24 Sei uno stronzo fortunato, Trevor Baker

6K 287 136
                                    

La lasciai scarabocchiare i finestrini con l'alito e le dita, quelle che mi avevano masturbato e fatto godere come un ragazzino sulla terrazza dell'hotel. Poi le lasciai scegliere la musica da ascoltare, che apprezzò solo lei dato che, da davanti, Andrey mi mandò un messaggio in russo pieno di insulti molto creativi. La feci scendere all'Autogrill, perché aveva la pipì, e ne uscì con la vescica vuota e una sporta piena di schifezze. Di quelle schifezze sparse le briciole per tutto il sedile, sgranocchiando un po', poi chiudendo la confezione, aprendone una diversa, sgranocchiando, richiudendo, passando a quella dopo. Mi offrì tutto e assaggiai qualcosa.

Mi fece un sacco di domande. Com'è Londra? Non c'era mai stata, perché odiava la pioggia. E a New York, c'ero stato? Beh ovvio, ero un noioso uomo d'affari oltre che un criminale. Ma il suo sogno era l'Australia. Ci ero stato, in Australia? Lì di sicuro non potevo condurre affari illeciti perché in Australia sono tutti integerrimi. Ma secondo me, era vero che facevano la Cesar salad con la carne di coccodrillo? Eh, ma probabilmente sapeva di pollo, come tutte le carni sconosciute. Però che stronzi erano stati con gli Aborigeni. Lei non avrebbe mai scalato Uluru, perché Uluru è sacra per gli Aborigeni e non bisogna salirci sopra. Il Giappone invece no, non la incuriosiva. Neanche la Cina, per l'amor di Dio, tutta quella voglia di lavorare giorno e notte. Che brutte abitudini. E però le isole con la barriera corallina le avrebbe volute vedere, chè a lei piacevano un sacco le robe colorate come la barriera e i suoi pesci. In Egitto no, perchè aveva paura di passare la vacanza sul cesso per colpa del ghiaccio dentro i bicchieri.

Mi fece fare il giro del mondo mentre viaggiavamo da Milano alla sua città insignificante. Lei, che il mondo non lo aveva visto. Quanta tensione, dietro tutte quelle parole. La paura di tornare dove non voleva tornare, anche se sbraitava ai quattro venti in continuazione di quanto le piacesse il suo locale, il suo lavoro notturno, il suo mondo. Niente farfalle nemmeno lì, bambina, vero?

«Lea, perché non viaggi? Puoi permettertelo.»

Richiuse il pacchetto di... boh. Che roba era? Triangoli di mais aromatizzati al formaggio?

«Perché poi bisogna tornare indietro, Trevor Baker. Quando prenderò un aereo, sarà per non tornare mai più. Mai più.»

Un abisso di significato, in quelle parole. Fu quello il momento in cui presi la mia decisione definitiva? Quello fu l'attimo in cui tutto prese una piega che nessuno di noi si era aspettato? Ma in fondo, non lo avremmo compreso fino alla fine, comunque.

«E dove vai, se non conosci il mondo?»

Mi sorrise, sognante.

«Ho studiato. Non a scuola. Intendo che ho fatto le mie ricerche... Ehi... siamo quasi arrivati. Il ritorno è stato più breve. Allora è vero che i viaggi di ritorno durano sempre meno di quelli di andata... »

Parole, parole, parole. E mi abbeverai con ognuna di esse. Finché accostammo davanti a casa sua, e vidi il frocetto già appostato davanti al portone. E lo vide anche lei, che si fiondò fuori dall'Audi quando non aveva ancora frenato del tutto, rischiando di lasciarci una caviglia. Ma che sarà mai una caviglia disintegrata di fronte alla possibilità di saltare addosso a un tizio cui nemmeno si drizza quando lo fai?

E fu di nuovo bambina, dannazione, quando corse verso Denis, abbracciandolo, incurante della gonna troppo corta che le si alzò fin quasi a scoprirle le mutande quando lo avvolse anche con le gambe, mentre lui la sosteneva piazzandole le mani sotto il culo. Avvinghiati come due cazzo di innamorati. Lui di certo aveva bestemmiato silenziosamente nel gestire la stilettata di dolore che le sue costole sbriciolate dai miei calci gli avevano probabilmente rilasciato nell'urto con il corpo di Lea. Ma qualunque fastidio, immaginai, venne inghiottito dal contatto fulmineo e casto tre le loro labbra. Un contatto che a me non era stato concesso. Certo, io non mi sarei mai accontentato di posare le mie labbra su quelle di Lea; io avrei voluto morderle, leccarle, aprirmi un varco e infilarci la lingua, catturare la sua e avvinghiarmici per minuti interi. Ma a Denis veniva concesso qualcosa che a me era negato, e se quei due non scopavano come ricci era solo perché a lui si drizzava solo davanti a un maschio.

PRICELESSWo Geschichten leben. Entdecke jetzt