Grantaire; l'alliée

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Grantaire non riusciva a stare fermo sul sedile, per qualche motivo.
Era agitato, nervoso, come un uccellino recuperato sul ciglio della strada e infilato in una scatola di scarpe con troppi pochi buchi sul coperchio.
   Gli altri due non dicevano niente, ma 'Taire sapeva che stavano pensando fosse a causa della conversazione appena tenuta con il padre di 'Ponine.
   Preferì che pensassero questo, perché il motivo era ben diverso.

Ottenebrato dall'effetto della droga, i pochi ricordi della sera prima non gli erano sovvenuti, ma ora che quei fumi cominciavano a svanire, risalivano in superficie alcuni sprazzi di memoria dei brevissimi momenti di lucidità che aveva avuto mentre 'Ras si prendeva cura di lui.

   Aveva sentito le sue dita scavare nella sua gola, poggiate sulla sua lingua. Ne aveva percepito il sapore, la pienezza, la veemenza dei movimenti.
   Aveva sentito il suo respiro caldo e affaticato solleticargli le orecchie, spettinargli i capelli.
   Aveva sentito la durezza del suo petto spinto contro la schiena, mentre lo aiutava a vomitare, e aveva visto i muscoli delle sue braccia guizzare sotto i suoi vestiti, mentre lo teneva fermo contro il muro.
Sapeva fossero pensieri contorti, frutto di una mente malsana, ma quei brevi momenti erano stati forse meglio del sesso, per lui.
   Sembravano sesso.
Avevano il sapore del sesso.
Era una spinta che, suo malgrado, non riusciva a controllare.

   E su quel sedile malmesso dell'auto di 'Parnasse quei ricordi erano affiorati di nuovo tutti insieme, costringendolo ad appoggiare la testa al finestrino e tapparsi di nascosto la bocca per non ansimare.
Le gambe sfregavano strette fra loro nel tentativo di dare sollievo a quella parte marcia che non riusciva a non eccitarsi.

   Doveva vederlo.

   «È tutto a posto?» domandò l'amico fissandolo dallo specchietto retrovisore.
Mai domanda fu più azzeccata.
   «No», rispose di getto, «per favore, lasciami scendere alla caffetteria.»
Éponine si voltò di scatto tirandosi il collo per guardarlo oltre il sedile; non sapeva cosa avesse in mente, ma cercò di fargli capire con un'occhiataccia che parlare di quanto accaduto con 'Ras non era una buona idea.
Rispose a quello sguardo mordendosi le labbra e accennando un no con la testa.
'Ponine ricevette il messaggio.
   «Lascialo scendere dove vuole», disse all'autista.

   Dieci minuti dopo era davanti alla caffetteria, la macchina ripartì dietro di lui abbandonandolo lì da solo.
Una stupida porta di vetro lo divideva dall'oggetto dei suoi desideri, solo una porta. Eppure sembrava impossibile valicarla.

   Vide la testa di Courfeyrac sporgersi dal bancone e scuotersi per fargli cenno di entrare.
Dopo essersi spalmato una mano in faccia e aver inspirato quanta più aria possibile, si avviò, ma ecco che, proprio a un passo dall'entrata, un braccio sbucò da dietro una colonnina in un angolo, lo afferrò per una spalla e lo tirò via.

Un istante dopo era incastrato tra il muro, la suddetta colonna e il corpo di Enjolras piantato davanti a lui.
   Incredibile come uno spazio così angusto, scomodo e senza senso, in un attimo gli sembrò il paradiso.

Mentre con una mano reggeva la sigaretta che teneva in bocca aspirando avidamente con la mascella tutta in tiro, con l'altra mano 'Ras gli cinse delicatamente il collo per controllarne le pulsazioni.
   Solo qualche decina di ore prima con la stessa mano lo aveva sbattuto al muro e quasi strangolato.
Pensò che fosse assurdo, come lo stesso uomo potesse toccarlo con così tanta fermezza e così tanta delicatezza con le stesse mani.
   Non esisteva nel mondo un tocco più fatale del suo, per Grantaire.

   «Hai fatto bene a venire, volevo vederti.»
Grantaire era a bocca aperta, non si era nemmeno accorto che gli stesse cingendo il polso con le dita. E stavolta non era per liberarsi dalla sua presa, ma per tenerlo lì dov'era.
   «Anch'io», riuscì soltanto a dire, con un'inclinazione nella voce che lo fece avvampare di imbarazzo.
Non si era mai sentito così inerme con un ragazzo. Di solito era lui a guidare il gioco, ma con Enjolras non ci provava neanche. Era completamente stordito dall'incantesimo della lira di quell'Apollo.

Apollo Anni 20Where stories live. Discover now