Straziante, liquoroso oblio

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Interludio

- Quattro orbite e mezzo prima -

XV


«Zendon», disse Dankar, non appena varcò la soglia del Simposio.

«Oh, entra ragazzo. Accomodati», gli rispose lui, invitandolo nella sala centrale.

Era la vigilia del secondo giubidì di Yurnembre. Come ad ogni ciclo, il Capitano si era recato al Simposio per dibattere delle nuove linee di commercio della Capitale. Seduti sulle poltrone al centro della sala, sedevano comodamente i massimi esponenti di ogni settore, intenti a godersi la lieve musica proveniente dal grammofono e, sorpresa delle sorprese, a bere liquidi ambrati da tulipani di vetro lavorato.

Non erano necessarie prove concrete per sapere che alcuni di loro, tra cui Kruler, vi erano andati giù pesante con l'alcol. I visi arrossati e le risate troppo alte parlavano da soli. E non erano necessarie neanche prove concrete per sapere che i loro deretani si sarebbero presto spostati due piani più in basso.

«Oh, finalmente! Il giovane Dagger si è degnato di unirsi a noi!», esclamò Bernabé, dall'altro lato della stanza.

Dankar odiava vederlo lì seduto ad ogni ciclo. Odiava la sua presenza, la sua spavalderia, i suoi traffici di droga. Più volte, alcuni dei suoi "clienti" avevano tentato di rubare denaro dalle casse della Biscazza o di barare al gioco per comprarsi un'altra dose. E non c'era nessun altro in circolazione a possedere il controllo totale sugli oppiacei. In più, aveva recentemente scoperto che sua sorella aveva lavorato per lui, e la cosa lo faceva impazzire. Avrebbe avuto qualche risposta, presto. La tentazione di lanciargli addosso lo spesso bicchiere di vetro e spaccargli la testa aumentava ad ogni ciclo. Così come il dolore alle sue gambe.

Aveva lasciato la serata libera a Tommy e Grimm, assicurandosi che Larry restasse alla Dovizia con Soffie e che i due non facessero uno dei loro soliti casini. Dopo aver ingurgitato quello schifo di melma inventata da Gri, aveva cominciato a incamminarsi verso la Lordura per l'incontro ciclico con gli stessi stronzi che adesso lo guardavano come si guarderebbe un giovane incapace, che cerca di sopravvivere in un mondo di barracuda. I suoi passi erano scesi a due e mezzo, ma con quella poltiglia riusciva a sopportare di camminare quasi normalmente. Faceva male sempre, ma sarebbe morto piuttosto che darlo a vedere. Nessuno avrebbe usato la sua debolezza contro di lui, anche se avesse dovuto alternare un passo e un conato di vomito, li avrebbe spediti tutti all'inferno. Presto.

«Possiamo iniziare, dunque», disse austero Zendon.
«Da quanto mi hanno riferito stamattina, le rotte passanti dal Vaticinio sono diventate inagibili a causa del Leviatano di Hopeless. Erano tre centurie che non se ne sentiva più parlare, negli ultimi quindici cicli, ottantadue navi hanno solcato quelle acque in direzione del Sesto Mare e solo una zattera ha fatto ritorno. Il marinaio che la conduceva si trova alla Casa di cura qui a Diefbourg, in stato di shock post traumatico. Non parla, non reagisce agli stimoli. Ha un tubo inserito nel naso che gli permette di mangiare e uno inserito nel culo che gli permette di cagare, altrimenti non farebbe nemmeno quello.»

Dankar soppresse una smorfia di disgusto. Non tanto per le condizioni di quell'uomo, quanto per il modo in cui Zendon lo aveva descritto. Dèi, quanto lo odiava.

«Chi è?», chiese Geerd, il Falsario.

«Un marinaio comune della flotta di Maulkey.»

«E Maulkey?»

«Beh, visto lo strato di grasso che gli ricopriva ogni micron di corpo, immagino sia stato un pasto appetitoso per il mostro marino», rispose Zendon, con la sua solita indifferenza.

Diefbourg. La città di maschere e bugie.Where stories live. Discover now