare l'ascesa." Il sovrano spinse con forza la testa della giovane fanciulla verso il suo membro rilasciando dentro la sua bocca il seme reale di cui le aveva fatto dono. Poi si alzò dal trono con volto appagato, si avvolse in un suntuoso mantello blu ricamato d'oro e si diresse con Heme alla destinazione. 

La figura di Lour si allontanava lentamente tra la folla, immersa nell'ombra. Gaia proseguì il suo cammino, lasciandosi alle spalle il turbamento che il loro incontro le aveva provocato. L'anima del giovane dannato sembrava essere stata consumata dall'oscurità, come se fosse ormai persa in un abisso senza fine.
Gaia, attraversando i corridoi silenziosi della torre ad est, finalmente raggiunse la sala dove Heme e re Leone XIII erano immersi nei loro riti arcani. Le pareti erano rivestite di antichi pannelli di legno intarsiato, decorati con simboli magici e rune che sembravano brillare di luce propria. Un delicato profumo di incenso e di erbe aromatiche riempiva l'aria, mentre il suono sottile di canti rituali riecheggiava tra le colonne di marmo che sostenevano il soffitto alto e imponente. Davanti a un grande tavolo di pietra, illuminato da candele tremolanti e da frammenti di cristallo incantato, Heme e re Leone XIII si concentravano nei loro incantesimi, il loro volto illuminato da una luce magica mentre intrecciavano le energie arcane che danzavano nell'aria. 
Gaia rimase atterrita di fronte alla visione che si stagliava davanti a lei, sentendo il peso del destino che sembrava ripetersi implacabile. Con voce carica di emozioni contrastanti, sollevò il suo grido nell'aria carica di tensione. "ORA BASTA!" riecheggiò attraverso la sala, facendo sussultare tutti i presenti. "Tutto questo deve finire. Questa follia sta corrompendo le menti delle persone, le loro anime si stanno perdendo nel vortice del tempo." Il suo sguardo si fermò su Heme e re Leone XIII, il cuore pulsante dietro al suo petto mentre raccontava la sua verità. "Ho incontrato Lour. Lui è qui e sa tutto."
Il sovrano e il maestro arcano si guardarono negli occhi, lo stupore dipinto sul volto di entrambi mentre Gaia esprimeva la sua rivelazione. "Perché invocare il Dio cremisi?" Disse il sovrano con voce calma ma intensa, mentre il suo sguardo scrutava Gaia. Heme annuì lentamente, riflettendo sulla domanda del sovrano prima di rispondere. "Il Dio cremisi è l'unico a poter portare fine alla maledizione inflitta dalla Dea madre Irileth e le sue figlie, per fermare questo ciclo eterno di dolore e distruzione. Solo attraverso il suo potere possiamo spezzare la maledizione che affligge queste terre." Il sovrano annuì, riponendo massima fiducia a Heme. "E Lour... perché ha perso la ragione?" chiese  desideroso di comprendere appieno la situazione. Gaia inspirò profondamente prima di rispondere, i suoi occhi ancora colmi di terrore e dolore. "Lour ha visto cose che nessun uomo dovrebbe vedere. Ha attraversato il vuoto dell'eternità, ha camminato tra le pieghe del tempo, ed è tornato cambiato. La sua mente è franta, il suo spirito è spezzato. Ma ancora porta con sé la conoscenza di ciò che è avvenuto e ciò che sta per accadere." 
Il tempo ormai era diventato un nemico implacabile degli eventi. Heme, con uno sguardo carico di furore, afferrò la giovane Gaia e la scaraventò con violenza sul tavolo. "Hai mai capito cosa ho sempre sbagliato? Sei tu il sigillo, sei sempre stata tu!" gridò, la voce impregnata di amarezza e rabbia. Il sovrano, sorpreso da tale gesto, si trovò in una situazione inaspettata, incapace di comprendere appieno l'azione di Heme. "Che cosa stai facendo?" chiese re Leone XIII, la voce densa di preoccupazione. "Lasciala stare immediatamente, questa ragazza non ha colpe." Heme si voltò verso il sovrano, con uno sguardo agghiacciante pieno di odio e furia. "Non ho più bisogno di te." Dal dito della mano destra dello stregone apparve una sottile scia di magia, spostò la mano verso destra tagliando in due il volto del sovrano che non ebbe neanche il tempo di realizzare quello che gli stava accadendo. Gaia si dimenava con disperazione, le urla di paura e angoscia risuonavano tra le pareti circostanti, infrangendosi come onde tumultuose. E in preda al terrore il suono straziante del suo pianto colpiva l'aria, mentre l'eco delle sue grida si propagava nella stanza come un lamento disperato. Il suo urlo riecheggiò nella stanza con una potenza assordante. "LOOOOUUR!" gridò Gaia, mentre le sue forze cedevano e sveniva, vinta dallo sforzo e dall'orrore che la pervadeva. "Lurida cagna, finalmente ha smesso di dimenarsi."
Heme afferrò la lama con mano ferma posta alla sua sinistra, il suo volto si rifletteva nella lama, segnato dalle rughe del tempo e dai tormenti dell'anima. Lentamente, con un'aria risoluta, conficcò la lama nella gola della giovane donna, che giaceva inerme, incapace di opporre resistenza. E mentre il sangue colava, aprì le gambe della giovane donna strappandogli di dosso i vestiti e abusando di lei. E così iniziò il rito, "Deum te veneramur unicum Deum Hoc corpus sume munus, sume filium meum dono et vive in tempore seculorum."  L'atmosfera si densificò, il rosso scarlatto del cielo gettò una luce sinistra su tutta la città, mentre l'albero madre scompariva dalla vista. La gente per le strade iniziò a manifestare segni di malessere, come se un'energia oscura li avvolgesse, diffondendo un senso di oppressione e angoscia tra la folla. L'orrore si diffuse rapidamente mentre ogni abitante di Genderschim cadde al suolo, inerme e incapace di muoversi. Nel frattempo, un fascio di luce scendeva dal cielo, concentrandosi sulla torre del rituale come un segno divino. A Nargothrond, i sovrani sentivano la vita abbandonarli, i corpi di ogni essere vivente si stava spegnendo come una candela al termine della sua giornata. Tribal, montato su Auragard, solcava i cieli, consci che ogni sforzo sarebbe stato vano.

