La pedina degli scacchi

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FILIPPO
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Vengo svegliato dalle grida di mio padre, con gli occhi ancora impastati cerco di mettere a fuoco la figura che è appena piombata in camera mia e che si trova davanti a me.
Una volta capito il soggetto, presi il cuscino sottostante e lo lanciai verso di esso, portandomi le mani al viso.
- Papà cosa vuoi, non vedi che ora sono?- Sbuffai
- Alzati, abbiamo delle cose da fare- Disse nel suo solito tono, tutt'altro che gentile.
- Ma ho scuola oggi!-
- Non ci andrai, hai da fare delle cose con me-
Sapevo che con lui non si poteva ribattere, nemmeno mia sorella, anche se un tempo, prima che lei si trasferisse a km di distanza, era la sua preferita, l'accontentava in tutto.

Mi alzai senza dire niente, sbuffai.
Feci una doccia molto velocemente e mi vestii.

Ero abbastanza incazzato con mio padre, quella mattina avrei dovuto fare una sorpresa a Ginevra e andarla a prendere a casa, sapevo che i suoi erano già usciti a quell'ora, quindi non ci avrebbe visto nessuno e invece avrei dovuto rimandare.
La giornata passata con lei era stata fantastica, per la prima volta mi ero trovato io in imbarazzo con lei, non mi era mai successo prima con una ragazza, anzi ero sempre io quello a metterle in imbarazzo.
- Ti dai una mossa ?- Venni interrotto dalle urla di mio padre.
Una volta sceso era già davanti alla porta in attesa che io arrivassi, presi le mie scarpe e le indossai, nel mentre dissi:
- Sto arrivando, un attimo!-
Bisognava sempre fare le cose come diceva lui...
Una volta salito in macchina, chiesi a mio padre la nostra meta, ma non ottenni risposta.
Passai tutto il tragitto a guardare fuori dal finestrino; non conoscevo quelle strade, e quella situazione stava iniziando ad infastidirmi.
- Allora, mi vuoi dire dove andiamo? Mi hai buttato giù dal letto senza una ragione per caso?-
Mio padre ancora non disse nulla, fino a quando non se ne uscì con:
- Ricordi la conversazione che abbiamo fatto qualche giorno fa?-
Annuì con la testa
- Bene-
- Bene cosa?- Non stavo capendo niente, aveva scoperto della mia uscita di ieri con Ginevra? Ma era impossibile, non ci eravamo fatti vedere da nessuno.
Arrivammo davanti ad uno dei tanti cantieri dove mio padre passava le giornate, ma ancora non capivo io che cosa ci facessi lì io.
Una volta dentro ad un edificio, ormai quasi ultimato, mio padre mi fece strada verso alcuni uomini; ad uno ad uno me li presentò.
- Vedi figliolo questo palazzo? L'ho progettato da zero, tubatura dopo tubatura, mattone dopo mattone-
- Si, è molto bello, ma?- Ma ancora una volta, non riuscivo a capire quale fosse il problema.
- Ma ho fatto degli errori, errori irrimediabili, come puoi notare ormai siamo alla fine e non si può più tornare indietro, per questo motivo mi serve il tuo aiuto!-
- Il mio aiuto? Come potr..-
Venni interrotto da mio padre che con la mano mi fece cenno di seguirlo verso la macchina.

In pochi minuti ci ritrovammo davanti ad uno studio comunale.
Fuori dalla porta c'era una targhetta placcata in oro con l'incisione di: Cesare Orieti

Quel cognome mi sembrò famigliare, ma non ci feci caso.
Prima di entrare mio padre mi sussurrò
- Non fare cazzate-
Perché avrei mai dovuto fare qualcosa di sbagliato all'interno di un ufficio comunale?
Una volta dentro salutammo l'uomo in giacca e cravatta difronte a noi.
Mi presentai come facevo con chiunque non conoscessi, allungai la mano per poter stringere quella della persona difronte a me, ma venni fermato da una mano che mi si poggiò sulla spalla.
- Filippo, che piacere conoscerti, Matilde mi ha parlato un sacco di te, ma mi raccomando trattamela bene- disse quell'uomo accennando una sorta di sorriso.
Matilde? Ma cosa centrava ora?
Poi tutto mi apparve chiaro, il cognome sulla targhetta che avevo letto prima, mio padre ...
Quello era il padre di Matilde, e io, ancora una volta, ero solo stato usato come una pedina da mio padre, in uno dei suoi perversi giochi.
Iniziarono a parlare di documenti, di pratiche, ma in me stava solo salendo la rabbia e anche tanta.
Ero furioso, ero furioso con mio padre, ero stufo di essere usato da lui.
Decisi di uscire dalla stanza, non potevo più reggere quella situazione
- Scusate, dovrei uscire un'attimo-
Vidi che mio padre mi guardò con la coda dell'occhio, ma non mi importò, continuai per la mia strada.

Stringimi forte oraWhere stories live. Discover now