Povera illusa pt.2

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GINEVRA
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Passò all'incirca una settimana dall'uscita con Filippo, ma quel pomeriggio rimase solo un vago ricordo lontano.
Non lo avevo più sentito, avevo provato ad inviarli alcuni messaggi, ma senza mai ottenere risposta.
A scuola era assente ormai da diversi giorni.

Mi stava evitando.

- Ginny ci sei?- Sentii la voce della mia amica chiamarmi, mentre io piano piano tornavo nel mondo reale.
- Si, scusa dicevi?-
Iniziò di nuovo a parlare, non che non mi importasse quello che stava dicendo, ma in quel momento avevo solo un pensiero in testa.
Le risposi di sì con la testa, senza neanche capire che cosa mi avesse chiesto.

Il mio sguardo continuava a cadermi sul telefono in attesa di ricevere un messaggio da parte sua, anche se, purtroppo, sapevo non sarebbe mai arrivato.
Suonata la campanella presi lo zaino e corsi via dalla classe verso l'uscita.
Sentii alle mie spalle la mia amica che borbottava, ma non mi curai molto di lei, in quel momento avrei voluto scomparire nel nulla per far sì che anche i miei pensieri sparissero.

Tutto era luminoso, splendeva di luce propria, era il paradiso per una ragazza.
Non c'erano genitori che ti dicevano cosa dovevi o non fare nella vita, non c'era la scuola che ti ricordava quanto tu fossi piccola e banale a confronto degli insegnanti e non c'era l'amore; c'eri solo tu. Te stessa.

Ma questo purtroppo era solo nella mia mente.
Mi affrettai per uscire da scuola, volevo andare a casa, dove non avrei trovato sicuramente nessuno, e per una volta questa cosa mi andava bene.
Nel mentre che uscivo vidi da lontano il gruppo di amici di Filippo e lui.
Era a scuola.
Quindi questo voleva dire che non stava male, mi stava semplicemente evitando, ed io che mi stavo preoccupando per lui pensando che fosse successo qualcosa e invece ero solo una sciocca a pensare che fosse cambiato veramente per me e per lo più mi ero pure confidata sulla mia famiglia.

Le lacrime iniziarono a scendermi, le gambe tremavano.
Mi sentivo così stupida in quel momento, tutto quello che pensavo che poteva essere il mio futuro si stava rivelando solo ed unicamente un sogno irrealizzabile.
Forse ero veramente una bambina come diceva lui, forse ero io quella sbagliata che pensava che lui fosse cambiato e forse ...

Lo vidi allontanarsi dai suoi amici e andare verso la macchina.
Non sapevo cosa fare, se raggiungerlo o rimanere lì impalata a subirmi la folla di scuola che mi veniva addosso.
Optai per la seconda opzione, anche se il mio cuore avrebbe agito in maniera differente.

Di bene in meglio, mi ricordai che avrei dovuto lavorare da mio padre, non ne avevo voglia, ma dovevo.
Arrivata al lavoro salutai tutti e mi fiondai direttamente sulla mia scrivania.
Avevo un sacco di cose da fare, anche se la mia mente era distratta da quello che oggi aveva visto.
Iniziavano a ronzarmi come mosche impazzite nella mia teste un sacco di domande, a cui non avevo una risposta.
- Tesoro vuoi un caffè ?- La voce di mio padre irrompe nella mia testa.
- Si, grazie- Sospirai, esausta.
Cercai di mantenere la mente concentrata sui semplici gesti della quotidianità, ma perfino mio padre non me lo permetteva.
-Che succede oggi? Ti vedo strana, qualcosa non è andato per il verso giusto a scuola?- Mi domandò lui.
- No papà tutto bene davvero, sono solo un po' stanca, questa settimana è stata abbastanza impegnativa- Dissi una menzogna, ma ormai ero talmente abituata a questa cosa che non ci diedi troppo peso.
Mi fece un cenno con la testa e ritornò nel suo ufficio, mi rimisi al lavoro e lasciai tutto quello che non centrava in quel momento, fuori dalla mia mente.

Una volta tornata a casa ero distrutta, fortunatamente non avevo compiti per il weekend; mangiai un piatto di pasta preparato da Dolores, subito dopo decisi di andare a fare una doccia veloce per cercare di lavare via tutte le paranoie che man mano stavano riaffiorando.

Stringimi forte oraWhere stories live. Discover now