Lour irruppe nella torre del rituale in modo repentino. "Dimmi, padre, ora sei soddisfatto?" La sua voce risuonava con un tono di disprezzo verso il genitore. Con un movimento deciso, afferrò il suo spadone e con un colpo poderoso schiacciò letteralmente Heme sotto il peso della lama che si infranse su di lui, non concedendogli nemmeno il tempo di rispondere alla domanda appena posta. Lour si avvicinò al corpo di Gaia con un'espressione di profondo rimorso. "Perdonami, questa guerra ha radici che affondano nel passato più remoto, quando Dee e Lord hanno maledetto queste terre. Ma ciò che ignoravate è che il Signore Cremisi in realtà è una donna, la quarta figlia segreta di Irileth. Serviva un corpo, un contenitore di sapere e magia e quella donna eri tu."

Il fascio di luce che aveva colpito la torre svanì nel nulla, lasciando dietro di sé solo il silenzio oppressivo della morte. Il cielo, ora privo di ogni bagliore, si stagliava cupo sopra tutta Genderschim, mentre il dolore avvolgeva le sue strade deserte. Nessuno tornò in vita, solo Prach sfuggì a questa piaga. Il sovrano Tribal, pur avendo preso decisioni coraggiose per proteggere la sua città, non poté evitare il destino amaro che aveva colpito il suo regno. Egli trovò la sua fine precipitando nel vuoto insieme a Auragard, portando con sé il peso della tragedia che aveva colpito Genderschim.

Il corpo di Gaia si sollevò nell'aria con grazia, avvolto da una luce tenue che illuminava l'oscurità circostante. La sua pelle, divenne come porcellana, trasudando bellezza. I suoi capelli, morbidi come seta, cadevano lungo le spalle in riccioli dorati, brillando di riflessi miele. Dalla sua fronte spuntavano due corna, scure e lucide, intagliate con simboli arcani che emanavano un'energia ancestrale. Infine, aprì gli occhi. Due sfere dorate, illuminate da sfumature rosse che brillavano di una conoscenza antica.
Le punte dei piedi della giovane donna toccarono il pavimento con delicatezza, mentre la luce che l'aveva avvolta si dissolse gradualmente, rivelando la sua presenza nella sua forma divina. Il suo sguardo penetrante si posò su Lour, scrutandolo con intensità. "Lour Trein di Woodsea," cominciò la giovane donna, la sua voce risuonava con un tono che trasudava potere e saggezza, "mi conoscono come il Signore Cremisi, ma solo tu hai scoperto la verità su di me. O mi sbaglio?" Lour si inginocchiò umilmente dinanzi alla giovane donna, sentendo il peso della sua presenza divina. "Sì, quarta figlia rinnegata della Dea madre Irileth, la rosa rossa, Zulina.


-Tutti i poteri dell'universo sono già dentro di voi. Siete voi che vi siete coperti gli occhi con le vostre mani. Vi lamentate che è buio. Siate consapevoli che intorno a voi non ci sono tenebre. Togliete le mani dai vostri vostri occhi e apparirà la luce, che era lì da un'eternità-
                         

Fine Atto II

GenderschimDonde viven las historias. Descúbrelo ahora