«Lo sblocchiamo insieme? Mi aiuti a calcolare il countdown.»

«Sì. Ti aiuto a modo mio.»

«E dopo mi aiuti a fare anche un'altra cosa. Una che però non mi piacerà tanto. Forse neanche a te.»

«Va bene. Ma tra l'una e l'altra cosa ci mettiamo una cena. Ti va?»

E finalmente mi disse la parola che attendevo da un po'. «Sì!»

***

Odiavo quella cameretta. Tutto l'inferno di Lea era nato lì. Sopra il letto c'era ancora il poster di Britney Spears, tutto sbiadito.

Cercai di restare concentrato sul monitor, di non vagare tra quelle mura con gli occhi perché se avessi trovato qualche indizio di altra vecchia roba brutta non sapevo come avrei reagito. Forse me la sarei portata a Londra davvero. E chissà come sarebbe andata, se lo avessi fatto. Se sarebbe cambiato qualcosa. Forse no. Forse quello che avrebbe perso da sola, lontano da me, lo avrebbe perso comunque. E io pure, in fondo.

Comunque mantenni la concentrazione sul monitor per cinque minuti. Lea ritenne inutile portare in camera una seconda sedia dalla cucina, e mi si sistemò sulle gambe, che era un po' quello che avevo sia sperato che temuto.

«Trevor, ricordami la data della gara...»

Indossava una tuta, mica niente di che. Non si intuiva più di tanto che razza di fisico mozzafiato ci fosse sotto tutto quel cotone. Ma io lo sapevo, porca puttana, io lo sapevo quanto erano toniche le sue cosce, e quanto erano forti le sue braccia sottili, e quanto erano stretti i suoi fianchi. Lo sapevo e però avevo voglia di ripassare un attimo la lezione di anatomia...

«Trevor?»

«Venerdì... è venerdì.»

Aveva il culo sul mio pacco. Ma se stava ferma, forse, potevo evitare di farle qualche porcata.

«Ok... hai detto tre ore dopo la fine della gara. A che ora finisce?»

C'era un sacco di spazio sotto la sua felpa. Cosa ci voleva a infiarci una mano o due? Non poteva finire troppo male se le palpavo un po' le tette. Cioè... sia chiaro, amavo le tette di Lea, ma non è che l'avessi notata per quelle, eh. E quindi mi ritrovai a infilarle le dita sotto l'elastico del reggiseno sportivo.

«Signor Baker... quando finisce la gara?»

E quei furbetti dei suoi capezzoli reagirono subito, perché evidentemente non ero il solo ad aver costantemente fame.

«Trevor...»

«Cosa?»

Le baciai il collo e l'odore della sua pelle, del nostro sesso e dei suoi capelli mi solleticò le narici. Dio che morbida che era. Affondai le dita nei suoi seni e i denti nella sua carne.

«Dimmi solo la dannata ora...» mi pregò, tra i sospiri.

«Sono venti giri, non so...diciamo che finisce alle 17.30, fuso orario di Londra...»

In quel momento non mi sembrava poi così importante, aveva detto di poter modificare il countdown anche mentre era in corso, no? Non serviva essere precisi, serviva essere... e si inarcò, spingendo il seno contro la mie mani, il collo contro la mia bocca, il culo contro il mio cazzo.

«Avevi detto che non si scopava, mister Nike...»

«Non stiamo scopando, giusto?»

«Giusto...»

«Però devi smetterla di strofinarmi il culo contro il pacco, bambina.»

«E tu devi smetterla di importunarmi mentre lavoro.»

PRICELESSWhere stories live. Discover now